22 dicembre 1971. Piazza di Spagna, tenda di solidarietà per le fabbriche occupate

Il ricordo di una lotta difficile per il lavoro dopo 43 anni

Quante sono le storie dimenticate o ignorate, che hanno segnato la vita di centinaia e centinaia di persone, in modo particolare di lavoratori e lavoratrici, che nella Capitale d’Italia hanno assunto un valore simbolico nella lotta per la difesa del lavoro e dell’occupazione?

Una, tra le tante che se ne possono raccontare, è accaduta a Roma e, dopo 43 anni, è giusto ricordare, proprio perché in questo periodo il “problema lavoro” è centrale e urgente nella vita dl nostro paese:

“Senza lavoro non esiste dignità umana, e i giovani in particolare, sembrano essere senza speranza ed espropriati del loro futuro”.
Nel 1971, a Roma si viveva in continuità con la stagione dell’autunno caldo, una realtà di lotte sindacali operaie che si è sviluppata a partire dall’autunno del 1969 in Italia, ritenuto il preludio del periodo storico che poi sfociò purtroppo in un altro periodo conosciuto come anni di piombo.

La grande mobilitazione sindacale, viene determinata dalla scadenza dei contratti di lavoro, che si rinnovavano ogni tre anni, in particolar modo a quelli della categoria dei metalmeccanici.
In quel periodo le rivendicazioni salariali spontanee nelle grandi fabbriche si alleano alle agitazioni studentesche che reclamano un generalizzato “diritto allo studio” per tutti gli strati sociali (con la conquista e il riconoscimento delle 150 ore). L’azione combinata del movimento degli studenti e degli operai costrinse il sindacato a recuperare la testa e la guida del movimento spontaneo.

I rapporti di forza, le tecniche di sciopero, l’astensione dal lavoro e dallo studio, le occupazioni di fabbriche e scuole coordinate da una nuova coscienza sindacale, politica e partecipativa permise di formalizzare negli anni successivi conquiste sociali di rilievo, prima fra tutte, sul piano del lavoro lo Statuto dei lavoratori.
A Roma la situazione occupazionale era molto complessa e difficile, perché accanto ai processi di ristrutturazione aziendale, che spesso significavano espulsione di forza lavoro, ossia licenziamenti (poiché gli ammortizzatori sociali non garantivano coperture salariali), esistevano realtà produttive in crisi o occupate. La Coca Cola, le Camicerie Cagli, le Cartiere Tiburtine, la Pantanella, l’Aereostatica, il Lanificio Luciani, oltre Fatme, Voxson, Autovox, Lanificio Gatti, e altre ancora, erano le aziende ove il conflitto sociale determinava insicurezza e tensioni sociali, e si rifletteva anche nei quartieri e nei territori.
Le strutture sindacali di Roma e Provincia di CGIL, di CISL, e della UIL, quasi quotidianamente fin dal settembre 1971, organizzavano delegazioni, picchetti, contatti, con i rappresentanti dei lavoratori delle “ aziende in crisi” per sollecitare interventi, trattative, individuare soluzioni, trovare nuovi interlocutori per le fabbriche sotto tutela di amministratori giudiziari come Giudici, Curatori, e Custodi), con le Istituzioni (dal Comune alla Provincia, dal Governo al Parlamento) e con le Organizzazioni degli Imprenditori (Confindustria, Federlazio, ecc.) al fine di concludere le vertenze in essere.
Nel mese di dicembre, poiché esistevano problemi reali come le mancate soluzioni delle vertenze in atto e lo stato di disagio delle famiglie di lavoratori ( delle aziende in crisi), senza alcuna forma di tutela economica (cassa integrazione o indennità di disoccupazione), si decise di richiamare l’attenzione della pubblica opinione e delle Istituzioni con una iniziativa innovativa, mai fatta in precedenza nella Capitale e di grande impatto mediatico: “Una tenda di solidarietà per i lavoratori delle fabbriche occupate di Roma” a Piazza di Spagna, nel cuore della Roma del benessere, nei giorni che precedevano il Santo Natale, per raccogliere aiuti economici. Si decise che mercoledì 22 dicembre 1971, doveva essere il giorno della solidarietà per i lavoratori in condizioni precarie, erigendo la tenda fra la “Barcaccia” e le palme.
Per la verità il clima politico di quei giorni era teso e difficile, da un lato c’erano le prime avvisaglie della stagione del terrorismo (fra il 1970 e il 1971, le vittime riconducibili agli anni di piombo erano state una ventina) e dall’altro non si riusciva ad eleggere il nuovo Capo dello Stato.

Giuseppe Saragat era il Presidente uscente che aveva completato il settennato, Emilio Colombo era il Premier e Franco Restivo, il Ministro dell’ Interno. Al Senato, il Presidente era Amintore Fanfani e alla Camera, Sandro Pertini.
Le votazioni per il Quirinale andarono avanti fino al 29 dicembre 1971, e dopo 23 scrutini (il numero più alto, di tutte le elezioni, del Presidente) venne eletto l’on. Giovanni Leone, Capo dello Stato.

