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Il ‘ladro di libri’ rubava “a fin di bene” ma fu vittima di sé stesso

... e di un articolo di giornale

Mi sono sempre immaginato il paradiso come una specie di Biblioteca.” (Jorge Luis Borges,1889.-1986, scrittore, poeta, saggista e traduttore argentino)

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Fondare biblioteche è un po’ come costruire ancora granai pubblici: ammassare riserve contro l’inverno dello spirito che da molti indizi, mio malgrado, vedo venire.” (Marguerite Yourcenar,1903-1987, pseudonimo di Marguerite Antoinette Jeanne Marie Ghislaine Cleenewerck de Crayencour, scrittrice e poetessa francese, con cittadinanza statunitense).

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“I bravi ladri di libri non lasciano tracce, solo mancanze che alla fine dell’anno saranno contabilizzate come ammanchi di magazzino o differenze inventariali, senza poter essere attribuite con certezza a ladrocinio. La scomparsa dei libri potrebbe essere dovuta a errori negli ordini o a scatoloni smarriti o non registrati o dispersi o trafugati. Un altro caso piuttosto comune è causato, semplicemente, da chi in libreria consulta un libro e poi lo deposita in un altro scaffale impedendo al povero libraio di rintracciarlo. La prova che un furto c’è stato è solo la flagranza del reato: gli unici ladri di libri accertati sono quelli che vengono presi, cioè una piccola parte del totale e comunque non i più abili. Se i ladri di libri sono invisibili, però, è anche perché le librerie – le piccole come le grandi, le indipendenti come le catene – non ci tengono particolarmente a parlarne, per timore che l’ammissione dei furti subiti possa incoraggiare altrui ladri all’azione.”.

Così inizia, sul POST, un pezzo interessante di Giacomo Papi sui ladri di libri nelle Librerie (https://www.ilpost.it/2016/04/11/chi-ruba-nelle-librerie/). La storia che invece, tra breve, conoscerete, è tutt’altra. Lo è per il luogo in cui è andata in scena, per la quantità e la qualità dei libri rubati e per le amicizie politiche del ladro in questione.

Come ho già avuto modo di ricordare in questo spazio il Maestro Alberto Manzi – che ho conosciuto e con cui ho lavorato – mi spiegava che la trama di un buon Romanzo si scrive iniziando dalla fine. Dunque, questa storia comincio a raccontarla dalla fine:

il ladro di libri in questione si chiama Marino Massimo De Caro, è nato a Bari, il 4 Gennaio del 1973 da una famiglia di sinistra (la sua casa era spesso frequentata da Massimo D’Alema e Giuseppe Vacca), e da giovane si era iscritto alla FGCI, in un tempo in cui i giovani come lui pensavano ad altro.

Poi, il ragazzo cresce, cambia completamente, e si rende responsabile del più grande furto di libri rari e antichi che sia mai stato perpetrato, rubando oltre 4.000 Volumi da una Biblioteca pubblica, la “Girolamini” di Napoli, di cui era Direttore (peraltro, senza averne titolo).

Alla fine, lo arrestano (grazie a diversi articoli di denuncia scritti dal Professor Tommaso Montanari) sul Fatto Quotidiano e De Caro si becca in diversi Processi, condanne “in continuazione”, nel senso che le diverse condanne si sommano le une alle altre, per un totale complessivo di 12 anni e tre mesi, scontati un po’ in diverse Carceri della Repubblica, un po’ ai domiciliari.

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Ora che avete saputo come questa storiaccia è andata a finire è il momento di conoscere gli elementi che di essa vi mancano, così che anche voi possiate completare il puzzle di questa storiaccia.

Intanto, una riflessione personale: quando, in gioventù, frequentavo la Biblioteca Nazionale Centrale di Viale Castro Pretorio, a Roma, mi sono sempre meravigliato di un Elenco nominativo che vedevo piazzato in bella vista sul Bancone dell’accettazione (dove mostri la tessera della Biblioteca e il tuo documento d’identità, prima di andare a richiedere i Testi per cui sei li). Chieste spiegazioni, mi venne risposto che quella era la “Lista nera”, ovvero l’elenco nominativo di coloro che non potevano più mettere piede in nessuna Biblioteca pubblica, perché avevano rubato o vandalizzato dei libri in esse contenuti.

Potete allora immaginare la mia sorpresa quando ho scoperto la storia di questo individuo che di libri ne ha rubati a strafottere, avendo a disposizione – per sé solo – un’intera Biblioteca piena di Volumi assai preziosi (Volumi che collezionava e, al bisogno, vendeva incassando fior di Euro; attività questa per la quale era divenuto assai noto nell’ambiente dei bibliofili, più o meno onesti, e delle Case D’Asta, nazionali ed internazionali). Certo una storia che ha dell’incredibile, ma è, purtroppo, tremendamente vera. Una storia che ho conosciuto attraverso l’ascolto di un Podcast di Rai Play Sound, di cui sotto trovate gli estremi.

