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Bonessio (Europa Verde): L’indagine ACOS sugli impianti dei rifiuti a Roma è un incubo a sostegno della decisione di realizzare un inceneritore nella capitale

I Sabati della Sostenibilità Ambientale

“Rimango esterrefatto e incredulo rispetto ai contenuti del ‘Focus impianti: trattamento della frazione organica’ documento redatto da ACOS, Agenzia ‘indipendente’ per il controllo e la qualità dei servizi pubblici locali di Roma Capitale, e condiviso questa mattina in Commissione Ambiente. Oltre ad un impianto generale che rende il report sostanzialmente approssimativo senza la possibilità di evincere in alcun modo le modalità di rilevamento dei dati utilizzati a fini statistici, facendolo risultare poco comprensibile e a tratti quasi banalizzando il problema rifiuti, non posso non soffermami su quanto si legge nella relazione a pagina 7: ‘la termovalorizzazione permette di minimizzare gli scarti e le ceneri da inviare a discarica’. Niente di più falso. Gli studi più acclarati in materia ci dicono infatti che gli inceneritori (ricordo ai tecnici dell’ACOS che la parola termovalorizzatore non esiste ed è solo una operazione di marketing per far apparire sostenibile ciò che sostenibile non è), anche se realizzati con le migliori tecnologie, producono rifiuti speciali pericolosi come le ceneri, che vanno comunque smaltite in discarica, oltre alle emissioni di polveri sottili PM 2.5, di diossina e metalli pesanti” dice il capogruppo capitolino di Europa Verde Ecologista Ferdinando Bonessio in una nota.

“Ma c’è di più. L’avversione dei cittadini alla localizzazione degli impianti per i rifiuti viene liquidata con un semplice e scontato ‘riferimento alla sindrome NIMBY’. L’Agenzia tenta un debole riferimento rispetto al fatto che gli impianti devono essere sostenibili e accettati dalla comunità. Non entra però minimamente nel merito del fatto che questi impianti devono essere di piccola-media taglia e diffusi sul territorio, con tempi di realizzazione paralleli in modo da far comprendere che non si vuole danneggiare un territorio a vantaggio di un altro. E poi non posso non rimanere deluso dal fatto che il report si limita solo a registrare una generale, quanto evidente, disaffezione e sfiducia dei cittadini nei confronti delle Istituzioni che si traduce in un conferimento improprio nei cassonetti. Nessun accenno viene fatto invece alla nefasta presenza a Roma dei cassonetti stradali tradizionali che sono invece la prima causa della deresponsabilizzazione della popolazione e producono un prodotto differenziato di pessima qualità. La stessa Agenzia, in uno dei grafici contenuti nel report, evidenzia che i cittadini disposti a fare la differenziata sono pari quasi al 90%. Nei fatti il livello volumetrico è fermo al 40% circa, ma ciò che è realmente recuperabile non va oltre il 25%. È certamente vero, praticamente banale, l’affermazione che tutti dobbiamo concorrere a rendere più pulita la città. È anche vero però che la responsabilità del servizio di raccolta è dell’Amministrazione e se questo non è svolto in modo idoneo induce i cittadini a non fare la loro parte, mettendo in atto dei comportamenti a volte incivili. Spesso tendiamo a guardare alle esperienze più o meno virtuose realizzate in altri paesi in materia di raccolta dei rifiuti. In questo caso non dobbiamo andare tanto lontano perché un esempio ce l’abbiamo in Italia. A Milano, città con una densità abitativa maggiore rispetto a quella di Roma, i cassonetti stradali sono stati eliminati da oltre quindici anni con la raccolta della frazione organica che viene effettuata più volte a settimana. Il risultato è una città più pulita che si conferma leader e virtuosa in fatto di differenziata. Ma l’approssimazione con cui è stata condotta l’indagine per conto di Roma Capitale si evince anche dal fatto che nel report si parla in modo molto generico di ‘cassonetti intelligenti’ (di che tipo e di quale modello parliamo?); si resta nel vago più assoluto quando si parla della necessità di incrementare il ‘porta a porta’ e non si sottolinea che il problema non è solo dove conferire i rifiuti, e quindi non è solo una questione di impiantistica, ma la mancanza di una visione e di un modello di raccolta differenziata strutturato.

Non mi resta che constatare che anche da parte di ACOS vige il silenzio più totale sul peccato originale ossia l’eccessiva produzione di rifiuti che, ad esempio, può essere contrastata firmando accordi con le grandi aziende per ridurre la quantità di imballaggi prodotti. Ma al momento nulla in merito è stato fatto. Una cosa è certa: da un’Agenzia indipendente chiamata a dare un contributo fattivo alla risoluzione del problema rifiuti a Roma mi sarei aspettato uno sforzo in più” conclude Bonessio.

 


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