

«Davvero avresti stentato a credere che eravamo in guerra. Eravamo li, parlando insieme ai nemici. Sono proprio come noi: hanno madri, fidanzate, mogli che aspettano il nostro ritorno a casa. E pensare che fra qualche ora ricominceremo a spararci addosso di nuovo».
«A mezzanotte abbiamo celebrato la Messa. Gli uomini hanno cantato i canti di Natale, carole dai loro villaggi, della loro infanzia. Per un istante il Dio della buona volontà è stato di nuovo il Signore di questo angolo di terra».
«Mentre osservavo il campo ancora sognante, i miei occhi hanno colto un bagliore nell’oscurità. A quell’ora della notte una luce nella trincea nemica è una cosa così rara che ho passato la voce. Non avevo ancora finito che lungo tutta la linea tedesca è sbocciata una luce dopo l’altra. Subito dopo, vicino alle nostre buche, così vicino da farmi stringere forte il fucile, ho sentito una voce. Non si poteva confondere quell’accento, con il suo timbro roco. Ho teso le orecchie, rimanendo in ascolto, ed ecco arrivare lungo tutta la nostra linea un saluto mai sentito in questa guerra: “Soldato inglese, soldato inglese, buon Natale! Buon Natale!”».
«Tutti questi discorsi, questo odio, tutto questo spararsi a vicenda, che è andato crescendo dall’inizio della guerra, si è spento e si è fermato a causa della magia del Natale. Un tedesco mi ha detto: “ma voi avete la nostra stesa religione, e oggi è per entrambi lo stesso giorno di pace!” È davvero un grande trionfo per la Chiesa! È una grande speranza per un futuro di pace, se due grandi nazioni che si odiano come i nemici raramente si sono odiati, giurandosi eterno odio e vendetta, affidando la loro vendetta alla musica nel giorno di Natale, per tutto quello che questa parola significa, possono abbassare le mani, scambiarsi tabacco, ed augurarsi felicità a vicenda».
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Ogni anno, all’approssimarsi del Natale, viene ricordato un episodio della Prima guerra mondiale noto come la “Tregua di Natale” del 1914. Il fatto, assai particolare, accadde ad Ypres (Belgio) – località che sarà anche tristemente nota perché darà il nome ad un particolare gas venefico, l’Iprite, che il 24 Ottobre del 1917 gli austriaci lanceranno sulle truppe nemiche proprio in quella località delle Fiandre (https://www.raicultura.it/storia/articoli/2019/01/La-morte-e-nellaria-8cd6a8a1-1b95-4dca-8750-105300803ef5.html).
Nella notte di Natale del 1914 si ebbe, in quella zona, tra i combattenti tedeschi, francesi e inglesi una tregua non concordata dagli Stati Maggiori dei tre eserciti. Una tregua dal basso che interruppe, in quella notte, le ostilità e vide addirittura sia uno scambio di regali tra i militari “nemici”, usciti dalle trincee (regali poveri assai, dato che si era in trincea e ci si sarebbe dovuti scannare a vicenda), sia una partita di pallone, giocata nella cosiddetta “no man’s land”, la “terra di nessuno” (cioè lo spazio tra le due trincee) partita tra i “tommy” e i “fritz” vinta dai tedeschi per 3-2.
Si trattò di un fatto inedito, rimbalzato dal Fronte di guerra su tutti i Quotidiani del tempo che lo fecero conoscere a chi non era al Fronte: una tregua dichiarata dal basso poi punita severamente da tutti e tre gli Stati Maggiori, come “atto di intelligenza con il nemico”, con deferimenti alla Corti Marziali, carcerazioni e fucilazioni.
Di quel Natale di guerra particolare, anch’io ho scritto, diversi anni fa. Ma nella Storia più recente delle guerre mondiali (per l’esattezza della Seconda mondiale) c’è un fatto simile che non viene quasi mai ricordato, perchè accaduto all’interno di una fase molto cruenta della cosiddetta Campagna D’Italia, fase più nota come la “Battaglia di Ortona”.
Occorre qui ricordare che la Località abruzzese di Ortona (Chieti) – fino al 1938 nota anche come Ortona A Mare e antico scalo commerciale del Popolo dei Frentani – è nota alla Storia del Secondo conflitto mondiale anche perché è dal molo Martello del Porto di quella cittadina abruzzese che il 10 Settembre del 1943, il Re savoiardo Vittorio Emanuele III, in fuga da Roma – dopo l’occupazione tedesca della città, successiva ai violenti scontri da militari e cittadini antifascisti e militari rtedeschi – si imbarca, proveniente da Pescara, con il suo seguito di cortigiani e generali felloni sulla Corvetta militare “Baionetta”, fatta arrivare appositamente da Zara, per raggiungere il Porto di Brindisi situato in territorio italiano già liberato dagli Alleati.
