#IoRestoaCasa, terzo giorno
Diario di emozioni e sentimenti al tempo del CoronavirusContinuavo a pensare a cosa potessi fare io di buono, nel mio infinito piccolo, in questa drammatica situazione. Ma certo! Scrivere. Condividere. Provare a stare insieme con le parole, ascoltare e rispondere. Ecco farò questo!
Cari tutti quelli che avranno la bontà di leggermi, desidero scrivere una volta al giorno, per tutta la durata di questa surreale quarantena da Coronavirus.
Una volta al giorno per raccontare, suggerire, provare a capire, urlare, piangere e ripartire tutti insieme. Uno spazio bianco da riempire.
Proporre uno spunto.
Io personalmente se c’è una cosa che ho intenzione di comprendere bene questa volta, è che la storia del piccolo orticello… deve essere seppellita definitivamente per “arare” tutti uniti un campo fertile dove ognuno possa costruire un pezzo della sua vita, gioia e libertà!
Forza amici si comincia!
#tuttiacasa
Tutti a casa. E si fa presto a dire tutti a casa… Jovanotti scriveva: “Io voglio andare a casa, la casa dov’è… la casa dove posso stare in pace con te (… 1997…, sì lo so un po’ datato ma i più sapranno di cosa parlo, il resto andate ad ascoltarla perché merita, soprattutto in questo momento).
Non starò qui a sentenziare se è giusta o sbagliata come misura, non è questa la sede e neanche il momento; se giusto o sbagliato lo diremo fra anni, quindi sedetevi comodi e parliamo d’altro, il gioco “io avrei saputo di certo cosa fare e quale giocatore schierare sulla fascia” lo facciamo dopo.
Quindi dicevamo… Chiusi in casa. E qui casca subito l’asino signore e signori miei. Avete mai sentito quel modo di dire
“Devi stare attento a ciò che desideri, potresti ottenerlo”?
(Citazione del cattivo Top Dollar nel film “Il corvo” – 1994… di nuovo anni 90′, che nessuno ironizzi. Se non l’avete visto correte ai ripari immediatamente) beh, ora ci è successo!
Quando ancora alle 5 del pomeriggio facevamo lo slalom tra decine di impegni, lieti e meno, e il miraggio di tornare a casa è ancora lontano. Quando suona la sveglia la mattina e l’unica cosa che desideri è quella di sopprimerla e rimanere a letto almeno altre due ore. Quando per uscire da casa saresti disposto a pagare profumatamente qualcun altro, perché in ufficio vedrai ancora una volta la faccio del tuo capo, che prima di dirti buongiorno ovviamente ti chiede se hai fatto quello che ti ha chiesto ieri un minuto prima di uscire.
Ecco. Concentriamoci su questo. Per un momento. Ancora un po’… si… visualizziamolo meglio, eccolo, adesso che hai fatto quella smorfia sbilenca, l’hai centrato.
Ora, prima di procedere, facciamo una doverosa precisazione. E’ chiaro che nessuno di noi si augurava che il mondo fosse travolto da una pandemia e che il paese rischiasse un tracollo economico per poter rimanere a casa. Questa mi sembra cosa ovvia. Nessuno di noi avrebbe disegnato uno scenario tanto nero pur di non vedere la faccia del proprio capo o per chiudere qualche giorno la propria attività.
Il punto però è che ci troviamo a casa. Costretti dagli eventi terribili, ma a casa.
Tempo e valore
Per la serie ogni giorno ha la sua pena, partiamo da qui. Non è nelle nostre possibilità cambiare il corso degli eventi, quindi tentiamo di dipanare la matassa dei pensieri che abbiamo in testa e afferriamo un lembo.
Se devo stare a casa, e dobbiamo farlo davvero, che questo tempo trovi il suo valore. Valore che bella parola. Tempo e valore.
Anche qui, fermi un momento (tanto siamo fermi a casa), quante volte ci siamo chiesti il valore del nostro tempo. Non quello economico, no. Qui non possiamo remunerare il nostro tempo ma solo provare a guardarlo e dargli il giusto valore per noi.
