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La storia di Marco Rodari

Il Clown  che porta il sorriso dove c'è la guerra e spadroneggiano odio e morte

Vorrei tanto essere un clown perché è l’espressione più alta del benefattore.”
(Roberto Benigni)

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“A volte, davvero, non ci credo neanche io. Regalare un momento di normalità, in cui quella casa che per trenta minuti torna a essere una casa, dimenticare la guerra: questa cosa vale una vita. (Marco Rodari, “Claun Il Pimpa”)

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Un bimbo a cui regali meraviglia sarà portatore sano di Pace (Marco Rodari, “ il Claun Il Pimpa.”)

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Il Clown (in inglese “Goffo”) in italiano lo chiamiamo “Pagliaccio” e si tratta di una figura artistica del Circo molto cara ai nostri bambini. In effetti da sempre i Clown e i bambini sono in simbiosi e gli uni nascono e vivono per far divertire i secondi, proprio con la loro goffaggine e i loro giochi strambi, come strambe sono spesso le loro scarpe (enormi) il loro costume multicolore i capelli color paglia, il cappello magari con l’elica e soprattutto il naso rosso che sembra un pomodoro di quelli che la mamma usa per fare il sugo o infila interi nell’insalata.

Il primo esempio noto di Clown moderno fu presentato nel 1780 al Circo Astley, con l’esibizione del Pagliaccio Burt  che parodiava i cavallerizzi. Ai primi dell’Ottocento, Joseph Grimaldi trasformò la figura scenica del Pagliaccio all’interno dell’adattamento inglese della Commedia dell’Arte, che si chiamava Harlequinade.

Da notare che la famiglia di Joseph Grimaldi si cimentava da generazioni a Teatro in compagnie di Commedia dell’arte, fra l’Italia, la Francia e l’Inghilterra. Grimaldi convertì il Pagliaccio in un Clown “teatrale”, modificandone i costumi e dotandolo di parola. Egli abbandonò, infatti, il trasandato costume da servitore, che il Clown aveva indossato fino a quel momento, per sostituirlo con uno sgargiante e colorato.

Come nasce un Circo

Philip Astley era un militare inglese arruolato nel 15° Battaglione dei Light Dragoons, armigeri a cavallo. Ma la sua fama inizia quando si toglie la divisa. Nel 1766, ormai Sergente maggiore, lascia l’Esercito, si sposa e inizia a tenere degli spettacoli equestri all’aria aperta, a Londra, in uno spazio a forma ellittica vicino a Westminster Bridge.

Già altri prima di lui avevano presentato spettacoli con cavalli, ma Astley porta l’arte equestre ai massimi livelli dell’epoca introducendo figure e stili ancora oggi utilizzati. Del resto, l’Inghilterra era il Paese adatto al lancio di attrazioni equestri, non a caso aveva aperto le prime piste per le corse dei cavalli nel 1711.

(Fonte:https://www.circo.it/astley-il-sergente-che-ha-inventato-il-circo-moderno/

Ma non esistono solo i Clown che ancora possiamo vedere al Circo. Ci sono anche i Clown che vanno negli Ospedali, soprattutto nei Reparti Pediatrici e/o di Pediatria Oncologica. La chiamano “Clown-terapia” e persegue lo scopo di migliorare la qualità di vita dei piccoli malati li ricoverati facendogli dimenticare, anche se per poco, la sofferenza legata alla loro condizione di non salute e spesso strappando loro un sorriso.

La salute secondo l’OMS

L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha definito la salute come:”una condizione di completo benessere fisico, mentale e sociale e non esclusivamente l’assenza di malattia o infermità.” (Preambolo alla Costituzione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità come adottato dalla Conferenza Internazionale della Sanità, New York, 19-22 Giugno 1946; sottoscritto il  22 Luglio 1946 dai rappresentanti di 61 Stati ed entrato in vigore il  7 Aprile 1948)

Poi ci sono i Clown di strada. E proprio la storia di uno di loro voglio ricordare con queste righe. Meglio, voglio ricordare come, Marco Rodari, che è il protagonista di questa Nota, si sia trasformato da Clown di strada in Clown di guerra, ovvero abbia scelto come sue “palcoscenico” i teatri di guerra e come pubblico, preferibilmente, i bambini che in quelle guerre vengono fatti precipitare da adulti irresponsabili e spessissimo pagano con la vita o con segni irreversibili sul proprio corpo e nella propria psiche quella irresponsabilità.

