Rendiconti spese elettorali dei candidati ai consigli municipali: una diversa interpretazione
In merito a un precedente articoloIn riferimento all’articolo da voi pubblicato il 19 luglio scorso dal titolo: “I candidati comunali e municipali eletti e non eletti rischiano di pagare una multa di oltre 25 mila euro” a firma Sergio Scalia, mi preme sottolineare quanto segue.
La legge n. 96/2012 non ha esteso ai “candidati degli Enti locali” le norme previste dalle Leggi n. 515/1993 e n. 43/1995, come erroneamente indicato dal redattore. Esattamente nella legge 96/2012 l’estensione delle norme previste dalla l 515/93 è limitata ai “Comuni con oltre 15.000 abitanti” e riferita ai candidati alla carica di Sindaco e di consigliere comunale. La dicitura Enti locali è troppo vaga, vi rientrerebbero tra l’altro anche i consiglieri dell’area metropolitana, benché eletti con un sistema di secondo livello, dei quali non vi è traccia nella 96/2012.
Il Collegio regionale di Garanzia Elettorale presso la Corte d’Appello di Roma, l’11 maggio del 2013 ha dichiarato la sua incompetenza ad esaminare i rendiconti dei candidati a Presidente e a consigliere municipale di Roma, adducendo il fatto, assolutamente inoppugnabile, che la norma non fa alcun riferimento alle circoscrizioni di decentramento amministrativo (quali sono i municipi).
Riportare nell’articolo il rischio di pagare una sanzione di 25mila euro, senza citare nemmeno incidentalmente la determinazione dell’organo preposto dalla legge al ricevimento e alla verifica dei rendiconti, e soprattutto alla determinazione delle sanzioni, potrebbe erroneamente spaventare i numerosissimi candidati, procurandogli un allarme privo di qualsiasi fondamento.
Peraltro è,a mio parere, discutibile, il sensazionalismo dell’articolo, soprattutto laddove nel link riportato si trova anche la citata determinazione del Collegio regionale di garanzia Elettorale, quindi documento di cui il redattore era a conoscenza.
Sono fermamente convinto della necessità di promuovere una maggiore e più attenta trasparenza nelle spese elettorali dei candidati, anche al municipio, ma per far questo sarebbe utile modificare la legge o, più facilmente, inserire una apposita norma nello statuto di Roma Capitale, individuando un organismo che possa svolgere il compito, che la legge assegna, solo per i candidati a Sindaco e al consiglio Comunale, al Collegio Regionale di garanzia Elettorale.
Sarebbe pertanto opportuno, previo approfondimento, rettificare i toni e le notizie date nell’articolo, ricordando, come è giusto, che i candidati al Consiglio Comunale debbano inviare il rendiconto al Collegio, entro 90 giorni dall’ultima proclamazione, per i non eletti, e dalla loro proclamazione per gli eletti, dando conto del fatto che ai candidati ai consigli municipali non può essere irrorata nessuna sanzione, stante la dichiarata impossibilità stabilita dall’unico organo sanzionatorio.
Riccardo Mastrorillo
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A marzo 2013 è stata approvata l’ultima versione dello Statuto Comunale, dopo le indicazione del Decreto su Roma Capitale che prevedeva un ridisegno e nuovi poteri per i municipi romani.
L’articolo 27, comma 3 dello Statuto ribadisce che per i consiglieri municipali si applicano le stesse disposizioni di legge valide per i consiglieri comunali. Tant’è che fino ad oggi la legge Severino, la dichiarazione patrimoniale e molte altre norme del Consiglio Comunale si applicano anche ai consiglieri municipali.
Se i Presidenti dei consigli municipali rilevano delle incongruenze rispetto alle disposizioni di legge sulle dichiarazioni di spese elettorali, possono sempre rivolgersi agli organi amministrativi e giurisdizionali.
Si tratta comunque di interpretazioni di norme che possono esporre anche i consiglieri municipali al “Rischio” (come ricordato nel titolo del mio articolo) di incorrere in sanzioni di vario tipo, rischio che può essere evitato definitivamente con una semplice autodichiarazione consegnata o inviata al protocollo del municipio. Penso sia sempre meglio non affidarsi ad interpretazioni della legge quando si può facilmente ricorrere ad una dichiarazione di trasparenza.
Sergio Scalia