Una rivoluzione. Il tempo nelle tue mani.
Oddio, no, che roba è. Non maneggiamolo come se fosse la Kryptonite verde di superman ma accogliamolo come la cosa più cara al mondo… perché lo è.
Resilienza
E’ vero non possiamo fare il 90% delle cose che vorremmo fare: viaggi, amici, palestra, locali, centri benessere, shopping… Ok avete ragione ma non per questo dobbiamo pensare che il tempo da trascorrere con la nostra famiglia e con noi stessi debba essere necessariamente da buttare o da maledire.
E’ il momento di fare i conti con il focolare, nel senso buono del termine.
So bene che nessuno di noi ha la serenità necessaria per trarre il meglio da questa situazione, e che i suggerimenti a trovare il lato positivo della faccenda urtano il sistema nervoso, ma non è questo quello che intendo. Non sto suggerendo di decorare il balcone con dei fiori o di preparare torte alle fragole per scacciare i brutti pensieri (anche se il balcone obiettivamente è un disastro e che cucinare aumenta la serotonina). Sto chiedendo di esercitare la resilienza. Resilienza: la capacità di reagire di fronte a traumi, difficoltà, ecc.
Risorse
Esploriamo le nostre risorse. Non diamo sfogo al peggio di noi, lamentandoci delle chat di gruppo impazzite in questi giorni, criticando qualsiasi decisione presa dagli altri e postando foto di gente in giro, per crocifiggerla a prescindere, ma giustificando però ogni nostra singola azione. No. Vi supplico usciamo dal tunnel.
Resilienza ragazzi miei. Resilienza.
Proviamoci. E’gratis.
Io ci sto provando. E’ difficile ma è il contributo che possiamo dare in questa condizione paradossale.
Una condizione dove si passa da discriminatori a discriminati alle frontiere anche se si viaggia con la Louis Vuitton. Dove senza nessuna colpa ci viene negata la libertà e il tempo può diventare il peggior nemico di ognuno.
Il bacio
Ieri il mio primo gesto di resilienza è stato un bacio. Ho guardato mio marito e ho pensato che a volte mi lamento con lui perché mi sento trascurata, non apprezzata e che mi aspetto spesso da lui cose che non immagina nemmeno per superficialità.
L’ho guardato di nuovo. E ancora. Poi mi sono alzata e l’ho baciato. Ma non quei bacetti distratti che ci si scambia quando si esce o si rientra da casa. Un bacio vero. Cercato. Voluto e sentito. Lungo e speciale. Resilienza. Ho smesso di aspettarlo, l’ho dato io, ed è stato inaspettatamente l’inizio.
Qual’è il vostro inizio? Qual’è il vostro gesto di resilienza oggi?
Ilaria Pacelli
Francesca
14 Marzo 2020 alle 10:44
…..Ilaria cara…..per ora con gli occhi gonfi di lacrime riesco solo a dirti…che ti voglio bene…come quando eri piccola….
..,,mi ripeto continuamente…ANDRATUTTOBENE…..magari ripetendolo forte riesco a convincere anche me!!!
Ilaria
15 Marzo 2020 alle 13:35
Cara Francesca
Innanzitutto grazie per il tempo che mi hai dedicato in questo momento così surreale.
Proviamo a pensare di non doverci convincere di qualcosa che ci hanno detto di sperare. Proviamo a trovare le risorse dentro di noi, per costruire gli strumenti che ci renderanno in grado di gestire, superare e fare memoria di quanto accade. Allora si che saremo forti e resilienti!
Pierluigi
15 Marzo 2020 alle 11:45
State #tuttiacasa che io non posso per lavoro, ma quanto mi piacerebbe, invidio tutti quelli che ci stanno perché questo non è un gioco e stare a casa non deve essere un sacrificio perché ci è stato imposto, ma stare a casa è un piacere che in tutti questi anni senza virus abbiamo cercato ed ora che lo abbiamo godiamolo
Ilaria
15 Marzo 2020 alle 13:38
Caro Pierluigi
Sai profondamente quanto posso capire.