Marco Rodari nasce a Cittiglio (Varese) nel Settembre del 1975, vive la sua vita normale e si laurea in Storia Moderna. Poi la sua vita cambia registro e diventa un Clown di strada.

L’idea è quella di divertirsi e far divertire gli altri. Ma poi nella sua vita c’è ancora una svolta e Rodari decide di continuare sì a fare il Clown, ma di farlo nei teatri di guerra, avendo come “bersaglio” privilegiato (qualcuno scriverebbe “target”) soprattutto i bambini.

Così nella sua valigia da Clown, oltre ai “ferri del mestiere” mette un giubbetto antiproiettile con scritto in bianco e a caratteri grandi “CLOWN” (ma i lato in alto e più in piccolo “Claun Il Pimpa”, all’italiana), e parte.

Va nel 2009 a Gaza, dove la guerra c’è da molto tempo. Poi, nel 2014, va in Donbass e nel resto dell’Ucraina, dopo l’aggressione russa. Certo colpisce che ci sia qualcuno, di fatto un Clown, che si aggira tra le macerie dei Paesi e delle città bombardati, “ma” – dice Rodari – “parrucca e naso rosso li metto quando incontro i bambini nei rifugi o nelle case ancora abitate». E racconta di quando è entrato in un rifugio sotterraneo in Ucraina e ha trovato una sola bambina che però, vedendo uscire dalle macerie un Clown e vedendolo venire verso di lei non ci voleva credere e ha subito sfoderato un bellissimo sorriso di gioia.

Marco Rodari, il Claun Pimpa, ha certo molte storie da raccontare ai bambini che incontra nelle vesti di un Pagliaccio, ma come accade in ogni relazione umana si dà e si riceve e lui dice di avere ricevuto tanto.

Ma per far capire quanto sia importante il suo lavoro di Claun in guerra, Rodari racconta ancora dell’incontro con un’altra bambina ucraina, in una Frazione vicino a Kramatorsk, dove i missili russi piombavano quasi ogni giorno. Una bimbetta a cui la guerra aveva rubato la parola. «Quando ha visto il clown, ha cominciato a scherzare e ha ripreso addirittura a esprimersi. Il sorriso di quella bimba vale tutta la mia vita».

Questa la vita che Marco Rodari ha scelto di vivere. Una vita in guerra di uno che, certo, la guerra non la ama. E’ una vita pericolosa, ma non priva di sorprese, anche piacevoli. Come quando, tempo addietro, uscito dalla casa dove spesso, per via della guerra, manca l’elettricità, il telefono ha squillato. Da Roma gli annunciavano che il Capo dello Stato, Sergio Mattarella, l’aveva nominato “Cavaliere dell’Ordine al Merito della Repubblica” per «la sua costante attività di volontariato nelle zone di guerra volta a offrire un sorriso ai più piccoli». «E chi mai l’avrebbe immaginato, anche se una delle mie sfide è accendere la fantasia», ha dichiarato il Claun di guerra. Il sorriso ritrovato della bambina che tenacemente resisteva, con la famiglia, nell’oblast di Donetsk è uno dei mille che il nostro Claun umanitario ha riacceso in giro per il mondo.

Ma come è iniziato?  Tutto comincia – ha scritto il giornalista del Quotidiano Avvenire, Giacomo Gambassi, in un pezzo dedicato a Rodari e pubblicato il 14 Aprile dell’anno scorso – nell’Oratorio di Leggiuno, in Provincia di Varese, dove un adolescente scopre la sua vocazione. «Fra le mura della parrocchia ho intuito come mi fosse congeniale stare accanto ai bambini. E poi mi ripetevano: “Con te i ragazzi stanno buoni”». Un po’ San Filippo Neri – il Sacerdote gesuita che, raccontato egregiamente da Gigi Proietti in uno Sceneggiato RAI del 2010 intitolato “Preferisco il Paradiso”, spesso ripeteva ai bambini che aveva raccolto per la strada: ”State buoni, se potete” – un po’ giullare, sceglie di entrare nelle corsie d’ospedale. E di utilizzare una parola adattata è così che “Clown” diventa “Claun”, all’italiana.

