Memoria della legalità. Una storia di resistenza (alla camorra)
La storia di Federico Del Prete, un LibroPremessa: dalla Russia (con terrore)
1. Il Magistrato italiano Rosario Salvatore Aitala, Giudice della Corte Penale Internazionale, che ha in mano l’inchiesta internazionale contro Vladimir Putin per crimini di guerra è stato inserito nella Lista dei ricercati dal Ministero degli Interni russo. Il 17 Marzo scorso, il Giudice Aitala, aveva firmato un mandato di cattura internazionale contro Putin e contro Marta Vlova Belova, Commissaria russa per i diritti dei bambini, per crimini di guerra e per la deportazione, nel territorio della Federazione Russa, di migliaia di bambini ucraini.
2. Il Presidente russo Vladimir Putin ha dato ordine di arrestare Yevgeny Prigozhin, il Capo del Gruppo mercenario Wagner, che aveva dichiarato guerra ai vertici militari russi, accusando Putin di avere mentito al Paese riguardo la situazione della guerra in Ucraina.
3. A Mosca tira aria di golpe e si vedono carri armati per le strade. ll Sindaco della Capitale della Federazione Russa, Sergej Semënovič Sobjanin, ha annunciato che in città si stanno adottando “misure antiterrorismo”, messe in relazione alle affermazioni del Capo della Wagner contro il Presidente Putin, il Ministro della Difesa Sergey Kužugetovič Šojgu e i Comandi militari russi.
4. Il 24 Giugno 2023, Yevgeny Prigozhin, il Capo della Wagner, ha occupato, con le sue truppe, la città russa di Rostov, al confine con l’Ucraina e ha iniziato una marcia armata verso Mosca con 5mila uomini, marcia che ha chiamato “della giustizia”, arrivando a 200 chilometri dalla Capitale, senza incontrare resistenza. Ultima ora: Prigozhin ha fermato la marcia della sua milizia dopo un accordo con Putin (mediato dal Presidente bielorusso Lukasenka).Secondo l’Accordo, il Capo della Wagner otterrebbe l’immunità, per lui e per i suoi uomini, per il tentato golpe (insieme ad altre concessioni di carattere politico) e sarebbe in esilio in Bielorussia. Vladimir Putin, invece, secondo fonti ucraine non sarebbe più a Mosca. Gli osservatori internazionali si domandano chi sia, ora, a comandare al Cremlino.
La Storia – è noto – non la fanno i grandi uomini, ma è il frutto dell’azione concreta di persone normali che si muovono spinte da un’idea di cambiamento in meglio della società in cui si trovano a vivere. In estrema sintesi allora, come canta Francesco De Gregori: “è la gente che fa la Storia”. ”E poi la gente” – canta ancora De Gregori – “quando si tratta di scegliere e di andare, te la ritrovi tutta con gli occhi aperti, che sanno benissimo cosa fare”. Ma è anche vero che per “fare la Storia” c’è bisogno che qualcuno dia “fuoco alla miccia” e che questa non sia troppo corta, ovvero non si esaurisca in poco tempo.
Noi dell’ANPI lo sappiamo bene. Lo sappiamo dalla storia della nostra Resistenza al nazifascismo. Lo abbiamo appreso, ad esempio, dai militari e dai civili di Porta San Paolo, a Roma (8-11 Settembre 1943) – cito due figure per tutti: Raffaele Persichetti, ex granatiere e Professore al Liceo Ennio Quirino Visconti, di Roma, e Sabato Martelli Castaldi, ex Generale dell’Aeronautica ed ex Capo di gabinetto di Italo Balbo, dopo gli scontri di Porta San Paolo entrato nella Resistenza romana, incarcerato a Via Tasso e fucilato alle Cave Ardeatine, il 24 Marzo del ’44 – e dai 12 antifascisti che il 12 Settembre del ‘43 salirono – con Duccio Galimberti e Dante Livio Bianco – alla Madonna del Colletto e poi al Paralup (Cuneo) dando inizio alla Resistenza armata organizzata. (*)
Di questa Storia e di queste storie noi, come ANPI, ogni giorno facciamo Memoria, legando quel passato – e le figure di resistenti che lo hanno caratterizzato – alla nostra quotidianità, per cambiare in meglio lo stato di cose presenti. Ma il nostro tempo ci ha insegnato a cercare, anche oggi, nuove figure di resistenti, ad esempio nelle fila di quelli che si battono ogni giorno contro la mafia, la ‘ndrangheta e la camorra, tre aspetti della criminalità organizzata, la metastasi che da tempo infetta il nostro Paese e che molte vittime ha provocato e continua purtroppo a provocare. Si, perché queste persone esistono anche se – per restare ancora ai versi di De Gregori –“ E poi ti dicono “Tutti sono uguali, tutti rubano alla stessa maniera”. Ma è solo un modo per convincerti a restare chiuso dentro casa quando viene la sera.”.
Anche in questa lotta quotidiana, speso sconosciuta, emergono figure importanti di combattenti per la legalità e la giustizia sociale che spesso non hanno, in vita, l’onore delle cronache che si conquistano solo quando qualche killer mafioso li ammazza. Di uno di loro, Federico Del Prete, scrivo qui, raccomandandovi la lettura di un libro che racconta la sua scelta, la sua lotta e la sua fine per mano mafiosa. (**) Le righe che oppresso leggerete non sono farina del mio sacco, ma arrivano da una pagina del Sito web del Ministero degli Interni. Le ho scelte perché raccontano bene la persona Federico Del Prete, eccole.
