Memoria del Sol Levante: la vera storia del Ponte sul Fiume Kwai
“Purtroppo, ad un certo punto ci si accorge d’essere più vicini alla fine che al principio e allora… uno si chiede… a che cosa è servita la propria vita, quale traccia resterà sulla terra della propria esistenza e se ne resterà traccia, specie pensando a quello che hanno raggiunto gli altri. Certo non sono pensieri molto allegri ma a volte mi vengono e non riesco più a scacciarli.” (il Colonnello Nicholson a Sato sul Ponte appena terminato, Da: “Il Ponte sul Fiume Kwai”, di David Lean, Anno 1957)
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il Film “The Bridge on the River Kwai” (“Il Ponte sul Fiume Kwai”) esce nel 1957, lo dirige il regista inglese David Lean, lo interpretano attori di vaglia come Alec Guinness e William Holden e la colonna sonora, la famosa “Colonel Bogey March”, composta da Mitch Miller e Malcolm Arnold, (la potete ascoltare qui: https://www.youtube.com/watch?v=li-LvnP1ewM) la fischieranno per anni e non solo in Inghilterra. Il Film raccoglierà diversi importanti riconoscimenti: il Premio Bafta, nel 1957, l’Oscar nel 1958 e nello stesso anno il Golden Globe e il Davide di Donatello.
Nota musicale: oltre a simboleggiare il coraggio e la dignità britannica di fronte alle privazioni della guerra, la “Colonel Bogey March” suggeriva uno specifico simbolo di sfida per gli spettatori britannici, perché la sua melodia era legata a versi volgari su Hitler (“Hitler Has Only Got One Ball”, “Hitler ha solo una palla”), il capo della Germania nazista e il principale alleato del Giappone durante la guerra. Benché il testo beffardo non venga usato nel film, gli spettatori britannici del tempo lo conoscevano abbastanza bene da cantarlo mentalmente mentre ascoltavano il motivo musicale del film.
Perché ho aperto con un riferimento ad un celeberrimo film di guerra di 66 anni fa? Perché tutti (o quasi) conoscono la trama di quel film, ma pochi (quasi nessuno) sanno (sa) la vera storia di quel ponte. Dunque, le righe che leggerete la raccontano nella sua realtà.
Per noi europei, la Seconda Guerra Mondiale è legata fondamentalmente alle vicende che sconvolsero il nostro Continente, dalla Polonia invasa dai nazisti, il 1° Settembre del 1939, alla guerra civile spagnola (1936-1939), passando per l’Italia fascista (1922-1945) e la Francia di Vichy (1940-1944). Ma, sebbene l’epicentro di quel conflitto fosse certamente il Vecchio Continente, non bisogna trascurare i drammatici eventi che si verificarono fuori dai nostri confini, soprattutto in Asia, dove l’Impero giapponese (o Terra del Sole Nascente, meglio Impero del Sol Levante) fece sentire il suo pesante fiato dittatoriale sui Paesi vicini, Stati Uniti compresi. (*)
Tra le vicende extraeuropee più note in tutto il mondo, oltre all’attacco giapponese della base militare USA di Pearl Harbour (7 Dicembre 1941) che catapultò l’America del Nord direttamente nel Secondo conflitto mondiale, c’è la storia della costruzione del ponte ferroviario sul fiume Kwai, a Nord di Kanchanaburi, in territorio Thailandese (dove oggi si trova il Cimitero di guerra di Kanchanaburi (o Don Rak), posto di fronte alla stazione di Thanon Saeng Chuto, in cui sono sepolti i corpi dei 6982 prigionieri di guerra britannici assassinati durante la prigionia) che fu immortalata nel celeberrimo film del 1957 di David Lean di cui all’inizio. Il ponte che, in pieno conflitto mondiale (tra il 1942 e il 1943) fu costruito dai prigionieri di guerra del Regno Unito in mano ai giapponesi e ristretti in un Campo di prigionia in Birmania.
