Il SUPU (Sindacato Unitario Personale in Uniforme), al quale aderiscono tutti gli Uomini e Donne che vestono un’uniforme, sia in servizio che in congedo, “appreso - così afferma in un…
Amarcord
A proposito della vicenda romana che vede il M5s e la Sindaca Virginia Raggi alle prese con se stessi mi viene in mente un episodio di quarant’anni fa che è utile raccontare.
All’indomani della vittoria elettorale del PCI a Roma del giugno 1976, si riunì il Comitato federale della Federazione comunista romana per procedere alla discussione sulla nuova amministrazione da dare alla capitale. Il Comitato federale era l’organismo dirigente dei circa 60 mila iscritti al partito. Veniva eletto al Congresso federale, contava allora, se non ricordo male, circa 140 membri. Quasi sempre si riuniva insieme alla Commissione federale di controllo di numero più piccolo ma sempre eletta dalla platea congressuale fatta di delegati eletti nei Congressi di Sezione.
Il Comitato federale (Cf) era una specie di consesso cardinalizio che riassumeva il meglio del diffuso quadro dirigente del partito: quadri popolari e personalità intellettuali. Emanava due organi esecutivi: il comitato direttivo e la segreteria oltre a eleggere il segretario che, nel caso di questo raccontino, era allora Luigi Petroselli.
Il CF veniva regolarmente riunito per discutere di tutto. Della situazione politica nazionale e internazionale, delle politiche del partito da condurre, delle iniziative da attuare, dei suoi bilanci, delle liste elettorali quando c’erano le elezioni di vario grado e livello ecc.. Non era certo un organismo di yesmen. Ne facevo parte dal 1969, eletto in un Congresso burrascoso in qualità di segretario di sezione, e ricordo dibattiti lunghi e approfonditi, confronti di posizioni e idee anche diverse e anche tesi fra quelle che allora venivano chiamate “diverse sensibilità politiche”, ma sempre accompagnati dalla preoccupazione di non incrinare l’unità del partito nella ricerca delle migliori soluzioni ai problemi della città, quando di questi si discuteva. Il Cf era, per chi aveva la fortuna di parteciparvi, una vera e propria scuola di formazione politica, di disciplina e, insieme, di libertà intellettuale.
All’indomani della vittoria elettorale del ‘76, come ricordavo, Petroselli presentò al Cf non solo l’analisi del voto ottenuto ma anche la proposta delle alleanze per formare la coalizione di sinistra, la proposta di Sindaco, Giulio Carlo Argan, e la squadra degli assessori da presentare poi al consiglio comunale perché allora erano eletti dal consiglio medesimo e non nominati dal Sindaco.
Petroselli e la segreteria avevano lavorato intensamente per presentare il corpo delle proposte. Naturalmente la squadra che il PCI presentava era una squadra già rodata da lunghi anni di lotte e di iniziative politiche sui problemi della città. Persone ancorate fortemente alle realtà sociali, al mondo del lavoro, all’associazionismo. Ricordo, fra gli altri e le altre, Giuliano Prasca allora dirigente dell’Uisp a cui fu affidato l’assessorato al Patrimonio, protagonista dell’eliminazione delle baraccopoli dei senza casa che infestavano molte zone di Roma; Piero della Seta, profondo conoscitore delle borgate romane; Ugo Vetere esperto amministratore a cui fu affidato il Bilancio; Renato Nicolini intellettuale creativo inventore dell’”estate romana” che ebbe la cultura. Non fu difficile, credo, comporre la squadra. Ma siccome si doveva fare “presto e bene”, come si diceva allora, perché i problemi della città urgevano, qualche persona proposta non era stata, durante la lunga notte di lavoro, interpellata. La discussione come al solito non fu formale. Furono fatte proposte, avanzati rilievi e a un certo punto, al culmine di questi rilievi, rammento Della Seta intervenire dicendo che della sua proposta come assessore al Tecnologico non ne aveva saputo niente. Petroselli allora ebbe uno scatto, l’unico che io ricordi degli anni di frequentazione del Cf. Si alzò dicendo, sarcasticamente, pressappoco così: mentre il Cf “giustamente nella notte riposava” lui e i compagni della segreteria avevano lavorato per fare presto e qualche consultazione con gli interessati non avevano avuto il tempo di farlo; comunque a decidere era il Cf nella sua sovranità di organismo dirigente. In quel momento l’assemblea, sempre un po’ portata a spaccare il capello in quattro, capì il rimbrotto e quale grande e storica operazione politica si stava per compiere. Non ci furono applausi perché non erano in uso, la sobrietà allora era una regola ovvia, ma sicuramente scattarono dentro l’animo di molti appartenenti a quel consesso. L’assemblea concluse rapidamente e con soddisfazione i suoi lavori con un voto unanime. Cominciavano i 9 anni di giunte di sinistra. Per inciso Della Seta fu il protagonista del piano Acea che generò il risanamento delle borgate abusive portandovi i servizi primari come l’acqua, la luce, il gas.
Questo ricordo misura la distanza non solo temporale, 40 anni sono tanti, ma anche spaziale con gli accadimenti di oggi. Anzi, direi la distanza fra due contesti e due mondi socioeconomici e politici profondamente diversi, marcati dalla rivoluzione tecnologica e, sotto il profilo sociale, dalla reazione neoliberista. Tuttavia le distanze politiche e morali non si misurano solo in orizzontale ma anche in verticale. E a me, da allora, è capitato di guardare sempre più giù.
Non è nostalgia, ma solo un fatto.