Oltre quello che ci viene imposto, come giustamente ricordi, peschiamo dal nostro potenziale per vivere ed elaborare nostre strategie vincenti utili a supportarci fuori e dentro casa.
ORNELLA
20 Marzo 2020 alle 09:16
L’epidemia da corona virus, iniziata in Cina e diffusa in gran parte del mondo, Italia compresa, ha generato comprensibilmente panico e paura, trovando tutti impreparati a fronteggiare, organizzare e gestire un evento di natura eccezionale nella sua misura e pericolosità.
L’epidemia, attraverso privazioni e limitazioni, ha costretto ognuno di noi, a modificare abitudini e stili di vita, a gestire il tempo in modo diverso e ad apprezzare i rapporti interpersonali con serenità e dedizione, senza la frenesia e l’iperattività del quotidiano, che spesso lo impedisce.
È evidente che i cambiamenti, specie se indotti, sono difficili da digerire.
Però, in questo drammatico momento, tutti abbiamo dato prova di forza e di coraggio. Dai più giovani ai più anziani, abbiamo compreso l’urgente necessità di contenere la diffusione del virus, ed eseguito rispettosi le indicazioni delle Autorità, sulle misure e sui comportamenti da adottare.
Quello che è emerso è che, il cambiamento forzato rende tutti simili. Simili nella paura, nella rinuncia alle abitudini, perché tutti uguali e ugualmente fragili.
La paura del contagio, di perdere quello che si ha, quello che ci appartiene. Il panico che si avverte nell’incapacità di gestire l’emergenza e tutto quello che trascina con sé.
Accettare di restare in casa e di non uscire, se non per motivi di estrema necessità. Trovare consolazione attraverso le video chiamate di parenti a amici.
Quando ci si ferma, si ha più tempo di riflettere sulle priorità della vita, sulla salute, su l’amore, sull’amicizia, sugli affetti in genere.
Riscopriamo la musica, la lettura di un buon libro, la cucina. Torniamo a giocare, a cantare, a commuoverci, a ridere e scherzare, accantonando il rigore e la sobrietà che, troppo spesso occupa la nostra mente e ci condiziona.
Torniamo a parlare ma soprattutto ad ascoltare, perché le parole hanno un peso e specie in alcuni momenti, avvicinano e confortano.
L’arresto improvviso delle abitudini e l’inattività, fa riemergere vizi e virtù della comunità, vigliaccherie e atti eroici dell’individuo che la quotidianità normalmente nasconde.
E, mentre buona parte di noi, è alle prese con i cambiamenti e con la noia, c’è chi si addormenta sul PC per aver prestato ininterrottamente soccorso alle persone infettate dal maledetto, disarmante fantasma killer.
Ilaria, anch’io come te, voglio citare un brano di Jovanotti “io vedo positivo perché son vivo perché son vivo”.
Dell’evento straordinario, ognuno cerchi di cogliere l’aspetto meno drammatico, sperando ovviamente di uscirne prima possibile, e comunque rafforzati da energia positiva che fa superare ogni ostacolo ed è sempre vincente.
Sono felice che tu possa trovare con la scrittura conforto. Ho apprezzato il tuo scritto, lo condivido e sei bravissima.
Per quanto buia può essere la notte, segue sempre l’alba.
Ti abbraccio virtualmente e abbraccio tutti noi.
“Andrà tutto bene”
Ilaria
20 Marzo 2020 alle 13:54
Grazie per il tempo che mi hai dedicato. E soprattutto grazie per il tempo che hai dedicato a rispondermi! Le tue considerazioni sono per noi preziose
ornella
20 Marzo 2020 alle 10:35
È evidente come la pandemia abbia lasciato i suoi segni.
È vero. Ci ha trovati impreparati a fronteggiare un evento di questa portata, ma, se da un lato ci ha stravolto la nostra vita, obbligandoci a modificare abitudini quotidiane e a fare i conti con attacchi improvvisi di ansia, dall’altro ci ha fatto ritrovare e ci ha consegnato momenti di riflessione.
Quando ci si ferma questo succede.