- “[Federico Del Prete] Fu ucciso dal clan dei casalesi a Casal di Principe il 18 febbraio del 2002. Si era schierato in difesa dei commercianti costretti a pagare il pizzo. La sera del 18 febbraio 2002 Federico Del Prete era nel suo ufficio, in via Baracca a Casal di Principe, in provincia di Caserta. Mancava qualche minuto alle 19,30. Mentre era al telefono, una persona entrò all’improvviso. Federico ebbe appena il tempo di rendersi conto di essere di fronte ad un killer della camorra, poi cinque colpi in rapida successione lo colpirono allo stomaco e al torace, lasciandolo per terra senza vita. Del Prete era il rappresentante provinciale e presidente nazionale del Sindacato Nazionale Autonomo Ambulanti: difendeva i commercianti costretti a pagare il pizzo e fu ucciso per aver denunciato il racket imposto dalla camorra sui mercati delle province di Napoli e Caserta. Il giorno dopo la sua uccisione sarebbe dovuto andare a testimoniare al processo contro un vigile urbano di Mondragone, che aveva denunciato alla squadra mobile di Caserta per racket. La storia di Federico si snoda nel contesto della mafia casertana, in un settore particolarmente delicato in cui, attraverso i suoi iscritti e la sua attività di denuncia, evidenziava l’enorme malaffare diffuso nei comuni di Casal di Principe, Capua, San Marcellino, Mondragone, Villa Literno, nel casertano, e nelle zone di Frattamaggiore, San Giovanni a Teduccio, Acerra, nel napoletano, insomma tutte zone ad alto rischio criminale. Ad ucciderlo fu Antonio Corvino, uno dei killer del clan dei casalesi, condannato a quattordici anni di reclusione. Per aver combattuto come sindacalista battaglie di legalità per gli operatori del commercio ambulante e aver efficacemente collaborato con le forze dell’ordine, gli fu conferita nel 2009 la medaglia d’oro al Merito civile. Lo Stato ha onorato il suo sacrificio con il riconoscimento concesso a favore dei suoi familiari, costituitisi parte civile nel processo, dal Comitato di solidarietà per le vittime dei reati di tipo mafioso di cui alla legge n. 512/99.”. https://www.interno.gov.it
Il libro che vi segnalo s’intitola “A Testa Alta, Federico Del Prete, una storia di resistenza alla camorra” lo ha scritto Paolo Maggiano e lo ha pubblicato la Editrice Di Girolamo nel 2012. Di seguito, una breve descrizione del contenuto del Volume.
Il libro racconta la storia di Federico Del Prete, commerciante ambulante ucciso dalla camorra a Casal di Principe il 18 febbraio 2002. Per difendere la categoria dei venditori dei mercati, vessati e taglieggiati dalla camorra, Del Prete aveva fondato il Sindacato Nazionale Autonomo Ambulanti. Nonostante minacce e intimidazioni di ogni genere egli aveva denunciato estorsori e criminali e alla vigilia di un processo contro il feroce clan La Torre, il giorno prima della sua deposizione in tribunale, venne ammazzato.
Del Prete fu un cittadino esemplare e coraggioso al quale lo Stato non seppe garantire protezione adeguata, se non concedergli dopo morto la medaglia d’oro al valore civile. Questo libro, in una Italia di pavidi, di faccendieri, di corrotti e di collusi, restituisce per la prima volta la memoria di un uomo che seppe resistere e presenta l’azione di quanti, dopo la sua morte, si impegnarono efficacemente nella ricerca di esecutori e mandanti. Con una prefazione del magistrato Raffaele Cantone e una testimonianza di Gennaro Del Prete, figlio di Federico.
(*) Sia Raffaele Persichetti (caduto il 10 Settembre del 1943, a Porta San Paolo) che Sabato Martelli Castaldi (assassinato alle Ardeatine il 24 Marzo del 1944) sono stati insigniti , alla Memoria, di Medaglia D’oro al Valor Militare.
(**) Non sembri inappropriato l’accostamento di una vittima della camorra ai nostri Partigiani. Occorre, infatti, ricordare che la criminalità organizzata della quale Federico Del Prete (così come molti altri cittadini onesti) è stato vittima ha – come è noto – partecipato al Golpe Borghese del 7-8 Dicembre 1970, organizzato da elementi fascisti e piduisti con lo scopo di trasformare la nostra Repubblica in una dittatura autoritaria sul modello di quella instaurata in Grecia dai militari, con il Colpo di Stato del 21 Aprile del 1967. Ancora, va ricordato – negli anni 1992 e 1993 – l’attacco portato dalla mafia al patrimonio artistico del nostro Paese (con morti e feriti) ideato con l’apporto, non secondario, di noti esponenti del nazifascismo militante nostrano, come Paolo Bellini, militante di Avanguardia Nazionale, ma organico ai NAR e killer mafioso, successivamente condannato come esecutore della strage fascista-piduista della Stazione ferroviaria di Bologna, del 2 Agosto 1980, che causò 85 morti e oltre 200 feriti.
Ugo Fanti, Presidente della Sezione Anpi di Roma Aurelio-Cavalleggeri “Galliano Tabarini”