Ma veniamo ai particolari. Partiamo dalla location: si tratta del Complesso Monumentale dei “Girolamini” che si trova a Napoli, nella Piazza omonima, difronte al Duomo della città partenopea (in cui sono conservati il corpo e il sangue di San Gennaro). All’interno di quel Complesso, che è un Convento gestito dall’Ordine degli Oratoriani (o Filippini), c’è un’importante Biblioteca – fondata dagli spagnoli nel ‘500, più esattamente nel 1586 – nota in e invidiataci da tutto il mondo, e per l’importante dotazione di libri antichi e rari – nelle sue Sale sono raccolti circa 160mila titoli, tra cui 94 incunaboli e 5mila cinquecentine – e per il suo Archivio Musicale, che comprende la più cospicua raccolta di spartiti di musica sacra napoletana del Seicento e Settecento.

Si tratta della prima Biblioteca ad aprire al pubblico nel ‘500 nonché della Biblioteca frequentata da Gian Battista Vico – filosofo, storico e giurista partenopeo dell’”Età dei Lumi”, la cui tomba si trova nella Chiesa sita all’interno di quel Complesso Monumentale – esponente importante, il Vico, della nostra cultura e al quale, a Memoria di questa sua assidua frequentazione, è stata dedicata una Sala interna della Biblioteca.

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Bene – sebbene, per Statuto, il Direttore di quella Biblioteca debba essere obbligatoriamente un Religioso – nel 2011, Marino Massimo De Caro – al tempo consulente per le bioenergie dell’allora Ministro dell’Agricoltura, il Forzista Giancarlo Galan – viene nominato – grazie anche ai buoni uffici del Senatore Marcello Dell’Utri –  dall’allora Ministro dei Beni e delle Attività Culturali, Sandro Bondi (Popolo Delle Libertà), Direttore della “Girolamini”, come avete letto, la più antica e prestigiosa Biblioteca pubblica napoletana. Questo avviene avendo il Ministro dichiarato, per iscritto nel Decreto di Nomina, che per quella carica, poiché non c’erano, al momento, Prelati disponibili, Marino Massimo De Caro era la persona più indicata, sebbene egli non possedesse alcun titolo specifico che lo facesse ritenere in grado di dirigere quella particolare Biblioteca specialistica.

De Caro è uno che si spaccia per massimo esperto di Galileo Galilei, uno che già colleziona, ruba e falsifica libri antichi e uno che anche qui si spaccia per esperto del settore. Per questa sua attività, è ammanicato col Vaticano e con politici e affaristi di mezzo mondo, non tutti di specchiata onestà, ai quali  fornisce libri antichi che appunto ruba nelle Biblioteche e/o falsifica con estrema destrezza e capacità..

In Italia, Marino Massimo De Caro, è molto amico del Senatore Marcello Dell’Utri (noto bibliofilo) al quale il Falsario e ladro di libri venderà dei Volumi antichi, provenienti proprio dalla “Girolamini” (libri che, quando De Caro sarà arrestato, Dell’Utri dichiarerà di non sapere che fossero rubati) e grazie al quale De Caro arriverà ad occupare quel posto prestigioso alla direzione della “Girolamini”, per il quale – lo ribadisco – non aveva nessun titolo.

Una volta insediato, De Caro: con la scusa di una ristrutturazione dei locali della Biblioteca, in parte bisognevoli di restauro, chiude l’accesso del pubblico alle Sale; fa disattivare il sistema d’allarme, sostenendo che si recherà in Biblioteca anche di notte e non può perdere tempo con i codici dell’allarme; toglie le chiavi della Biblioteca ai due Religiosi Conservatori restando, con la sua Assistente, gli unici a detenerle. Effettivamente ristruttura i locali della Biblioteca, ricavandone alcune stanze (una la tiene per sé e una è per la sua Assistente) sostenendo che le restanti potevano essere affittate dai Religiosi Filippini; si porta in Biblioteca il proprio cane, trasformando dunque quella parte del prestigioso Immobile pubblico in una sua personale dependance nella quale, di fatto, si acquartiera (leggi vive) per meglio “sovraintendere” al piano di spoliazione sistematica dei Volumi della Biblioteca che ha in mente e porta a termine con determinazione degna di altra causa, smembrando e mutilando – scriveranno gli Inquirenti – forse irrimediabilmente la Biblioteca che doveva dirigere.

A questo punto De Caro comincia a svaligiare la Biblioteca, infilando di notte i preziosi Volumi – contenuti, ad esempio, nella “Sala Vico” che diventa la sua ‘Sala Operativa’ – in grandi contenitori che, sempre di notte, porta via caricandoli a bordo di un furgone. Ma i controlli, direte voi? Niente di che. D’altronde a che serve essere il Direttore e a che servono, sennò, le amicizie politiche, mantenute magari a suon di antichi libri, anch’essi depredati al nostro Paese.

