Istituire il 19 febbraio la Giornata della memoria per ricordare le vittime del colonialismo italiano in Africa
Perché la Giornata della memoria il 19 febbraio
Il 19 febbraio 1937 inizia in Etiopia una sanguinosa repressione, durata tre giorni, in seguito ad un attentato contro le nostre Autorità, compiuto da due patrioti eritrei.
Infatti, la mattina del 19 febbraio, che è il Giorno della Purificazione secondo il Calendario copto, nel palazzo imperiale Guenete Leul di Addis Abeba (chiamato anche Paradiso dei Principi o Piccolo Ghebbi), costruito all’inizio degli anni trenta, il generale Rodolfo Graziani, succeduto al Maresciallo Pietro Badoglio come Viceré dell’Etiopia e come Governatore Generale dell’Africa Orientale Italiana-AOI (costituita dall’unione dell’Eritrea, della Somalia e dell’Etiopia), organizza la solenne distribuzione di un tallero d’argento a cinquemila persone povere della Capitale etiopica, per onorare la nascita del primogenito del Principe Umberto, figlio del Re Vittorio Emanuele III.
Durante la cerimonia due giovani eritrei della resistenza alla nostra occupazione lanciano alcune bombe a mano contro Graziani e le autorità militari e civili italiane ed i numerosi notabili etiopi. Muoiono sette persone ed una cinquantina di altre sono ferite, tra le quali Graziani (che riporta molte ferite alla schiena ed alle gambe e rischia di morire dissanguato), i generali Arnaldo Petretti (Vice Governatore dell’AOI), Italo Gariboldi ed Aurelio Liotta ed il Governatore della Capitale Alfredo Siniscalchi.
I nostri soldati aprono il fuoco contro le migliaia di etiopi presenti, molti dei quali sono uccisi. Gli attentatori però riescono a fuggire.
L’attentato giustifica una durissima repressione, non solo ad Addis Abeba, ma in tutto il Paese, mediante una grande azione di “polizia coloniale”, per eliminare gli esponenti della classe notabile civile e militare etiopica, ritenuti oppositori alla nostra occupazione.
Si scatena una “caccia all’uomo”, durata tre giorni, nella quale sono coinvolti non solo i soldati dell’Esercito ed i militi fascisti delle Camicie Nere, istigati dal locale Federale (il Segretario del Partito fascista), ma anche molti civili italiani (sia impiegati coloniali che semplici lavoratori), che comporta l’uccisione di alcune migliaia di persone, compresi vecchi, donne, ragazzi e bambini, che sono “passati per le armi” ed anche impiccati o trucidati sommariamente in vario modo (anche a badilate). Intere famiglie muoiono nell’incendio delle loro capanne (tucul).
Il 22 febbraio 1937 Graziani invia il seguente telegramma a Mussolini: “In questi tre giorni ho fatto compiere nella città perquisizioni con l’ordine di far passare per le armi chiunque fosse trovato in possesso di strumenti bellici e che le loro case fossero incendiate. Sono state di conseguenza passate per le armi un migliaio di persone e bruciati quasi altrettanti tucul”.
Secondo Angelo Del Boca, il massimo esperto del nostro Colonialismo in Africa, scomparso il 6 luglio 2021, le vittime furono circa 4.000, mentre per lo storico inglese Ian Campbell circa 20.000 ed addirittura 30.000 per le Autorità etiopiche.
Da allora il ricordo delle stragi del 19-21 febbraio è rimasto ben impresso nel ricordo degli Etiopi. Anzi, il giorno 19 febbraio è diventato un “giorno di lutto”, che, dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, è stato inserito nel Calendario nazionale come Yekatit 12. Con questo nome è stata intitolata una piazza della Capitale, dove è eretto un obelisco dedicato alle migliaia di vittime della “strage di Addis Abeba”, che è ricordata ogni anno con una solenne cerimonia.
Due mesi dopo, tra il 21 ed il 29 maggio 1937, un’altra grande strage di civili e religiosi inermi, compresi molti ragazzi, è compiuta nella città conventuale di Debra Libanòs, dove, secondo le nostre Autorità militari, si erano rifugiati gli attentatori. L’azione è condotta dalle truppe coloniali (formate da ascari eritrei e somali, di fede mussulmana), comandate dal generale Pietro Maletti, già incaricato della repressione della resistenza armata alla nostra occupazione nella Regione dello Scioa occidentale. All’inizio sono giustiziati sommariamente circa 300 monaci ed una ventina di laici, anche con l’utilizzo di mitragliatrici, come Maletti telegrafa a Graziani, che poi riferisce a Roma. Pochi giorni dopo sono giustiziati circa 130 diaconi. Il Generale Maletti invia a Graziani un nuovo telegramma con scritto “Liquidazione completa“.
