Così vicini, così lontani: il paradosso della solidarietà ai tempi del Coronavirus
Cronache e pensieri dalla quarantena“Vicino/ e difficile ad afferrare è il Dio./ Ma dove è il pericolo, cresce/ anche ciò che ti salva …”. (F. Hoelderlin, dall’Inno Patmos);
“Come la natura abbandona gli esseri/ al rischio della loro sorda brama, e nessuno/ particolarmente protegge nei solchi e sui rami,/ così anche noi siamo, nel fondamento primo del nostro essere,/ non particolarmente diletti. Siamo arrischiati. Soltanto che noi,/ più ancora che pianta e animale/ con questo rischio andiamo, lo vogliamo; talvolta anche/ siamo più arrischianti (non per nostro vantaggio)/ della vita stessa; per un soffio/ più arrischianti …” (R. M. Rilke, dalla raccolta Ultime poesie);
“Non domandarci la formula che mondi possa aprirti,/ sì qualche storta sillaba e secca come un ramo./ Codesto solo oggi possiamo dirti,/ ciò che non siamo, ciò che non vogliamo” (E. Montale, dalla raccolta Ossi di seppia);
Come tutto è cambiato, nella vita quotidiana di questa nazione, nell’arco di tempo di una breve settimana! Domenica 8 marzo 2020 le vie e le piazze affollate delle città, all’ora dell’aperitivo e del dopo-cena, così come le spiagge al mattino, gremite fino all’inverosimile, quasi la giornata fosse un anticipo d’estate, e migliaia e migliaia di persone in partenza nelle stazioni ferroviarie e negli aeroporti; alcuni addirittura in procinto di raggiungere i luoghi della villeggiatura o, per l’inizio di una settimana bianca, le località montane, per una vacanza già programmata da mesi e alla quale nessuno sembrava voler rinunciare. E ciò nonostante fosse già scattato l’allarme Coronavirus, e nonostante vi fossero già alcune aree del Paese isolate come focolai dell’epidemia (le zone rosse di Vò Euganeo e di Codogno), e nonostante l’esperienza, sotto gli occhi di tutti, di un grande Paese come la Cina già travolto dall’emergenza, e, infine, nonostante il Governo avesse già decretato la chiusura di tutte le scuole prima fino al 15 marzo e, poi, subito dopo, il prolungamento della stessa fino al 3 aprile. Un atteggiamento collettivo, quello di domenica 8 marzo, giudicato semplicemente folle dagli esperti epidemiologi, i quali giustamente hanno richiesto al Governo nazionale quei provvedimenti “stringenti” e rigorosi ai quali si è arrivati con i Decreti del 9 e dell’11 marzo: l’imposizione sic et simpliciter di un rigido e probabilmente lungo Restate-tutti-a-casa.
Ebbene la cosa incredibile, verificatasi a partire dal giorno immediatamente successivo al primo dei due decreti, è stata proprio questa: un popolo di picchiatelli, di inguaribili edonisti ed egocentrici, di auto illusionisti sulla propria individuale e presunta invulnerabilità, ha preso improvvisamente coscienza del gravissimo rischio che si stava correndo, e della terribile responsabilità individuale (nei propri confronti) e collettiva (nei confronti degli altri) gravante su ogni singolo suo membro. Da un atteggiamento di totale incoscienza si è passati, a partire da martedì 10 marzo, a comportamenti ispirati al principio di cautela: tutti si sono resi conto che i provvedimenti governativi potevano, possono e potranno avere efficacia solo se ciascun membro di quella grande moltitudine composta da 60 milioni di italiani, farà con disciplina e abnegazione e con grande senso del dovere, la sua parte, anche piccolissima che sia, fosse pure restarsene tappato in casa per tutto il tempo che sarà necessario a superare l’emergenza.
Forse quella che, fino a pochi giorni fa, era semplicemente una moltitudine di anonimi, o per meglio dire di monadi (sostanze autosufficienti, o presunte tali), sta per diventare una vera “comunità”, un’entità nella quale la vita e i diritti di ciascuno dipendono dalla vita, dai diritti e dal benessere di tutti, e viceversa. È paradossale, però, che questa ritrovata (o trovata ex-novo) solidarietà comunitaria si debba esplicare, almeno per tutto questo difficilissimo periodo di restate-tutti-a-casa attraverso la cura a mantenere le opportune e necessarie distanze l’uno dall’altro. Ci sentiamo tutti più vicini, come effettivamente non ci siamo mai sentiti prima, spiritualmente e psicologicamente ma, nel contempo, siamo costretti ad esprimere questo senso di vicinanza mantenendo rigorosamente le distanze, stando cioè più lontani. Ecco perché ci troviamo così bene alle 18 del pomeriggio, in quel quarto d’ora nel quale possiamo dare libero sfogo al nostro senso di vicinanza e di appartenenza, affacciandosi sui nostri balconi e dalle nostre finestre, per cantare tutti insieme e a squarciagola l’inno di Mameli, Azzurro e Il cielo è sempre più blu. Esprimendo così, per quel poco che ci è possibile, tutta la nostra riconoscenza e la nostra gratitudine nei confronti di quel silenzioso e valorosissimo esercito senza armi e con pochi mezzi formato da medici, infermieri, trasportatori di ammalati, operai che, anche senza strumenti adeguati, mandano avanti il sistema sanitario e l’economia di questo Paese in guerra contro il più subdolo e invisibile nemico che si potesse immaginare.
È proprio vero che, come dice il grande poeta Hoelderlin (il 2020 è il 250° anniversario della sua nascita) “… dove è il pericolo, cresce anche ciò che salva …”. Ed è altrettanto vero ciò che afferma Rilke nei suoi versi, che gli uomini non soltanto sono messi a rischio dalla natura, a causa della loro fragilità e vulnerabilità, a causa della loro continua esposizione al nulla eterno, ma questo rischio, molto spesso, sono gli uomini stessi, sia pure inconsapevolmente, a volerlo: “… con questo rischio andiamo, lo vogliamo, talvolta anche/ siamo più arrischianti (non per nostro vantaggio)/ della vita stessa…”. Ma possiamo anche aggiungere, con Montale, che, sull’orlo del precipizio, si può diventare, all’improvviso, consapevoli di ciò che non siamo (non siamo monadi autosufficienti e nessuno di noi può salvarsi da solo), ma anche di ciò che non vogliamo (non vogliamo, nonostante i nostri cattivi comportamenti, annientare le possibilità di vita sulla terra). All’improvviso ciascuno di noi, nel pericolo e nel rischio, riscopre il suo ineliminabile, insopprimibile attaccamento alla vita e all’essere, connaturato al bisogno di mantenerci, a tutti i costi, in relazione con la natura e con gli altri uomini.
Francesco Sirleto
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Grazie, Francesco, per esserti fatto veicolo, tramite anche le azzeccate citazioni letterarie, dei nostri segreti impulsi.
Francesco, grazie del tuo sostegno morale. Spero di poterci rivedete presto, qui alla Certosa, e brindare per questo duro ostacolo che abbiamo superato.
Grazie Francesco.