La Storia racconta che il 9 Settembre ’43, all’alba, il re era fuggito dalla Capitale lasciando l’esercito senza ordini e allo sbando e doveva imbarcarsi su di un aereoplpano per fuggire nell’Italia liberata dagli alleati, ma la regina Elena di Montenegro non sopportava di viaggiare in aereo, perché affetta da mal d’aria, e così i regnanti di Casa Savoia scelsero la strada verso Pescara, percorsa con un lungo corteo di auto che – si racconta – i tedeschi intercettarono, ma non fermarono, corsa contunuata poi verso Ortona per raggiungere, via mare, Brindisi che sarebbe così diventata la Capitale del cosiddetto “Regno del Sud”.
La città di Ortona fu teatro, durante la Campagna D’Italia, di una violentissima battaglia, scatenatasi casa per casa e addirittura stanza per stanza (gli Alleati avevano abbattuto diversi muri delle case della città per passare da un’abitazione all’altra, senza essere scoperti dai tedeschi), tra gli inglesi del Generale Montgomery e i tedeschi del Feldmaresciallo Albert Kesselring, trincerati dietro la cosiddetta Linea Gustav, che andava da Cassino appunto fino ad Ortona.
Dal 20 al 28 Dicembre 1943 vi furono così nove tremendi giorni di pesanti combattimenti che costarono la vita a 2.340 soldati alleati a 870 tedeschi e a 1.300 civili inermi.
Qui trovate una ricostruzione dettagliata di quella Battaglia, pubblicata sul Quotidiano La Stampa di Torino, in data 19 Dicembre 2016: https://www.lastampa.it/cultura/2016/12/19/news/la-vera-storia-della-battaglia-di-ortona-la-stalingrado-d-italia-1.34758776/ .
Qui:https://www.patriaindipendente.it/memoria-attiva/ortona-1943-quella-battaglia-da-non-dimenticare/, potete, invece, leggere un pezzo della Sezione ANPI di Ortona, “Dario Serafini” che racconta del “Primo Percorso della Memoria”, svolto nel 2023 per ricordare quella Battaglia.
Il pezzo – pubblicato quell’anno sul Mensile dell’ANPI Nazionale “Patria Indipendente” si apre proprio con un ricordo particolare di quella battaglia: il Pranzo di Natale che i militari inglesi e canadesi – nonostante la battaglia fosse in corso – riuscirono a fare, alternando le Compagnie impegnate negli scontri: mentre i militari di una Compagnia combattevano, un’altra veniva sfilata dal fronte e poteva così partecipare a quel Pranzo, per poi tornare in linea, permettendo ad altri militari di fare altrettanto. Va ricordato che per molti di quei militari quello fu l’ultimo pranzo a cui parteciparono.
“Il tintinnio delle stoviglie riecheggiava nella chiesa di Santa Maria di Costantinopoli quel lontano Natale del 1943. I soldati canadesi, presenti a Ortona in Abruzzo nel territorio chietino, avevano deciso di festeggiarlo quel Natale con un pranzo che, per molti di loro, sarebbe stato l’ultimo. Avevano preparato cibo per tutti e allestito un grande tavolo per accogliere chiunque fosse arrivato a mangiare.
Per tutta la giornata distribuirono pasti. Fuori, nonostante la sacra ricorrenza, continuava la guerra. La Battaglia di Ortona stava per giungere a conclusione. Erano gli ultimi atti di uno scontro che, in una settimana, avrebbe decimato i contingenti e lasciato a terra oltre 1.300 civili.”.
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Considerato il fatto che ci apprestiamo a vivere un altro Natale in cui due guerre, diciamo così “maggiori”, insanguinano il nostro mondo, ho ritenuto fosse utile riportare alla Memoria due fatti particolari accaduti durante i due ultimi Conflitti mondiali, perché magari, in questi giorni per molti particolari, noi, tutti e tutte, si riesca a trovare un momento per riflettere sulla crudeltà e sull’inutilità della guerra e su come sia facile, più di quanto non si voglia credere, interrompere la “carneficina”, magari solo per un momento. Certo, solo a volerlo.
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