Le vittime ufficiali sono circa 450, ma almeno 2.000 secondo lo storico inglese Ian Campbell.
Le vittime del nostro colonialismo in Africa
L’Etiopia è la nostra colonia africana che ha pagato il prezzo più alto, con almeno 350.000 morti, molti dei quali uccisi con l’impiego dei gas asfissianti in violazione della Convenzione di Ginevra del 1926 sulla proibizione degli aggressivi chimici. Il numero delle vittime è stato accertato negli anni sessanta da Angelo Del Boca e riconosciuto ufficialmente solo nel 1996 dall’allora Ministro della Difesa, generale Domenico Corcione, il quale, contestualmente, tolse il segreto di Stato sulla documentazione della guerra d’Etiopia e aprì gli archivi del Ministero della Difesa, relativi alle imprese coloniali.
Invece, secondo il Memorandum presentato dal Governo etiopico al Consiglio dei Ministri degli Esteri, tenutosi a Londra nel settembre 1945, pochi mesi dopo la fine della guerra, le vittime sarebbero 760.000.
Il Trattato di pace, firmato a Parigi il 10 febbraio 1947, ha riconosciuto l’obbligo da parte nostra, per i danni materiali ed umani arrecati all’Etiopia, di un risarcimento di ben 35 milioni di dollari, per il periodo dal 1935 al 1943, che pertanto non comprende i danni subiti durante le guerre contro l’Abissinia del 1887 e del 1895-1896.
Oltre alle 350.000 vittime etiopi, ci sono stati almeno 100.000 morti in Libia, sia durante la guerra del 1911-1912 contro la Turchia per l’occupazione del Paese, sia negli anni seguenti, soprattutto nel periodo 1930-1931, quando, per domare la ventennale rivolta senussita in Cirenaica, guidata da Omar al Muktar, soprannominato “il Leone del deserto”, si è deportata tutta la popolazione del Gebel cirenaico nel deserto della Sirte, in Tripolitania (a centinaia di Km di distanza). La maggior parte dei circa 80.000 deportati sono morti sia durante il trasferimento in vari Campi di concentramento (Agedabia, Marsa Brega, el Agheila, Soluch…), allestiti con le tende nel deserto sirtico, sia per le pessime condizioni igieniche e di vita negli stessi Campi.
Almeno altre 20.000 vittime ci sono state in Somalia, durante la cruenta repressione degli anni 1926-1928, quando era Governatore il Quadrumviro fascista della “marcia su Roma” del 22 ottobre 1922 Cesare Maria De Vecchi di Val Cismon. Inoltre, a Danane era stato allestito un Campo di concentramento nel quale sono morti molti Somali per le pessime condizioni igieniche e di vita.
Riguardo agli Eritrei, anche se non hanno subito dure repressioni, in quanto hanno “accettato” la nostra dominazione, hanno avuto almeno 30.000 ascari (le truppe coloniali, guidate da ufficiali italiani, impiegate nelle nostre guerre in Africa), morti nella campagne militari di “conquista” della Libia, della Somalia e della Etiopia. Inoltre, nell’isola di Nocra era stato allestito un Campo di concentramento, nel quale sono morti molti Eritrei per le pessime condizioni igieniche e di vita.
Angelo Del Boca ha proposto nel maggio 2006 di istituire la Giornata della Memoria, che è stata inserita nella Proposta di Legge n. 1845, presentata il 23 ottobre 2006, che non è stata mai discussa.
Il Consiglio Comunale di Roma ha approvato il 6 ottobre 2022 la Mozione n. 232 che impegna il Sindaco e la Giunta ad istituire il 19 febbraio, «in quanto Capitale d’Italia e in quanto città che presenta le più numerose tracce del colonialismo» nella sua Toponomastica, la Giornata della Memoria per ricordare le vittime del colonialismo italiano», modificando in particolare «le targhe di strade ispirate al colonialismo, riportando sulle stesse una spiegazione…sul margine inferiore, che faccia riferimento agli episodi storici…che sono stati luoghi di eccidi e stragi».
Infine, nella settimana dal 13 al 19 febbraio sono in programma 30 iniziative
di sensibilizzazione, in Biblioteche, Istituti e Centri culturali romani, sul tema
“Riflessioni e iniziative sui crimini e le eredità del colonialismo italiano”.
Giorgio Giannini