Chi era Maurizio Montesi

Storia di un calciatore, di un militante politico e altro…
Ugo Fanti, Presidente della Sezione Anpi di Roma Aurelio-Cavalleggeri “Galliano Tabarini” - 23 Agosto 2023

Il Generale Vannacci, l’Imperatore Giulio Cesare ed il Satrapo assassino Mohammad Bin Salman

Dunque, il Generale di Divisione Roberto Vannacci, rimosso dal comando che  deteneva e, di recente, parcheggiato in un Ufficio militare di Firenze, continua ad essere al centro del dibattito politico. Lui – tra le tante scempiaggini con le quali ha riempito le pagine del suo libro – si è paragonato al Generale, Dittatore e Imperatore romano, della Gens Giulia, Giulio Cesare (Roma 100/102 a.C. – ivi 44 a. C.). 

Ma la Storia non deve essere il suo forte perché, forse, il Generale Vannacci non sa che Giulio Cesare era omosessuale o al più bisex. A sostenerlo e a rendercelo noto ieri, in una intervista pubblicata sulle pagine del quotidiano La Repubblica, il Professor Franco Cardini, Storico, Medievalista e Docente universitario, che di fascisti se ne intende essendo stato – anche se oggi si proclama socialista ed europeista – iscritto al MSI di Almirante dal 1953 al 1965. Cardini – che il libro di Vannacci lo ha letto – ricorda al Generale quale fosse – al tempo dei romani – il concetto di normalità, ovvero che quella che il militare bollerebbe certo come libertà dei costumi da condannare era, invece, al tempo dei nostri avi cosa normale e – pur non rinnegando il suo passato di destra – si confessa indignato per quanto ha letto. 

Io, per parte mia, aggiungo che, in questi giorni, al Generale dovrebbero girare gli attributi solo accendendo la TV visto che – tra le nostre “ragazze terribili” della Nazionale Femminile di Pallavolo, impegnate negli Europei 2023 – militano (per utilizzare un termine certo noto a Vannacci) Paola Egonu, Myriam Sylla, Lovhet (Lolly) Omoruyi e Sylvia (Sisso) Nwakalor, tutte atlete dalla pelle molto scura e tutte italiane doc, essendo nate nel nostro Paese, che, prima di ogni incontro, cantano a squarciagola (ultimamente anche “a cappella”, cioè senza accompagnamento musicale) il Canto degli Italiani (Leggi l’Inno di Mameli) e vincono (quattro partite giocate e quattro vittorie ottenute per 3-0) tenendo alto il nostro tricolore e la maglia azzurra che indossano e veleggiando (speriamo) verso il secondo titolo europeo consecutivo, conquistato per loro, certo, ma anche per noi tutti, intesi come Paese.

Certo, il Generale Vannacci si consolerà un poco, leggendo di come il Satrapo (e assassino patentato) Mohammad bin Salman Al Sa’ud, dittatore arabo saudita, fa trattare i migranti richiedenti asilo etiopi, che vengono uccisi a centinaia, al confine con lo Yemen, dalle Guardie di frontiera saudite, secondo quanto svela un recentissimo Rapporto della ONG Human Rights Watch. Ricordate, si tratta dello stesso Bin Salman (tra l’altro accusato dell’assassinio – all’interno del Consolato dell’Arabia Saudita ad Istambul – del giornalista saudita Jamal Khashoggi che lì si era rifugiato) corteggiato da tutto l’Occidente e definito, non molto tempo fa, da Matteo Renzi, artefice di un nuovo Rinascimento visibile e palpabile (bontà del nostro senatore in trasferta) in quella parte del mondo.

Ora, su questa nuova strage di migranti, l’Occidente e Matteo Renzi, estimatore nostrano (anche se non il solo) del boia Bin Salman, tacciono. 

Chi era Maurizio Montesi? Storia di un calciatore, ma anche di un militante politico.

“La giovane ala della Lazio, Maurizio Montesi, pare essere stato uno dei pochi ad aver voluto mantenere dignità. Lo scandalo scommesse è enorme:” (Enrico Deaglio da “Patria 1978-2010”, Il Saggiatore, 2010).

“Non sono una vacca da mercato […]. Forse per me l’unica possibilità di incidere è quella di fare il rompicoglioni. Ad esempio, nelle interviste non parlare del calcio in senso consumistico.” (Maurizio Montesi, intervista a Lotta Continua, 23 Dicembre 1978)

Lo confesso, il calcio giocato non mi intriga, anzi. Troppi soldi ci girano intorno, troppa competizione tossica lo pervade, troppo tifo politicizzato che tifo non è, ma altro (e anche quell’”altro” non mi piace). Insomma, troppo di tutto, troppo del peggio tutto insieme e, come si dice, “il troppo stroppia”. 