Posso dire allora che, al di là dei morti, tanti, troppi purtroppo, e degli infettati che in questo momento stanno soffrendo e lottando contro il virus, ai quali ovviamente auguro una rapida guarigione, il divieto di uscire di casa, è probabilmente quello che, come peccatori di onnipotenza meritavamo.
Noi super man e super woman che, in tempi di non virus, osserviamo distaccati le negatività del mondo, come non ci appartenessero, con superficialità e falso pietismo, abituati più che mai, alle sofferenze, alla miseria degli altri, alle guerre, alle stragi, al terrorismo, agli attentati, ai disperati che affrontano il mare in cerca di terre ospitali, alle calamità naturali.
Non basta, siamo anche assuefatti ai comportamenti scorretti, ai litigi, agli scontri verbali, maleducati, irrispettosi, alle violenze morali e fisiche contro le donne, gli anziani e i bambini.
Nelle giornate in cui ricorrono celebrazioni, commemorazioni, festività religiose e commerciali, ricorrenze in genere, ci risvegliamo dal torpore, dall’indifferenza e improvvisamente ricordiamo e nel ricordo, cambiamo registro e, almeno in quel giorno, diventiamo tutti più sensibili, più rispettosi, più preoccupati e attenti, mettiamo a fuoco i valori veri, e con determinazione e convinzione, rivendichiamo l’importanza dell’avvenimento specifico e ne manifestiamo il dissenso con il ritorno alla memoria al posto dell’apatia.
Peccato che dura poco, il giorno dopo è nuovamente acqua passata.
Ecco che allora a ricordarci di quanto siamo piccoli, vulnerabili, provvisori e facilmente attaccabili e che da un giorno all’altro ci può cambiare la vita, interviene, il fantasma killer, il virus che attacca con una stretta di mano, con un abbraccio e che ridimensiona tutto e tutti rendendoci simili, nella paura, nel panico, nella fragilità.
Il virus malefico, che non avverte quando s’insidia e che non ha preferenze su ci colpire.
Anzi, se ne guarda bene dal colpire i bambini, anime innocenti, come a volerci significare, che sono loro, insieme agli animali, esenti da peccati, esenti da colpe e responsabilità nei valori, e assolutamente innocenti rispetto al collasso del pianeta Terra.
Piuttosto l’accusa è rivolta ai potenti, ai grandi, si fa per dire, che per fini egoistici, deforestano, immettono e disperdono gas venefici e micro plastiche, distruggono riserve naturali, inquinano le acque con scorie nucleari e materiale radioattivo, consegnano ai posteri un mondo sporco, non curanti delle mutazioni e di quello che queste possono originare, quali malattie fisiche e psichiche, alterazioni genetiche, terremoti, alluvioni, desertificazione e chi più ne ha più ne metta.
E, se il virus, ci ha in qualche modo unito, e obbligato a rispettare le regole per il bene comune, dovremmo cercare sempre, restando uniti, di non dimenticare questa triste esperienza e di mettere da parte le nostre stranezze, i nostri egoismi quando tutto sarà finito.
Abbiamo una sola casa, la Terra e una sola vita, la nostra, da vivere possibilmente in salute, in pace e in tranquillità.
Non dimentichiamolo!
Ilaria
20 Marzo 2020 alle 13:54
Grazie infinite!
Ilaria
20 Marzo 2020 alle 13:55
Grazie per il tempo che mi hai dedicato. E soprattutto grazie per il tempo che hai dedicato a rispondermi! Le tue considerazioni sono per noi preziose
ornella
25 Marzo 2020 alle 11:11
Gli effetti del corona virus
Le restrizioni, la chiusura forzata, gli impedimenti, le regole da rispettare, i cambiamenti, gli obblighi, accettati dalla popolazione, seppur a malincuore, iniziano a pesare.
Piuttosto evidenti i segni di stanchezza e di sfiducia nell’assistere quotidianamente alla crescita dei contagi e dei decessi. La fine dell’incubo, al momento, resta ancora lontana.
Gli effetti dell’epidemia, divenuta ormai pandemia, visti i Paesi interessati al contagio, sono diversi, alcuni negativi altri straordinariamente positivi.
