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La memoria resistente delle donne

Un libro di storie al femminile, per imparare a resistere da chi l'ha fatto

«Il pauroso incubo non esiste più, ma io sono infinitamente malcontenta e triste di una tristezza fonda e inspiegabile». 

Con queste parole, all’indomani della vittoria sul nazifascismo e del ritorno alla libertà, l’infermiera Maria Antonietta Moro esprimeva un sentimento apparentemente inspiegabile, considerando le sofferenze patite durante gli anni della guerra e dell’occupazione tedesca. Un’altra famosa partigiana, Marisa Ombra, spiegava con parole ancora più nette la sensazione di una perdita, comune a tante donne che avevano partecipato alla Resistenza: 

«Finiva per noi ragazze la trasgressione, la nostra vita non sarebbe mai più stata straordinaria». (Benedetta Tobagi, “La Resistenza delle Donne”, pag. 293)

Gina Negrini quando i tedeschi, nel Settembre ’43 occupano l’Italia, è un’operaia di 18 anni, con la Licenza Elementare. Lei non si volta dall’altra parte, ma si schiera dalla parte giusta della Storia, “prende parte” e diventa Staffetta partigiana con il nome di battaglia di “Tito”, nella Divisone Bologna, facente parte del CUMER, il Comando Unico Militare dell’Emilia-Romagna. Partecipa, il 14 Ottobre del 1944, allo scontro tra partigiani e nazifascisti che si svolge a Sabbiuno (Castel Maggiore). A nove giorni dalla liberazione di Bologna (21 Aprile 1945), Gina, viene arrestata e trattenuta in cella nel Palazzo del Governo, sede della Questura della RSI; viene liberata, fortunosamente, il 20 Aprile del 1945. Verrà riconosciuta partigiana combattente, con il grado di Sottotenente nel CUMER, dal 1° Ottobre 1944 alla Liberazione del 25 Aprile del 1945. 

Alla fine della guerra ricacciata a casa – nonostante aver fatto la lotta partigiana, come capita a tante altre sue compagne di lotta – Gina si sposa ma lì comincia un’altra vita, per lei tragica, perché  incappa in un uomo possessivo e violento che la vessa e spesso la picchia. Unica forma di resistenza, la scrittura. Gina, quando può, si mette al tavolino e comincia a raccontare, per iscritto, la sua storia. Quelle pagine diventeranno un libro “II Sole Nero”, Cappelli, 1969, al quale seguirà “Nei Panni dell’Eroe”, Mursia, 2001.

Quella di Gina Negrini, Staffetta Partigiana, è una delle tante storie che Benedetta Tobagi ha raccolto nel suo recente lavoro, un Romanzo intitolato “La Resistenza delle Donne”, Einaudi, 2022, con il quale, la scrittrice milanese ha vinto l’ultima Edizione del Premio Letterario “Campiello”, con la premiazione avvenuta a Venezia – come la stessa Tobagi ha fatto notare in una recente intervista, rilasciata al Quotidiano torinese La Stampa – Sabato scorso 16 Settembre, ovvero nel giorno del primo anniversario dell’inizio della rivolta delle donne iraniane. 

Va ricordato che in questa Edizione 2023, la 61^ del prestigioso Premio Letterario, Edith Bruck, la deportata N.11152, sopravvissuta alla Shoah, ha ricevuto un importante riconoscimento alla sua carriera di scrittrice e poetessa, accompagnato da una standing ovation. (*)

“La Resistenza delle donne”, una Storia, tante storie – Il Libro

La storia delle donne italiane ha nella Resistenza e nell’esperienza della guerra partigiana uno dei suoi punti nodali, forse il più importante. Benedetta Tobagi la ricostruisce facendo ricorso a tutti i suoi talenti: quello di storica, di intellettuale civile, di scrittrice. La Resistenza delle donne è prima di tutto un libro di storie, di traiettorie esistenziali, di tragedie, di speranze e rinascite, di vite. Da quella della «brava moglie» che decide di imbracciare le armi per affermare un’identità che vada oltre le etichette, alla ragazza che cerca (e trova) il riscatto da un’esistenza di miseria e violenza, da chi nell’aiuto ai combattenti vive una sorta di inedita maternità, a chi nella guerra cerca vendetta e chi invece si sente impegnata in una «guerra alla guerra» dalle studentesse che si imbarcano in una grande avventura (inclusa un’inedita libertà nel vivere il proprio corpo e a volte persino il sesso) alle lavoratrici per cui la lotta al fascismo è la naturale prosecuzione della lotta di classe. 

