Ricordando Piero Gribaudi editore
In occasione della scomparsa dell’amico Luigi ApricenaOggi, 28 gennaio 2023, mio figlio Enzo mi ha comunicato di aver appreso, tramite whatsapp, la notizia della morte a Torino del mio carissimo amico e compaesano Luigi Apricena. Abbraccio fortemente, partecipando al loro dolore, l’adorata moglie Maria e i figli Matteo e Claudio.
Con Luigi ho avuto strettissimo rapporto negli anni dei miei studi, dalla media, al ginnasio e poi al liceo in Umbria, e poi ancora a Torino dal 1968 al 1975. Poi una volta partito per Roma i nostri incontri si sono via via rarefatti, ma non per questo meno affettuosi.
Luigi (qui in una foto di tanti anni fa) rimane per me il fratello maggiore degli anni trascorsi in Umbria, con i suoi pacati consigli e i frequenti incoraggiamenti. E poi a lui devo molto anche per la mia carriera editoriale e poetica.
E qui di seguito rivelerò il perché in alcune pagine inedite del mio Diario.
L’antefatto
Nella mia passeggiata di domenica scorsa (13 dicembre 2020) mi sono imbattuto nei pressi di San Basilio in una targa stradale: “via Elena Brandizzi Gianni” e nella parte inferiore: “già via Piero Gribaudi”.
Confesso che ho avuto un colpo al cuore. E ho continuato a ripetere e rimunginare: “già via Piero Gribaudi?”. Come è possibile che abbiano dedicato una via a Piero Gribaudi, editore in Torino? E se così, vorrebbe dire che Gribaudi è morto almeno 10 anni fa (perché è noto che deve decorrere normalmente almeno un decennio dalla morte del personaggio perché gli si possa dedicare una via della città. Quindi vorrebbe dire, mi andavo dicendo, che è morto almeno nel 2010. E perché l’amico e compaesano Luigi Apricena (che di Gribaudi editore è stato lo storico efficiente magazziniere e contabile) non mi avrebbe avvertito?”
Tornato a casa ho fatto una ricerca ed ho appreso che la strada che da via Tiburtina conduce a via Giuseppe Rosaccio ed oltre è intitolata a Elena Brandizzi Gianni, Benefattrice (1901-1968), che ha spodestato nell’intitolazione della strada un omonimo del mio editore. Ricercando ho appreso: “Piero Gribaudi (Cambiano, 1874 – Torino, 1950) è stato un geografo italiano. Docente di geografia economica all’università di Torino dal 1907 al 1949, fu autore di opere basilari nella geografia italiana. Tra queste si ricordano Le geografia nel secolo XIX specialmente in Italia, La posizione geografica e lo sviluppo di Torino, Il problema delle comunicazione nel Piemonte, Per la storia della geografia nel Medioevo e Il Golfo di Gaeta”.
Mentre ridigitavo questo nome e cognome, mi sono imbattuto però nella notizia della morte del “mio” (poi spiegherò perché) editore. Avvenuta quest’ultima il 10 marzo 2019.
Chi era Piero Gribaudi?
La notizia della sua morte. “Morto Piero Gribaudi, editore della spiritualità” https://www.vaticannews.va/it/mondo/news/2019-03/gribaudi-morto-scrittore-editore-lancio-italia-maritain.html
così titolava un articolo sul sito “vaticannews” e che qui di seguito riporto:
Si è spento a Torino, dopo una lunga malattia, Piero Gribaudi. Come editore scoprì e lanciò autori del calibro di Jean Guitton, Jacques Maritain e Michel Quoist
Editore e scrittore di ispirazione cattolica, Piero Gribaudi nel 1966 fonda a Torino la casa editrice che ancora oggi porta il suo cognome, dopo essere stato direttore per circa sette anni della casa editrice Borla con cui scopre e lancia – primo in Italia – autori come Jean Guitton e Jacques Maritain.
L’aspetto spirituale
La giovane casa editrice Gribaudi ha immediato successo grazie all’amicizia e ai suggerimenti di don Barra, ora Servo di Dio, grande educatore e sacerdote. Segue la scoperta di un nuovo originalissimo scrittore di spiritualità, don Alessandro Pronzato – recentemente scomparso – con il suo primo libro Ma io vi dico, 6 edizioni in un anno, a cui segue Vangeli scomodi – tradotto in 20 lingue con oltre 31 edizioni, il libro che Papa Francesco regala a Fidel Castro nel suo storico viaggio a Cuba. Oltre alla squadra di redazione, fondamentale sono l’appoggio di don Rosadoni e soprattutto quello costante e prezioso della moglie Maria Luisa, sempre al suo fianco. “Piccoli breviari” è la collana dove lo stesso Piero Gribaudi scrive su tematiche specifiche di meditazione, che contribuiscono a far conoscere autori assolutamente nuovi e sconosciuti al pubblico italiano.
Una casa editrice a carattere familiare
Negli anni, la casa editrice mantiene la sua dimensione familiare. Autori come Vannucci, Barsotti, Turoldo – per citarne solo alcuni – caratterizzano il primo periodo, segue poi la collaborazione dell’allora giovanissima Comunità di Bose e del Priore Enzo Bianchi, la frequentazione di certosini, carmelitani, camaldolesi, monaci di don Giuseppe Dossetti e della Comunità di Monteveglio. Il risultato è La Filocalia – opera in 4 volumi nella sua prima traduzione completa dal greco. Segue poi la “Collana di spiritualità russa” e la pubblicazione di Silvano del Monte Athos e Serafino di Sarov, tuttora presenti nel catalogo.