Tra i negativi, in primis ovviamente i decessi e le persone infettate.
A seguire l’insonnia, l’insofferenza, la noia, il disagio causato dallo stravolgimento delle abitudini e dello stile di vita di ognuno. Il tempo che si ferma all’interno di quattro mura e che mette a dura prova la forzata convivenza tra i coabitanti, costretti a condividere, giorno dopo giorno, spazi a volte anche ridotti.
Ecco che allora, compaiono i primi segnali di stanchezza, di nervosismo, d’inquietudine. La pazienza si riduce, avanza l’oppressione, il soffocamento. Si fa a gara, su chi deve provvedere a portare fuori il cane, a gettare l’immondizia, a recarsi in farmacia oppure a fare la spesa, pur di uscire di casa.
Poi, ci sono gli anziani, con le loro limitazioni, la loro fragilità, bisognosi di cure e attenzioni e che ora sono obbligati a dover provvedere da soli, a fare i conti con una solitudine che ben conoscono, ma sommata a panico e paura. I più fortunati tra loro, si appoggiano ai figli, che provvedono alla fornitura di beni essenziali e, se occorre ad intervenire per motivi più seri.
Penso ai lavoratori, ai professionisti della salute, ai medici, al personale infermieristico, che ha dato e sta dando prova di resilienza. Persone instancabili, costrette a svolgere il proprio lavoro, in condizioni a volte precarie, con turni estenuanti, il cui compito, non facile, è di soccorrere e salvare vite umane, con il rischio di rimetterci la propria. A loro, va il ringraziamento dell’intera comunità, per l’impegno costante e per aver saputo fronteggiare l’emergenza in modo encomiabile, sopperendo alle difficoltà gestionali con sacrificio e dedizione, utilizzando al meglio i mezzi a disposizione con l’obiettivo primario di stroncare, prima possibile, l’avanzare dei contagi e mettere fine alla pandemia.
Penso a chi il lavoro l’ha perso, ai piccoli imprenditori, ai commercianti, costretti a chiudere le proprie attività. A loro, il governo ha stanziato delle somme e resettato i pagamenti. Poca cosa, ma è un sostegno iniziale, nella speranza che possano continuare a svolgere la propria attività, anche al termine di questo supplizio.
Penso ai lavoratori, a chi si è dovuto reinventare. Agli insegnanti, che con la chiusura della scuola, hanno dovuto modificare e attualizzare lo svolgimento delle lezioni ai loro studenti, per la continuità didattica, ricorrendo all’ utilizzo dei PC, con video conferenze e video chat.
Penso ai bambini, che al pari degli anziani sono quelli che, risentono maggiormente dei cambiamenti. Esclusi i più grandi, che hanno avuto modo di comprendere l’accaduto, mi chiedo, cos’è che frulla nella testa dei più piccini? Tutto stravolto da un giorno all’altro. L’asilo chiuso, negozi chiusi, parchi chiusi. Niente giostrine, chiuse anche loro. Alcuni, costretti a stare, tante ore in pochi metri quadri, con movimenti e attività limitate, col divieto di uscire, di saltare, di correre. Valli un po’ a fermare! Non incontrano più, da giorni, i loro amichetti, le insegnanti, gli zii e i nonni. Che supplizio! Meno male che la tecnologia ci viene incontro con le video chiamate e le video chat. Almeno quello!
Penso a tutte le persone, ai giovani, fuori dall’Italia e non solo, per lavoro o per vacanza, che non hanno fatto in tempo a rientrare nel proprio Paese d’origine e, per questo, impossibilitati a raggiungere i familiari, a stare con loro e insieme trovare consolazione. Penso all’ansia e allo sconforto di trovarsi soli, privi del supporto e del calore dei loro cari e viceversa.
Penso a chi invece, è riuscito a raggiungere i familiari, e loro malgrado, ha però, purtroppo infettato i ricongiunti.
Penso ai malati, ai disabili, a chi è affetto da gravi patologie, agli autistici, che più di ogni altro, risente dei cambiamenti, di quando viene meno la normalità.
