Alla fine della fase uno e all’inizio della fase due…, forse

Niente certezze, bianco e ricordatevi di non sprecare la quarantena
Ilaria Pacelli - 3 Maggio 2020

Salutiamoci qui cari amici, alla fine della fase uno e all’inizio della fase due. Forse!

No ragazzi non chiediamoci cose definite e certezze, perché qui se c’è una cosa che abbiamo compreso, è che di definito non c’è nulla. Nulla, e quando dico nulla lo intendo letteralmente.

Per esempio, vi ricordate quando eravamo bambini? In classe o a casa, leggevamo parole nuove e allora prendevamo il vecchio vocabolario di casa (vo-ca-bo-la-rio, faccio lo spelling per i millennials, poverini non ne hanno mai visto e usato uno ) per leggere il significato?
Quello che si leggeva era legge, era dato per certo non soggetto a revisione, almeno da lì a 24 ore insomma.

Oggi no. Non funziona più così. Tu leggi una parola, qualsiasi, di cui conosci perfettamente il significato… ma d’improvviso il recinto del sapere si apre intorno a quelle lettere.
Cosa vorrà dire? Ma siamo sicuri? Magari l’interpretazione è un’altra.
Forse il Viminale presto ci aiuterà a discernere ogni dubbio, fugando tutto il ginepraio intorno ad ogni parola di questi benedetti decreti! Non siamo più certi di niente.

Congiunti: sangue o affetti, questo è il dilemma! Un figlio e un genitore o due cani, il nonno disabile e la cugina di quarto grado, chi può entrare al parco?

L’autocertificazione la devo portare comunque o è una condizione dell’anima? E poi siamo proprio sicuri che l’assassino è sempre il maggiordomo?

Ma la scuola non riapre o dipende dalla squadra di calcio dei bambini tifosi? Alla fine i 60enni escono tutti o solo quelli che hanno fatto il vaiolo?

Non lo so, ai posteri l’ardua sentenza o alla pattuglie della polizia del posto del posto di blocco di turno, fate voi!

Adotta Abitare A

La parola è: curiosità

Ci eravamo lasciati con una seconda parola da suggerire e così chiuderemo. La parola è: curiosità.

Curiosità non è da intendersi come rubrica di gossip o l’almanacco del giorno dopo ma come qualcosa di molto diverso.

Voglia di accrescere il proprio sapere e la propria esperienza, piacere del conoscere, il senso della crescita e del cambiamento.
Curiosità dal latino curiosus «che si cura di qualcosa», parola derivata di cura «premura, sollecitudine». Curioso, ovvero desideroso di conoscere, di sapere, di vedere e di sentire.
Vi chiedo, non è esattamente questo che siamo? Curiosi perché ci siamo presi cura di noi stessi e dei nostri cari, vicini e lontani. Curiosi perché abbiamo visto accrescere il nostro sapere. Curiosi perché siamo cambiati e curiosi perché abbiamo il fervente desiderio di vedere come va a finire, questa assurda storia, che ci troviamo a vivere nostro malgrado.

Box veloce: per “cari” e altri termini…

Scusate, apro un box veloce per rispondere alla vostre domande stampate su quei visetti pallidi.

Si, per “cari” vale anche la pianta grassa che non avete ucciso in quarantena, il lievito madre che rimboccate ogni sera e l’amico immaginario che avete ritrovato; no, non vale il domicilio dell’amico immaginario in Costa Smeralda, sull’autocertificazione, per il ricongiungimento congiunti e affetti stabili.

Si, accrescimento del sapere vale anche per il punto smerlo con variante erba cordoncino carpiato, che avete imparato a fare con una mano legata, per la verticale in aria mentre vi togliete la tuta da ginnastica come la Ferlito e aver raggiunto la perfezione nella cottura della torta rustica ai cereali, che finalmente adesso si cuoce anche sul fondo che rimaneva sempre molliccio; no non vale la motivazione della urgentissima cura dimagrante ayurveda in un centro benessere altoatesino, per uscire dalla regione, no neanche se la bilancia quando siete saliti ieri mattina, vi ha detto che nella fase due non sono ancora permessi assembramenti.

Curiosi = cura e sapere

Torniamo a noi. Curiosi: cura e sapere.

Questo è il binomio che ci deve restare tatuato sulla pelle, anche se bianchiccia come quella di Bella in Twilight. La nostra pelle oltre a cercare vitamina D, avrà subito un cambiamento, un cambiamento che non dobbiamo lavare via come la tintarella a settembre, ma dobbiamo proteggerlo e continuare a farlo penetrate nelle pieghe della pelle, quella della nostra identità più profonda.

