11 settembre 2001: L’America sotto attacco
L'inizio di una nuova epoca di guerre e di precarietà a livello mondiale
Francesco Sirleto - 11 Settembre 2023
Un poderoso e rovinoso salto all’indietro nella storia dell’umanità, dopo decenni di “magnifiche sorti e progressive”; una nuova “eclisse della ragione” dopo quella registrata con la doppia tragedia delle due guerre mondiali nella prima metà del XX secolo; in secondo luogo una sanguinosa smentita ai sedicenti storici (come Francis Fukuyama) che, dopo il crollo dell’Unione Sovietica, avevano parlato di “fine della storia”, celebrando così il trionfo del capitalismo, unico sistema in grado di offrire pace e ricchezza, nonostante le necessarie e ineliminabile diseguaglianze, a tutta l’umanità.

Insomma: ciò che, dopo il crollo del muro di Berlino e la scomparsa dell’impero sovietico, sembrava essere l’inizio di un nuovo “ordine mondiale”, si è rivelato, a partire da quell’11 settembre 2001, l’inizio di una nuova epoca di caos, di conflitti interetnici e interreligiosi, di grandi migrazioni dai paesi più poveri del mondo, di imprevedibili pandemie.
Ora, di fronte a tutto ciò, risulta difficile non ripensare e non ammettere le ragioni di quei pensatori che, della storia e sulla storia, hanno elaborato una concezione “dialettica”, a partire da Machiavelli (colui che, come scrive il Foscolo, “alle genti svela di che lacrime grondi e di che sangue”), per passare ad Hobbes (la storia come “bellum omnium contra omnes” guerra di tutti contro tutti), e ad Hegel (la guerra come giustiziera della storia) e infine a Marx (la storia dell’umanità come un continuo conflitto tra classi sociali).
E, tuttavia, non possiamo rinunciare a nutrire l’utopia kantiana della “pace perpetua”, almeno come ideale regolativo, una pace che, però, può e deve basarsi sull’eliminazione delle forme più stridenti delle diseguaglianze tra gli individui, le classi, i paesi e su una razionale distribuzione della ricchezza.