Voglio credere che, per tutti questi, ci sia la ripresa e che tutti possano ritornare alla vita di sempre senza complicazioni di alcun tipo, senza però dimenticare.
Quali sono invece gli effetti positivi? Possibile che un attacco virale di portata catastrofica possa generare effetti positivi? Ebbene sì.
La storia insegna che, dopo un evento catastrofico, un trauma, di qualsivoglia natura, generalmente, oltre al dolore, all’ affanno iniziale fa seguito la ripresa, la rinascita.
Penso alla voglia di condivisione, all’unione dei popoli, alla comunanza, alla solidarietà a partire dai piccoli slanci di altruismo, per arrivare all’apertura e all’aiuto tra le nazioni, unite nella buona e cattiva sorte.
Penso ai gesti di soccorso, ripetuti all’infinito, all’impegno costante dei volontari, dei militari e di tutte le forze armate, all’impegno ininterrotto, profuso dal personale paramedico e medico, che non si è risparmiato in energia e volontà.
Penso all’assunzione di tanti giovani neo laureti, che senza passare per l’esame di stato, hanno avuto l’opportunità di essere assunti, chiamati a dare supporto al personale medico momentaneamente insufficiente.
Penso a tutti i medici, oltre 800 dottori, che hanno dato la propria disponibilità per raggiungere le zone più colpite dal virus, alla scelta coraggiosa, encomiabile di lasciare le proprie famiglie per portare un valido, consistente contributo a chi è già in prima linea. Un alto segno di civiltà e umanità. Anche a loro va un grande ringraziamento.
Penso ai ricongiungimenti tra coniugi, alla ripresa del dialogo tra loro, alla spiegazione delle incomprensioni, al perdono per le offese, alla definizione di problemi di difficile soluzione.
Penso alle relazioni tra padri e figli, al tempo dedicato al gioco, a parlare, ad ascoltare. Il castigo di restare in casa ha consentito questo, ha permesso di essere più attenti e più partecipi alle loro problematiche e ai loro sogni.
Penso alla riduzione dello smog, ai cieli sgombri dal grigiore, dal fastidioso e tossico pulviscolo presente in tempo di non virus.
Penso ai mari, che in assenza del transito delle navi da crociera e d’imbarcazioni in genere, sono tornati al loro colore e trasparenza, e solcati da esemplari tipo i delfini, che raggiungono tranquillamente la costa cosa che non avveniva più da tempo.
Penso alla revisione del palinsesto RAI, ai programmi per lo più demenziali, fortunatamente interrotti, e a quelli culturali e formativi, viva Dio, trasmessi in sostituzione. Altra conquista da non sottovalutare.
Penso alla ripresa dell’attività di alcuni esercenti, piccoli commercianti, pochi in verità, destinati a chiudere definitivamente e che, il destino ha voluto far riemergere e ai quali naturalmente auguro di restare aperti.
Penso al senso di appartenenza che ha unito gli italiani, dal canto dell’inno di Mameli, intonato sui balconi, al sacrificio unanime, nel rispetto delle regole e delle misure imposte dalle Autorità competenti, a dimostrazione di aver compreso la gravità e la pericolosità del virus maledetto e di volerlo combattere con tutte le forze.
Penso al non caos, al silenzio di queste giornate che si ascolta volentieri, che riposa, e che acutizza il pianto e il riso di un bimbo, il cinguettio dell’uccello, il sibilo del vento, il rumore dei passi sull’asfalto. Silenzio, che viene interrotto soltanto al passaggio delle ambulanze.
Infine penso all’esaltazione massima della creatività, in ogni sua forma ed espressione, indotta dalla riflessione presente soprattutto, nei momenti in cui interviene qualcosa o qualcuno che ci strapazza e che, già ha lasciato segni, con brani musicali inediti, composizioni, testi, racconti, poesie ispirata chiaramente al periodo drammatico che abbiamo e stiamo tuttora vivendo.
Altre forme artistiche seguiranno la stessa scia e, ugualmente trasformeranno la ferita, il dolore, la perdita, in qualcosa di straordinario che rimarrà impressa nella storia.
Questo è quello che io chiamo rinascita.