Ed è proprio nella “Sala Vico” della Biblioteca “Girolamini” – ridotta in modo indegno – che il Professor Montanari – dopo essere stato accolto, all’ingresso, da un cane lupo, con un osso in bocca (il cane del De Caro) e da un’avvenente ragazza ucraina, incontrata mentre usciva da un bagno, con indosso ancora la tenuta notturna – trova De Caro in tuta da ginnastica, intento a sfogliare dei libri antichi.

Dopo quella visita escono gli articoli del Professor Montanari su “Il Fatto Quotidiano” e scoppia il “Caso De Caro”. Arrivano in Biblioteca i Carabinieri del Comando Tutela Patrimonio Culturale, coordinato all’epoca dal Generale Pasquale Muggero, e il Direttore senza titoli della “Girolamini” finisce, come avete letto in precedenza, agli arresti. Sotto trovate, riportato integralmente, uno degli articoli di denuncia del Professor Montanari.

Ma per De Caro c’è ancora un’Appendice giudiziaria: nel Marzo del 2016, la Corte dei Conti di Roma ha, infatti, respinto l’Appello, presentato dai suoi Legali. Il Collegio giudicante, presieduto dal Dr. Nicola Leone, ha deciso “la piena conferma” della Sentenza di primo grado con la quale De Caro e il Conservatore Sandro Marsano erano stati condannati al pagamento di 19,4 milioni di Euro, in favore del Complesso Monumentale dei Girolamini. quantificando in quella cifra non indifferente il danno erariale procurato alla collettività dall’attività illecita di De Caro e di Marsano, danno finanziario interamente da rifondere dai due imputati. Poi, nel Marzo di quest’anno per De Caro arriva un’altra condanna  a cinque anni  e 3 mesi per peculato che – come avete letto sopra – aggiunti alla precedente condanna a 7 anni, fa complessivamente 12 anni e tre mesi di reclusione.

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Per completezza di informazione, va evidenziato che, nel corso degli anni, la quasi totalità dei libri antichi e rari trafugati dal De Caro è stata sequestrata e recuperata (in Italia e all’estero al patrimonio culturale nazionale, grazie all’attività del Comando Tutela Patrimonio Culturale dei Carabinieri, sulla base di quanto De Caro andava, via via, dichiarando e grazie alle indagini svolte dagli Investigatori specializzati dell’Arma.

Ciò non ostante, l’impresa criminale di Marino Massimo De Caro resta una macchia indelebile nella tutela del nostro patrimonio culturale, dovuta alla poca sorveglianza e anche agli indecenti appoggi politici di cui De Caro ha goduto. (*)

Da ultimo, occorre segnalare che sulla storiaccia di cui avete appena letto sono stati prodotti è un libro (“Max Fox o le relazioni pericolose”, scritto dallo Storico Sergio Luzzatto, per i tipi della Einaudi). Testo duramente criticato dal Professo Montanari, che lo ha definito: “un’indegna apologia di un ladro di libri” e anche un Documentario intitolato ”Ladro di Libri”, diretto da Antonio Castaldo e trasmesso dalla Rete Sky Arte, in replica, ad Aprile di quest’anno.

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Dunque, siamo arrivati alla fine di questa storiaccia di furto ripetuto e continuato di libri, ma non solo. A questo punto, oltre a quello di approfondirla, se quanto avete letto vi ha interessato, mi sento di darvi un altro consiglio: come avrete certamente capito, la storia di cui sopra insegna a stare molto attenti, quando si entra in una Libreria o in una Biblioteca. Dunque, se e quando frequentate e/o frequenterete questi due luoghi di cultura, fate la massima attenzione, per non finire nella Lista nera dei “reietti” della cultura medesima.

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La presente Nota è stata resa possibile anche dall’ascolto del Podcast in sei puntate di Rai Play Sound  intitolato: “Il Falso,”, che potete ascoltare qui: https://www.raiplaysound.it/audio/2024/10/Il-Falso-Ep01-Il-vizio-dei-libri-a4ac9c27-4846-46be-971e-0435f06358f1.html

(*) Nel 2022, a dieci anni dalla scoperta del saccheggio librario di De Caro, la vicenda processuale della Biblioteca dei Girolamini non era ancora conclusa ma almeno la Procura di Napoli ne dispose il dissequestro. Un passo importante per restituirla agli Studiosi, che già hanno ricominciato a frequentarla, seppure con ovvie limitazioni.