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Sono un tipo dai gusti sportivi difficili? Può darsi, ma questo è. La mia difficoltà ad accettare il calcio giocato come sport pulito però, non significa chiusura netta all’attenzione e alla ricerca di cose buone e giuste in quel campo. Per mia fortuna sono, infatti, ancora capace di cercare – e trovare – storie diciamo così edificanti, in mezzo alla generale “mondezza indifferenziata” che mi si presenta davanti agli occhi, più spesso di quanto sarebbe auspicabile, quando mi avventuro nella pagina della vita chiamata “Calcio giocato”.

Qualche esempio? E’ presto fatto. Conosco bene – e amo – le storie, non solo calcistiche, di Arpad Weitz, calciatore e allenatore ebreo, finito ad Auschwitz, e non più tornato a giocare e ad allenare; quelle di Raffaele Perrucchetti, di Alfio Mandich, di Alceo Lipiszer, dei fratelli Claudio e Ottorino Paulinich, di Bruno Quaresima, Nevio Scalamera e Icilio Zuliani, di Carlo Castellani e di Bruno Neri, tutti calciatori partigiani. E anche – per venire a tempi più recenti – la storia nera dei “Mondiali di Calcio della Vergogna”, (Argentina 1978), bagnati dal sangue dei torturati e degli scomparsi, ma comunque giocati e fatti vincere ai Generali assassini, nell’indifferenza e nel silenzio del mondo cosiddetto civile e democratico. 

Ma, per restare a casa nostra, le storie dell’oggi 75enne scrittore e allenatore Paolo Sollier, nei primi anni 70 del ‘900 centroavanti a pugno chiuso del Perugia (prima del Siena) che – ogni volta che segnava un gol – andava sotto la curva a salutare, con il pugno chiuso, i tifosi della sua squadra, o quella di Maurizio Montesi, ala della SS Lazio negli anni ’60-70 del ‘900, noto anche come “il sovversivo” o, a scelta, “Il traditore”, meglio “ll Giuda”. 

Queste righe sono proprio dedicate a Montesi, personaggio centrale – mai nominato, ma solo indicato, come “M.M.” – del Romanzo di Guy Chiappaventi, giornalista de La 7, “La scomparsa del giocatore militante. Una storia di politica, pallone e tradimenti”, Milieu. 2022. Il Romanzo di cui oggi vi propongo la lettura.

Nota: il tradimento di cui al soprannome di Montesi e al sottotitolo del libro di Chiappaventi sta – per me – nel fatto che, essendoci notoriamente tra i tifosi laziali gente a cui piace fare il saluto romano, difficilmente sopportavano nelle fila della loro squadra uno come Maurizio Montesi, al tempo militante di Lotta Continua. Più realisticamente – come accenna Enrico Deaglio nella prima citazione di cui all’inizio di questa Nota – il “tradimento” di Montesi si riferisce al fatto che il calciatore della Lazio volle rimanere, ostinatamente, fuori del giro delle scommesse illegali, grande scandalo sportivo e non solo degli anni ’80 del ‘900. 

Ma veniamo più propriamente al Romanzo di cui sopra. 

Dunque, nella storia di questo Paese, c’è stato un “Caso Montesi”, il giallo della morte di Wilma Montesi, la ventunenne fatta passare per suicida, che, nel 1953, fece tremare il palazzo della politica. Quasi trent’anni dopo appare sulla scena un altro un “Caso Montesi”, quello di Maurizio Montesi, il calciatore laziale, uomo di lotta e di pallone, ala formidabile e militante di Lotta Continua, ma, come ho scritto, passato alla storia della Lazio come il “sovversivo”, il “traditore”, “il Giuda”. Di questo Romanzo hanno scritto Massimiliano Castellani, su Avvenire del 13 Novembre 2022 – il pezzo qui: https://www.avvenire.it/agora/pagine/montesi-la-scomparsa-misteriosa-del-calciatore

 – e Daniele Barbieri in un pezzo pubblicato sulla sua “Bottega” https://www.labottegadelbarbieri.org/la-scomparsa-del-calciatore-militante/

Materiale sufficiente, credo, a farsi un’idea di quegli anni e soprattutto della figura di Maurizio Montesi, il calciatore militante, senza dunque aggiungere altre parole.


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