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Danilo Dolci, il padre delle
lotte non violente in Italia

Nasceva 90 anni fa a Sesana (Trieste)

DaniloDolciProbabilmente il nome di Danilo Dolci, oggi, non è molto conosciuto, ma negli anni cinquanta era considerato un punto di riferimento per tutte quelle persone, che vivevano ai margini della società e in condizioni molto critiche, nella Sicilia occidentale.

Quando il giovane Danilo Dolci, poco più che trentenne si trasferì nell’Isola, iniziò il suo impegno civile e sociale, con l’organizzare una lotta non violenta contro la mafia e il sottosviluppo, e per i diritti dei lavoratori, attraverso il digiuno e l’invenzione di pratiche di protesta molto originali.

Un episodio diventato celebre, avvenne nel febbraio 1956, a Partinico, un comune in provincia di Palermo, quando Dolci attuò lo sciopero alla rovescia: se i lavoratori smettevano di lavorare, i disoccupati avrebbero dovuto iniziare a lavorare. Così centinaia di disoccupati si organizzarono con lui per sistemare una strada comunale abbandonata: intervennero le forze dell’ordine e Dolci venne arrestato. Il processo ebbe grande risalto sulla stampa nazionale: Dolci venne difeso da Piero Calamandrei e, infine, assolto.

Ma quali erano le origini di Danilo Dolci? E perché oggi è giusto ricordarlo?

Nasce il 28 giugno 1924 a Sesana (in provincia di Trieste). La madre Meli, una donna slovena molto religiosa, mentre il padre Enrico, è un ferroviere siciliano agnostico, il cui lavoro determina per la famiglia continui cambi di residenza. Consegue la maturità artistica a Brera e il diploma di geometra. Durante gli anni del fascismo Danilo sviluppa presto una decisa avversione alla dittatura e nel 1943 rifiuta la divisa della Repubblica Sociale Italiana.

Terminata la guerra, studia architettura alla Sapienza di Roma, poi torna a Milano, per proseguire gli studi al Politecnico, ma nel 1950, poco prima di discutere la tesi decide di lasciare tutto per aderire all’esperienza di Nomadelfia – Comunità animata da don Zeno Saltini – a Fossoli (frazione di Carpi, nella provincia di Modena).

L’ex campo di concentramento di Fossoli, con la presenza dell’Opera Piccoli Apostoli, che dava assistenza agli orfani di guerra e ai bambini abbandonati, ospitò anche coppie di sposi disposti ad accogliere come figli i ragazzi senza famiglia. Nel 1948 venne approvato il testo di una Costituzione della comunità, firmata sull’altare, così diventò Nomadelfia, con un significato particolare, che non lasciava alcun dubbio: “ nella città dove la fraternità è legge.” Questa prima esperienza di educatore e sociologo, durata due anni in una comunità di cattolici praticanti, di oltre 1000 membri, contribuì a maturare la sua vocazione di riformatore sociale, dedicandosi successivamente, al riscatto di una delle zone più depresse nel sud d’Italia.

Si trasferisce in Sicilia, nel 1953, Dolci sposa la vedova di una vittima dei banditi, Vincenzina, con cinque figli, dalla quale avrà altri cinque figli: Libera, Cielo, Amico, Chiara e Daniela.

Il suo impegno continuo, con numerose “ proteste nonviolente,” aumentò la sua notorietà nei cittadini e nell’opinione pubblica, che aveva anche risalto sui media dell’epoca, come gli episodi a Trappedo e a San Cataldo.

La prima vicenda prende le mosse sul letto di morte di Benedetto Barretta, un bambino morto per denutrizione a Trappedo, il digiuno iniziò con l’impegno che se Dolci moriva di fame, lo avrebbero sostituito, in accordo con lui, altre persone fino a quando le istituzioni non si fossero interessate alla povertà della zona. La protesta viene interrotta quando le autorità si impegnano pubblicamente ad eseguire alcuni interventi urgenti, come la costruzione di un impianto fognario. In questa circostanza si stabilisce un dialogo intenso fra Dolci e il filosofo nonviolento Aldo Capitini.

La seconda, quella di San Cataldo, oltre mille persone danno vita ad uno sciopero della fame collettivo per protestare contro la pesca di frodo, tollerata dallo Stato, che priva i pescatori dei mezzi di sussistenza. Ma la manifestazione è presto sciolta dalle autorità, con motivazioni che “ un digiuno pubblico è illegale.”

Nel corso degli anni, intorno a Dolci si consolida una stima nazionale e internazionale. Nel 1957 gli viene attribuito in Unione Sovietica, il Premio Lenin per la pace. Lo accetta, pur dichiarandosi di “non essere comunista”. Con i fondi del premio si costituisce a Partinico il “Centro studi e iniziative per la piena occupazione.” Si intensifica, intanto l’attività di studio e di denuncia del fenomeno mafioso e dei suoi rapporti col sistema politico, fino alle accuse rivolte a esponenti di primo piano della vita politica siciliana e nazionale, con querele, processi e amnistie.

Dolci da un lato aveva la stima e la solidarietà in Italia e all’estero, anche di personalità come Bobbio, Silone, Beltrand Russell ed Erich Fromm, per altri era un pericoloso sovversivo come disse ad esempio, il Cardinale Ruffini in un omelia nel 1964, che “ il gran parlare di mafia, del romanzo

“Il Gattopardo” di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, e di Danilo Dolci come le tre cause che maggiormente contribuivano a disonorare la Sicilia.”

Lo scorso anno è stato ripubblicato un libro di Dolci, “Inchiesta a Palermo” a distanza di oltre cinquant’anni dalla prima edizione, con l’introduzione di Aldous Huxley, scrittore britannico conosciuto per i suo romanzi di fantascienza, che scrive: “ Senza carità, la conoscenza tende a mancare di umanità; senza conoscenza la carità è destinata sin troppo speso all’impotenza. In una società come la nostra – i cui enormi numeri sono subordinati a una tecnologia in continua espansione e pressoché onnipresente – a un nuovo Gandhi o a un moderno San Francesco non basta esser provvisto di compassione e serafica benevolenza. Gli occorrono una laurea in una delle discipline scientifiche e la conoscenza di una dozzina di studiosi di materie lontane dal proprio campo di specializzazione. E’ soltanto frequentando il mondo del cervello non meno del mondo del cuore che sperare in una qualche efficacia. Danilo Dolci è uno di questi moderni francescani con tanto di laurea.”

Ricordare il “metodo maieutico” con il coinvolgimento della partecipazione con le persone generalmente escluse dal potere e dalle decisioni, per Dolci è stato un modo per esprimere il suo impegno educativo attraverso il dibattito, lo studio e la ricerca della verità, e per animare tale metodo in scuole, associazioni e centri culturali.

Le sue pubblicazioni (oltre una sessantina) hanno avuto caratteristiche diverse : dalle poesie alla letteratura, dalla documentazione alle argomentazioni sociali e religiosi.

Quindi un “personaggio” Danilo Dolci: un sociologo, un educatore civile, un pacifista, un uomo impegnato, un assistente sociale, un non violento, uno scrittore, tutto questo è stato Dolci, nato il 28 giugno 1924 e morto a Trappeto il 30 dicembre 1997, a 73 anni.

Ricordare Danilo Dolci, a novanta anni dalla nascita, significa pensare e riflettere sulla sua testimonianza di vita, che ancora oggi può essere considerata straordinaria, perché è stata al servizio degli altri, in modo particolare dei più deboli e dei più fragili, nell’Italia che si trasformava dopo la guerra fino alla fine del secolo scorso.

 


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