«Lo devo» – dirà Rodari  «al mio maestro Margherito che è stato un pioniere dei pagliacci in reparto» e poi c’è, stato il “Mago Sales” che gli ha insegnato molti giochi di prestigio. Certo i Maestri sono importanti se vuoi imparare un “mestiere”. Ma il “mestiere” che Marco Rodari ha scelto per sé, s’impara soprattutto “a bottega”, ovvero facendolo nel Teatro che si è scelto. E per Marco Rodari il Teatro è fatto dai territori in cui c’è in atto una guerra.

Dunque, l’Oratorio ma poi, nel 2009, arriva la svolta. «Un amico sacerdote che era stato appena nominato alla guida di una parrocchia a Gaza, in Terra Santa, mi ha chiesto di andare nella Striscia per replicare le esperienze d’animazione che portavo in ospedale: con la differenza che lì cadevano le bombe». Resta sei mesi nella Palestina più a rischio. Poi arrivano richieste dall’Iraq e dalla Siria in guerra. E lui dice subito di sì.

Così continua il pezzo di Gambassi: “Lo scorso anno [il 2022, Ndr] tocca all’Ucraina. «Ogni conflitto rende muti i bambini, alimenta l’odio negli adulti e fa piangere i vecchi – sostiene Marco  I ragazzi non sorridono più; e spesso non parlano più. Dico che mai un piccolo può abituarsi ai bombardamenti: è solo una giustificazione che noi dell’Occidente possiamo darci. Se capita che un bambino non abbia paura quando cadono i missili, è perché ha un elettrocardiogramma delle emozioni piatto: questo è terribile».

Allora ecco il “miracolo” di una mascherata. «Basta spesso un semplice gioco di prestigio per far scattare l’interruttore della meraviglia. Così, nonostante tutto, il bambino torna a essere bambino». E la cura contagia anche gli adulti.

Persino i militari. «È stato curioso vedere i soldati ucraini scortare un pagliaccio che passava fra gli abitati vicino alle linee di combattimento per portare un po’ di gioia. La guerra non può essere l’unica ragione del quotidiano. E un volto rasserenato diventa un surplus.».

Fra le Regioni di Kharkiv e Donetsk “Il Pimpa” ha portato 3mila maglie termiche. E poi i volumi per i ragazzi con la campagna “Un libro per fuggire dalla guerra”. «Mai avevo visto quanto potesse essere così desiderato un libro. Perché, se vive sottoterra dove magari non c’è luce o Internet, una storia su carta tiene comunque compagnia».

L’iniziativa è una di quelle partorite dall’Associazione “Far sorridere il cielo” che dal 2005 ha regalato nelle zone dove domina la logica della violenza pasti caldi, presidi sanitari, kit scolastici e soprattutto spettacoli a oltre un milione di piccoli. Qui trovate il racconto di alcune azioni di pace del Cluan Il Pimpahttps://www.perfarsorridereilcielo.it/ .

«Così possono essere portatori sani di pace – conclude Marco –. Perché la guerra è sempre un fallimento di cui ciascuno è responsabile. Troviamo qualche colpevole, che senz’altro esiste, ma occorre ammettere che ognuno di noi non ha fatto abbastanza per evitarla. Lo ripeto agli alunni delle scuole italiane che visito: mai le armi sono la risposta».”.

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Marco Rodari, anzi il “Claun Pimpa” non è però solo un Pagliaccio. E’ anche uno scrittore. Uno di quelli che mettono in fila, sulla carta, molte parole per raccontare ancora delle storie. Storie che fanno sorridere, ma che anche tengono compagnia, soprattutto quando si è soli e spaventati (meglio terrorizzati) in mezzo alla guerra, Cito solo alcuni dei suoi titoli, utili anche per i bambini che – fortunati loro – non devono fare i conti quotidiani con la guerra e si spera non debbano mai fare una simile esperienza. I titoli: “Coloriamo la Pace”; “L’Orcoguerra e le Fate LaPace” . E per chiudere un libro, anzi un Audiolibro, per i grandi: “La Guerra e un Sorriso”. Qui trovate altre informazioni:  https://www.sonitusedizioni.com/rodari-marco/ .

Qui, invece, trovate un breve video che mostra Marco RodariClaun Il Pimpa, in azione:https://www.la7.it/tagada/video/marco-rodari-il-claun-che-fa-ridere-i-bimbi-ucraini-nascosti-nei-bunker-30-06-2023-492790 .


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