Lo Stato dovrebbe risarcire il danno generato a imprese e famiglie

Giovanni Rossello - 11 Maggio 2020

Come imprenditore artigianale ritengo che, a seguito dei provvedimenti governativi per la chiusura delle attività commerciali, lo Stato dovrebbe risarcire il danno che ha generato alle imprese e alle famiglie.

L’azione e l’atto autoritario che ha assunto il governo di limitare la libertà personale e nel far chiudere le imprese ha generato forti danni economici, portando le medesime imprese ad un tracollo finanziario e al rischio concreto della chiusura di molte attività commerciali.

Queste restrizioni di chiusura delle attività produttive e commerciali, sono state prese per la pandemia del Covid 19 che ha provocato un’emergenza sanitaria portando al collasso il sistema sanitario Italiano. I provvedimenti che sono stati assunti dal governo sono stati di limitare la libertà individuale e d’impresa come se lo stato italiano fosse in guerra, ma nessuno stato ha dichiarato guerra all’Italia; c’é stata un’emergenza sanitaria che doveva essere gestita nell’ambito sanitario.

Il sistema sanitario Italiano che doveva garantire il diritto reale e inviolabile alla cura e alla salute dei cittadini e della popolazione italiana, non solo non è stato in grado di garantire la salute delle persone, ma ha messo a rischio la salute di tanti operatori sanitari e molti medici e collaboratori che sono morti a causa del mal funzionamento del sistema sanitario. Tutto questo mal funzionamento del sistema sanitario ha generato un forte danno alle persone e a tutta l’economia nazionale.

Ritengo, che il governo, nella persona del Presidente del Consiglio che ha preso queste decisioni dovrebbe risarcire il danno alle imprese e alle famiglie secondo l’articolo 2045 del codice civile: “quando chi ha compiuto il fatto dannoso vi è stato costretto dalla necessità di salvare sé o altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona e il pericolo non è stato da lui volontariamente causato né era altrimenti evitabile, al danneggiato è dovuta un’indennità, la cui misura è rimessa all’equo apprezzamento del giudice”.

 

Giovanni Rossello


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