Quindi è facile immaginare il clima non solo politico di quel periodo rendeva l’iniziativa sindacale di solidarietà “un evento sensibile per l’ordine pubblico”.
Il Comune di Roma autorizzò formalmente l’occupazione di suolo pubblico, a Piazza di Spagna, per montare la tenda e la Questura di Roma, alla quale venne inviata e notificata la notizia dell’evento non diede alcuna risposta. La mattina del 22 dicembre la piazza “salotto della Città eterna” è animata in maniera inconsueta, perché non ci sono solo turisti, ma arrivano drappelli e delegazioni di lavoratrici e lavoratori delle fabbriche occupate dai quartieri della città. Intendono raccogliere fondi e far sentire la loro voce con striscioni, cartelli, battendo in maniera ritmata su bidoni e urlando “ lavoro, lavoro……”, sembra la scena di un film, invece è il bisogno, la disperazione dei senza lavoro, che rappresentano il malessere sociale di quel periodo.
Tutto è controllato a vista dalle forze dell’ordine con equipaggiamento antisommossa, dagli scudi ai manganelli, dai fucili lancia fumogeni alle pistole, e con agenti in borghese muniti di macchine fotografiche. Dopo un breve colloquio fra il dirigente di PS e alcuni rappresentanti sindacali delle Confederazioni, viene comunicato che per la Questura di Roma non si può montare la tenda, che rappresentava il punto di riferimento per la solidarietà cittadina con lavoratori in lotta. Un breve scambio di opinioni fra lavoratori e sindacalisti e la decisione di montare la tenda. Inizia la costruzione della tenda, il commissario di PS indossa la fascia tricolore e si sente uno squillo di tromba.
E’ il segnale della carica contro coloro che stavano intorno alla tenda. Grande confusione, un fuggi fuggi generale, un dirigente sindacale si sente male, forse perché colpito da qualche manganellata, segue il pronto intervento dell’ambulanza e il ricovero al Pronto soccorso. Da un lato della piazza, sul tetto di un furgone fermo al centro della baraonda l’attore Gian Maria Volontè, che dietro una cinepresa, riprende a tratti quanto stava accadendo. Poi una mezzora di tranquillità e di pace, il ritorno nella piazza, poi due nuovi tentativi di montare la tenda. Fra urla e suoni, i tentativi si infrangono con altre due cariche delle forze dell’ordine. Piazza di Spagna sembra un campo di battaglia dopo gli scontri, trenta persone fra lavoratori, lavoratrici, sindacalisti e lo stesso Volontè, vengono fermati e portati con i furgoni cellulari al Commissariato Trevi Campo Marzio a piazza del Collegio Romano, e sistemati in camera di sicurezza.
Due ore di attesa, le identificazioni che sembravano uno stillicidio per le lungaggini burocratiche, il rilascio e alla fine uscì anche Volontè, dopo che gli era stato chiesto se aveva il passaporto. Era stata una guerra di nervi. Le reazioni sindacali e politiche non si fecero attendere, dalla minaccia dello sciopero il giorno successivo con il blocco dei trasporti pubblici alle interrogazioni urgenti al Consiglio Comunale di Roma e al Parlamento. La sera arrivò dal Ministro Restivo, attraverso la Prefettura di Roma, l’autorizzazione per montare la tenda il giorno successivo. Il sindacato e i lavoratori delle fabbriche occupate avevano vinto una battaglia, il buon senso aveva avuto la meglio.
Il 23 dicembre la tenda era in piazza di Spagna. Grande folla, lavoratori, uomini dello spettacolo e della politica (Visconti, Loy, Ferreri, l’on. Cabras, Petroselli e tanti altri), si raccolsero molti fondi (diversi milioni, oltre all’impegno del Sindaco Clelio Darida che il Campidoglio avrebbe contribuito con 25 milioni), le feste di Natale erano dopo due giorni e per molti furono meno nere.

Gian Maria VolontèLe riprese di Volontè uscirono dopo 20 anni, e testimoniano quel giorno di lotta e di solidarietà dei sindacato romano in difesa del lavoro.
Oggi a 43 anni da quell’evento molte cose sono cambiate e si sono trasformate, ma quella lotta le settimane successive portò a verificare lo stato delle vertenze in atto, alcune risolte e altre si chiusero negativamente, il confronto comunque riprese e la tenda “aveva pagato”.

Per tornare ai giorni nostri, la tristezza di questo periodo, è aggravata dalla costatazione che i problemi del lavoro sono più acuti di quelli dell’inizio degli anni ’70 e per questo occorre ridare slancio e speranza, con una nuova etica e una nuova moralità anche al mondo del lavoro.


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