E per cambiamento non intendo quelle chiacchiere da pianerottolo della serie “passiamo più tempo con la nostra famiglia” o “cogliamo l’occasione per rimettere a posto il cassetto dei medicinali”. Andiamo un pochino oltre, non ne possiamo più della psicologia da “Cioè” che ci perseguita da due mesi.

Possibile che deve arrivare una pandemia per comprendere quanto e importante passare del tempo di qualità con i nostri figli o per pensare di rivedere alcune relazioni della nostra vita?
Questi sono propositi buoni per il 31 dicembre, qui ragazzi miei, la questione è andata ben oltre, non trovate?

Due mesi di lockdown di un paese intero, sono un terremoto che ha scosso le radici di tutti, da chi è rimasto in casa a chi ha continuato a lavorare, le conseguenze saranno visibili per anni probabilmente, da quelle economiche, sociali a quelle psicologiche di ognuno. Per non aprire il file dei bambini. Categoria di innominati dall’inizio di questa faccenda.

Per questo il colore della nostra pelle in questo momento mi sembra un buono spunto. Bianca.

Spostare il punto di vista. Il “bianco”

Il colore bianco è l’unico colore che comprende tutti quelli dello spettro luminoso. Il suo significato è completamente all’opposto del colore nero. Infatti simboleggia il principio della fase vitale, esprime speranza per il futuro, la fiducia sia nelle persone che nel mondo in generale.

No attenzione non è psicologia da “Cioè”, ma un invito a spostare il punto di vista.

Abbiamo impiegato il tempo in tanti modi nuovi e inaspettati, scoperto vene artistiche sopite e talenti manuali impensati fino a due mesi fa.
Abbiamo toccato il fondo e poi con una resilienza degna di un filo d’erba a Fukushima, siamo risaliti e abbiamo resistito, allenando corpo e mente all’attesa e all’azione allo stesso tempo, perché aspettare non è stare fermi ma è prepararsi.
Siamo stati bravi!
Siamo stati bianchi, in noi c’erano tutti i colori che ci servivano.

E adesso?
Con questa tela bianca della nostra pelle cosa vogliamo farci?
Spalmiamo un bello strato di crema solare (ci servirà credetemi) e usciamo!

Portiamoci tutta la cura, il sapere e la resilienza che abbiamo cucinato in quarantena e usiamola, sprechiamo nulla di questi giorni passati, sarebbe un sacrilegio.
Siamo cambiati, prenderemo decisioni nuove e faremo valutazioni diverse, e se così non sarà, beh allora avremmo perso davvero! Tutti quanti!

Ora, non rimane che rileggere ancora una volta il decreto, magari c’è qualche punto ancora poco chiaro e imparate il numero del telefono a memoria, della persona che state raggiungendo, pare che sia questo il test per la verifica degli affetti stabili ma attenzione ve lo chiederanno facendovi camminare su una striscia gialla, mentre portate la punta delle dita sul naso!

Ragazzi buona Fase 2 a tutti!

…scusate un’ultima curiosità… ma voi dove avete parcheggiato la macchina l’8 marzo, ve lo ricordate?

Ilaria Pacelli

#IoRestoaCasa: giorno boh

#IoRestoaCasa: ottavo giorno

#IoRestoaCasa, sesto giorno

#IoRestoaCasa: quarto giorno

#IoRestoaCasa, terzo giorno


Commenti

  Commenti: 1


  1. Cara Ilaria,
    è vero quando dici che dopo “aver toccato il fondo siamo risaliti e abbiamo resistito, allenando corpo e mente all’attesa e all’azione perché aspettare non è stare fermi ma prepararsi”.
    Attendere è porgere l’animo verso qualcuno, verso qualcosa.
    E’ il tempo sospeso nel quale riponiamo la speranza, il sogno. È il vuoto che, nella vita spesso ci accompagna e che a volte temiamo in quanto imprevedibile.
    L’attesa si sposa con la pazienza e, specie in questo periodo, entrambe sono state sperimentate più volte. Attesa di entrare al supermercato, all’ufficio postale, in farmacia e ancor più attesa della fase due che, altro non è che il prosieguo della fase uno, con qualche margine in più di libertà di movimento, sempre nel rispetto dei decreti e delle condizioni sociosanitarie.
    La fase due, è l’azione, la verifica delle coscienze, del rispetto del prossimo, dell’ambiente, di quanto sia importante condurre una vita sana, colma di bei vissuti e autentici affetti, elaborati e maturati durante l’attesa.
    Il tempo sospeso, ha interrotto le attività ma non la voglia di fermarci. Al contrario ci ha forgiati. Oggi ci sentiamo pronti ad affrontare anche la fase due, convinti più che mai che ce la faremo. # andrà tutto bene
    Sconfiggeremo il virus, ne usciremo rafforzati nello spirito ad una sola condizione però che le giornate trascorse in quarantena restino fisse nella memoria di ognuno.

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