Tobagi racconta queste storie facendo parlare le fotografie che ha incontrato in decine di archivi storici. Ne viene fuori quasi un album di famiglia della Repubblica, ma in cui sono rimesse al loro posto le pagine strappate, o sminuite: le pagine che vedono protagoniste le donne. Un libro che possiede il rigore della ricostruzione storica, ma anche una straordinaria passione civile che fa muovere le vicende raccontate sullo sfondo dei problemi di oggi: qual è il ruolo delle donne, come affermare la propria identità in una società patriarcale, qual è l’intersezione tra libertà politiche, di classe e di genere, qual è il rapporto tra resistenza civile e armata, tra la scelta, o la necessità, di combattere e il desiderio di pace? (Fonte:Giulio Einaudi Editore) 

Benedetta Tobagi è una valente giornalista e un’ottima scrittrice, oltre che una Storica di vaglia, molto documentato (e importante, per capire quel pezzo della nostra Storia) il suo “Piazza Fontana, il Processo impossibile”, Einaudi, 2019 e altrettanto importante è questo suo ultimo lavoro che racconta di donne coraggiose le cui storie – anche se sono state coperte dalla polvere dl tempo e quasi dimenticate – sono più che mai vive, oggi che nel mondo molte donne resistono alla violenza e all’ingiustizia; donne a cui il libro della Tobagi è dedicato. 

Il libro, meglio il Romanzo, ridà voce e volto ad una “metà della Storia partigiana” a lungo silenziata, a partire dalle fotografie raccolte in decine di archivi. 

  • Ho voluto scrivere un inedito album di famiglia della Repubblica, in cui sono rimesse al loro posto le pagine strappate, o sminuite: le pagine che vedono protagoniste le donne” – ha dichiarato la Tobagi, ridendo e piangendo insieme per la commozione. – “Dedico questo premio a tutti coloro che non si girano dall’altre parte e a tutte le donne che resistono“, ha aggiunto. 

Dunque, un libro da leggere, magari centellinandolo, per farci accompagnare nel percorso della nostra resistenza civile di cittadini, “costituzionalmente orientati”.

Prima di chiudere questa Nota, voglio mettere in fila ancora qualche riga di parole per ricordare – come fa anche Benedetta Tobagi nel suo libro – che la scelta delle donne di combattere nella Resistenza fu una scelta che non rispondeva a degli obblighi precisi, fu una scelta dettata dalla loro generosità, unita alla consapevolezza di sé e del proprio valore umano, sociale e politico. Scriverà Marisa Ombra, Staffetta Partigiana e per molti anni Dirigente Nazionale dell’ANPI (che mi onoro di avere conosciuto personalmente e dalla quale molto ho imparato): 

  • «Libertà e responsabilità sono stati i sentimenti più forti che mi hanno accompagnata lungo tutto il periodo della Resistenza». 

Eppure, il valore dimostrato dalle donne nei 20 mesi della Resistenza antinazifascista, c’ha messo un bel pezzo ad essere riconosciuto, anche dagli Stortici. E’ noto come, in alcuni casi, alle donne partigiane fu addirittura vietato sfilare nelle parate partigiane post-liberazione, per paura di cosa potesse pensare e dire la gente di quelle donne che, in Banda, avevano vissuto in promiscuità con gli uomini. E dunque, in quelle giornate di festa e felicità (e anche dopo) le si costrinse a negare proprio quel tratto distintivo (oltre al valore nei combattimenti e nel quotidiano lavoro resistente) che palesava la loro emancipazione, umana, sociale e politica, dall’idea patriarcale e fascista che si aveva, allora, delle donne, idea dura a morire. 

Poi, per fortuna, questo muro si è sgretolato, anche se lentamente, e alle donne partigiane venne chiesto di raccontare le loro storie di resistenza, armata e no (bellissimo e da vedere il documentario, intitolato “La Donna nella Resistenza” realizzato da Liliana Cavani nel 1965, per il Ventennale della Liberazione, e trasmesso in TV) e la nostra conoscenza di quei 20 mesi di lotta e di sofferenza si è arricchita di un pezzo di Storia che non conoscevamo.

Chiudo, questa volta per davvero, raccogliendo – e girandovi (soprattutto alle Insegnanti che mi leggono) – il consiglio che segue, inserito da Simone Campanozzi nella sua recensione del Romanzo di Benedetta Tobagi pubblicata, il 18 Aprile scorso, sul Sito web “Novecento.org”: 

  • Si potrebbe partire dai capitoli conclusivi di questo importante volume di Benedetta Tobagi, La Resistenza delle donne), per impostare una riflessione con gli studenti e le studentesse di oggi, per far capire loro che le decine di migliaia di donne che presero parte (non solo come staffette) alla lotta contro il nazifascismo nel biennio 1943-1945 lo fecero sì per liberare l’Italia dalla dittatura fascista e dagli invasori tedeschi, ma anche, e soprattutto, per liberare se stesse da un plurisecolare dominio maschile e patriarcale.”

 (*) “I più sinceri e affettuosi complimenti a Benedetta Tobagi” – 17 Settembre 2023

“Benedetta Tobagi ha vinto il Premio Campiello con “La Resistenza delle donne” (Ed. Einaudi). Le inviamo i nostri più sinceri e affettuosi complimenti”- Sui profili Fb, Twitter, Instagram ANPI nazionale www.anpi.it

 

Ugo Fanti, Presidente della Sezione Anpi di Roma Aurelio-Cavalleggeri “Galliano Tabarini”


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