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In 500: Ornaghi dimetta De Caro

di Tomaso Montanari

(pubblicato giovedì, 19 Aprile 2012)

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Per la senatrice PDL Diana De Feo, Marino Massimo De Caro è chino sui libri della Biblioteca napoletana dei Girolamini «come un medico che amorevolmente esamina i pazienti da curare» (Corriere del Mezzogiorno, 12 aprile). Meno entusiasti della moglie di Emilio Fede, sono gli oltre cinquecento intellettuali che (partendo dalla denuncia pubblicata dal Fatto il 30 marzo) hanno firmato una dura petizione al ministro dei Beni Culturali Lorenzo Ornaghi «a proposito dello stranissimo e increscioso affare che riguarda l’attuale direzione della Biblioteca Nazionale dei Girolamini a Napoli, una delle biblioteche storiche più gloriose d’Italia». (L’elenco completo delle circa 500 firme ad oggi pervenute si trova in www.patrimoniosos.it; la petizione si può firmare nella pagina web.).

Dopo quelli di un folto gruppo di protagonisti della vita culturale napoletana (tra cui Francesco Caglioti, Gerardo Marotta, Mirella Barracco, Cesare de Seta, Andrea Graziosi, Alberto Lucarelli, Paolo Macry), spiccano i nomi di Giuliano Amato, Salvatore Settis, Gustavo Zagrebelsky, Remo Bodei, Giulietto Chiesa, Michele Dantini, Marcello De Cecco, Ennio Di Nolfo, Dario Fo e Franca Rame, Carlo Ginzburg, Tullio Gregory, Gioacchino Lanza Tomasi, Adriano La Regina, Gian Giacomo Migone, Alessandra Mottola Molfino (presidente di Italia Nostra), Lamberto Maffei (presidente dell’Accademia dei Lincei), Dacia Maraini, Stefano Parise (presidente dell’Associazione Italiana Biblioteche), Adriano Prosperi, Anna Maria Rao, Francesca Rigotti, Stefano Rodotà, Raffaele Romanelli, Oliviero Toscani, Gianni Vattimo, Rosario Villari, Giuliano Volpe.

I firmatari chiedono «come sia possibile che la direzione dei Girolamini sia stata affidata dai padri filippini, con l’avallo del Ministero che ne è ultimo responsabile, a un uomo (Marino Massimo De Caro) che non ha i benché minimi titoli scientifici e la benché minima competenza professionale per onorare quel ruolo. E perché questa scelta sia stata fatta in un Paese e in un’epoca affollati fino all’inverosimile di espertissimi paleografi, codicologi, filologi, storici del libro, storici dell’editoria, bibliotecari, archivisti, usciti dalle migliori scuole universitarie e ministeriali, e finiti sulle strade della disoccupazione o della sotto-occupazione (call centers, pizzerie, servizi di custodia)». E chi scrive sa cosa dice: moltissime tra le altre centinaia di firme appartengono ad alcuni dei più autorevoli esperti italiani in fatto di manoscritti, libri e biblioteche.

L’appello al ministro Ornaghi si conclude in crescendo, domandando come sia possibile che un protagonista del Sottobosco di Claudio Gatti e Ferruccio Sansa sia diventato il direttore di una fragilissima biblioteca storica statale: «chiediamo inoltre come mai una figura dai trascorsi così poco chiari e poco chiariti sia stata messa a capo di un istituto che oggi come non mai ha bisogno, tutt’al contrario, non solo di una guida ferrea e irreprensibile, ma di un rappresentante – ben facile da trovare – che respinga ad anni-luce da sé i sospetti di ogni collegamento con quelle gravissime perdite più o meno recenti del loro patrimonio librario che i padri filippini per primi denunciano in questi mesi».

I firmatari chiedono, infine, a Ornaghi di agire concretamente, e di «riconsiderare con molta attenzione la scelta di Marino Massimo De Caro come direttore dei Girolamini (nonché come Suo consigliere personale), di voler creare una commissione pubblica d’inchiesta sull’amministrazione passata e recente di questa biblioteca, prima che la memoria storica dei Girolamini rimanga affidata soltanto a una maestosa architettura ferita e umiliata, tragicamente solitaria nel cuore di una rete mondiale di traffici rapaci».

L’incidente non è di poco conto: confermando in blocco tutti i consiglieri e lo staff stratificatisi negli ultimi mandati governativi Ornaghi ha scelto di non far uscire il Mibac dai meandri del sottobosco dell’era berlusconiana. Ma nel caso dei Girolamini questo comodo immobilismo rischia di avere conseguenze gravissime, e la caratura delle firme mostra che la sostanziale sede vacante del Collegio Romano inizia ormai a destare serie preoccupazioni. Di fronte a una sollevazione così autorevole e trasversale, Ornaghi troverà il coraggio di battere un colpo?

(Fonte:https://www.minimaetmoralia.it/wp/giornalismo/in-500-ornaghi-dimetta-de-caro/


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