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Elogio dell’ignoranza

Isaac Asimov - "il culto dell' ignoranza". Newsweek. 1980

È fuor di dubbio che l’Italia sia la terra dei patrimoni artistici, naturalistici, gastronomici, storici, paesaggistici e culturali. Non ci posso purtroppo includere quelli mafiosi, in quanto ultimamente nuove mafie, sbocciate là dove l’economia cresce inesorabile, hanno ormai superato l’antica Cosa Nostra, un tempo maestra di come prosperare all’ombra dell’onore, per proteggere chi il capitale già lo possedeva, traendo dal servizio fornito il giusto, meritato guadagno. In un quadro, ormai proteso oggi, ad arricchirsi in prima persona, anziché prestare un servizio a terzi, è scontato che ai nostri mafiosi manca l’aggiornamento sul come muoversi e sul quanto poter maneggiare, stante la decadenza dell’economia in cui, ahimè, naviga
da tempo il nostro Paese. Come a significare che i veri introiti sarebbe d’uopo andare a farli dove la concorrenza è agguerrita e spietata. E accà, nisciun’è fesso! Meglio accontentarsi dei molti piccoli appalti
che si muovono sul territorio.

In compenso, tuttavia, l’ignoranza (altro patrimonio storico nazionale), pur indebolito sotto la sferza del continuo richiamo ad una crescita culturale delle fasce più giovani, regge il passo coi tempi, vista la resistenza alla cultura, da parte di frange giovani e meno giovani che, cresciute negli ultimi cinquant’anni guidate dallo sviluppo tecnologico, dalla filosofia del consumo, del progresso, del diritto all’effimero e della ingannevole pubblicità, sono rimaste ben distanti dall’uso responsabile del cervello, prede di quanto più
appetibile è stato loro offerte dai social, dagli influencer, dalla moda decadente, dall’illusione che fosse meglio apparire che essere. In una parola sono stati non poco aiutati nell’allontanarsi dalla civiltà. Un tempo erano sufficienti un re, un papa, qualche nobile di rango, con le loro corti, e il gioco era fatto.

Oggi mantenere viva l’ignoranza si è fatto obiettivo più competitivo da cogliere. Ed è grazie al cambiamento delle mode che ancora non è scomparso del tutto il patrimonio storico e antico, che si rifà all’ignoranza, un bene che resiste da secoli a supporto anche di intellettuali, artisti, filosofi, statisti, religiosi, psicoanalisti, generici saputori e quant’altri si sentano pastori del gregge ché, senza la
contrapposizione del baluardo granitico dell’Ignoranza, sarebbero oggi ridotti a vestire i panni logori di quelli che in effetti sono davvero, povere, sbiadite, insignificanti, maleodoranti nullità.
E dunque è un dovere civile proteggere chi ancora si pasce d’ignoranza. Battiamoci perché sia elargito un reddito di inclusione agli ignoranti e che non sia mai che dovessimo essere testimoni della loro scomparsa.

Se ciò dovesse accadere, sarebbe quella la vera catastrofe apocalittica del mondo, là dove è l’ignoranza il motore radicato da sempre sul pianeta, equilibrio dell’essere e del non essere, dell’astratto e del concreto dove, chiunque è preposto a correggere, lo farebbe invano senza la contrapposizione di colui che scorregge.


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