Siparietto semiserio: come ho scritto il Film di David Lean ebbe molto successo tanto da essere da noi oggetto, nel 1959, di una parodia di Tognazzi e Vianello nella famosa Trasmissione televisiva “Un, Due, Tre” stroncata, in quell’anno, dalla censura bernabeiana per un “incidente di percorso” di cui leggerete alla Nota (**)
La costruzione della Struttura che faceva parte della tristemente famosa “Ferrovia della Morte” tra Birmania e Cina, secondo i piani del governo imperiale giapponese sarebbe dovuta durare cinque anni, fu, invece, completata in soli 16 mesi, pagando a quei quasi 500 giorni di lavoro-schiavo un costo altissimo in termini di vite umane: 100.00 furono i morti tra i prigionieri inglesi che lavorarono in condizioni disumane per completare l’opera nel minor tempo possibile.
Se nel film di Lean il protagonista della vicenda era il Colonnello inglese Nicholson, che guidò i lavori con lo scopo di dimostrare ai giapponesi la forza dei soldati alleati; nella realtà a dominare la scena fu la crudeltà disumana mostrata nei confronti dei lavoratori forzati da parte dell’esercito nipponico. Turni massacranti, anche di 18 ore consecutive; lavori che continuavano anche di notte, alla luce di deboli lampade a olio, approvvigionamenti di cibo ben al di sotto di una soglia minima di sopravvivenza ed equipaggiamenti ridicolmente insufficienti causarono numerosissime morti. (***)
A tutto questo vanno aggiunti i decessi causati da malattie come dissenteria e colera, ma anche dalle continue percosse inflitte ai prigionieri da parte dei loro carcerieri aguzzini. Fu così che i prigionieri ribattezzarono la zona con l’inquietante nome di “Passaggio per l’inferno”, che ben inquadrava il dramma che erano costretti a vivere ogni giorno.
Il ponte fu terminato il 17 Ottobre del 1943 (quel giorno da noi, a Roma, gli ebrei della razzia cittadina del giorno precedente sono ancora ristretti nel Collegio Militare, sito nel Palazzo Salviati di Via della Lungara, in attesa di partire per Auschwitz). Nel periodo immediatamente successivo, servì a far passare una media di soli sei treni al giorno, una miseria, se considerata alla luce del sangue versato dai prigionieri per costruirlo E, nonostante i continui bombardamenti alleati, resistette a pieno regime fino alla fine del conflitto, quando fu chiuso dalle forze vincitrici. In seguito, nel 1957, il governo Thailandese, decise di riaprire il tratto tra Nong Pladuk e Nam Tok, in funzione ancora ai giorni nostri prevalentemente a scopo turistico. Negli altri tratti, la forza della giungla si è riappropriata dei propri spazi, stendendo un naturale velo pietoso su una delle tante vicende drammatiche che segnarono quel periodo nero dell’umanità.
NOTE
(*) Occorre ricordare che la parola “Giappone” è un esonimo (dal greco ἔξω, éxō, “fuori”, e ὄνομα, ónoma, “nome”), ovvero un nome utilizzato per definire il Giappone, ma da chi non è di lingua giapponese. Infatti, mentre in quasi tutte le lingue del mondo la parola usata è “Giappone” con tutte le varianti del caso (Japan, Japon, Japón, ecc), in lingua locale, la parola usata è un’altra, 日本, pronunciata Nihon oppure Nippon, il cui significato è “origine del sole”. Da qui, dunque, deriva, per il Giappone, l’espressione “Impero del Sol Levante”.
(**) Dunque, nel 1959 il Presidente della Repubblica Giovanni Gronchi accoglie il Presidente francese Charles De Gaulle in visita di Stato a Roma. La sera mentre si accomoda, al Teatro dell’Opera, sulla sedia scivola cadendo a terra essendo la sedia medesima non esattamente a portata del suo sedere. Tognazzi e Vianello, nella puntata serale del Programma “Un, Due, Tre”, fanno la parodia di quello scivolone e quella sarà l’ultima puntata della Trasmissione e – per lungo tempo – la loro ultima apparizione in TV. Qui il video del racconto di quello scivolone e della parodia del Film di David Lean: https://www.youtube.com/watch?v=REoL2vgjxhg .
(***) In effetti, il film di Lean ricevette numerose critiche e, in particolare, l’eroismo dei prigionieri inglesi che impregna tutta la pellicola fu, da molti, giudicato inutile. Ad onore del vero, va detto che il Film, a ben vedere, è uno dei più riusciti esempi di pellicola cinematografica antimilitarista e contro la crudeltà della guerra.
Ugo Fanti, Presidente della Sezione Anpi di Roma Aurelio-Cavalleggeri “Galliano Tabarini”