I libri per ragazzi
Con l’obiettivo di aiutare i più giovani, Piero Gribaudi dà il via a una collana di libri per ragazzi, “Biblioteca della Gioventù” poi “Biblioteca Giovane”, oltre 150 titoli negli anni. Lo scopo: aiutare, stimolare, guidare i giovani alla lettura. Questo bisogno di “colmare vuoti” è sempre stato – e continua a essere – una caratteristica della casa editrice. Non solo, il suo speciale e unico talento lo porta a creare la serie fortunata e simpatica “Umorismo & Fantasia”. Libri aperti al sorriso e alla fine ironia, apprezzati anche al di fuori dell’Italia, che continuano ad essere letti da una generazione all’altra. (11 marzo 2019, 13:03)
La mia prima “casa” editrice
Il mio primo incontro con Piero Gribaudi avvenne nel quartiere Crocetta a Torino, in via Pastrengo 29, dove aveva la sede l’editrice e, nello stesso stabile, anche la sua abitazione, al secondo piano. Lì egli operava con il “costante e prezioso appoggio della moglie Maria Luisa, sempre al suo fianco”, e con un unico impiegato: Luigi Apricena, mio amico e compaesano, addetto al magazzino e, nei primi tempi, anche della contabilità. Un collaboratore che godeva della sua piena fiducia e, grazie a questa, l’editore mi ricevette.
Il mese e il giorno preciso non lo ricordo, ma di certo fu agli inizi del 1970 e da allora collaborai dapprima saltuariamente, lavorando nell’allestimento di antologie tematiche, correggendo bozze, facendo traduzioni dal francese, e questo fino al 1971, quando, su sua segnalazione, fui assunto come direttore tecnico alla Dellavalle Edizioni (succeduta alle Edizioni dell’Albero) di Piero Femore e Vittorio Viarengo in via Gobetti. Ricordo molto bene il nostro primo colloquio e la vivida impressione che ebbi di questo austero e, a prima vista, un po’ sussiegoso torinese che però a mano a mano si sciolse. Si informò sui miei studi, sulle mie preferenze in tema di autori di romanzi e di poesie, sulle mie aspirazioni. Gli confessai timidamente che ammiravo le sue scelte editoriali e la sua attenzione verso i giovani e che mi sarebbe piaciuto collaborare nella sua editrice. Mentre parlavamo notai l’attenzione all’ascolto silenzioso di sua moglie Maria Luisa che nel frattempo si aggirava nella stanza traboccante di libri intenta alle sue faccende.
Il colloquio si concluse con la promessa che mi avrebbe interpellato in caso di bisogno e che mi avrebbe fornito l’opportunità di una prova. Chiese e annotò il mio numero telefonico. E pochi giorni dopo, mi convocò e mi affidò la revisione di un manoscritto, non senza avermi indicato pazientemente le modalità con cui avrei dovuto operare e mi chiese anche se sapevo correggere le bozze. Io risposi di no. E lui mi disse: “è semplice, richiede però un’attenzione particolare nello scovare e segnalare gli errori e mi diede un prospetto esplicativo su come eseguire le correzioni e i relativi principali segni”.
Da lui e dalla sua bottega artigiana imparai molto rapidamente. Avvertii la particolare attenzione che dedicava alla mia formazione ed anche una certa simpatia che poi sfociò in una promessa di assunzione. Notai, mentre Gribaudi mi esternava questa sua volontà, che la moglie- sempre all’ascolto e all’erta – gli lanciò uno sguardo gelido. Non so cosa sia successo dopo tra i due coniugi, ma nel successivo colloquio che doveva sfociare nell’assunzione come aiuto tecnico, Gribaudi, con imbarazzo, mi chiese scusa per essere stato impulsivo e precipitoso nella promessa e che invece, ad un attento esame della situazione economica, la cosa si era rivelata non più possibile. Deluso e rammaricato, gli feci notare che ero in procinto di sposarmi e quell’assunzione mi avrebbe molto aiutato. Lui prontamente mi rassicurò: “Stai tranquillo parlerò molto bene di te con l’amico editore Piero Femore di Dellavalle Editore e vedrai che ti assumerà. Tu naturalmente dovrai dirgli nel colloquio che qui da me svolgevi la mansione di direttore tecnico”.
Io obiettai: “Ma io non ho il ruolo e l’esperienza di un direttore tecnico”. Lui, prese da uno scaffale quattro volumi dell’Enciclopedia della Stampa edita nel 1969 a cura dell’Istituto di Scienze e Arti Grafiche del Politecnico di Torino (l’opera più completa mai pubblicata in Italia sulla storia, le tecniche, le applicazioni, le terminologie dei processi di stampa) e mi ordinò di studiarla rapidamente perché la settimana successiva mi avrebbe interrogato, prima che io mi recassi al colloquio con Piero Femore. Cosa che fece. Superai quell’esame, ma poiché avevo ingurgitato tante nozioni gli chiesi di poter utilizzare ancora per un certo periodo quella preziosa enciclopedia (che poi non gli restituii perché non me la richiese e lo considerai un suo lascito). Ho conservato quei preziosi volumi fino al mio ultimo trasloco del 2016.
La mia collaborazione con Gribaudi, sempre più saltuariamente, durò almeno fino al 1972, anno in cui fu pubblicato il libro “Dizionario di informazione sessuale per sposi, genitori, educatori” di P.Bertrand/V. Lapie/Dr J.P. Pellé (che conservo gelosamente) di cui curai la traduzione dal francese. Lo conservo gelosamente, ricordando la gioia provata nel vedere il mio nome in apertura di volume.
Negli anni la casa editrice mantenne la sua dimensione familiare. Oggi io mi trovo ad operare in una mia piccolissima “casa” editrice, a conduzione familiare mia moglie, mio figlio ed io), fondata nel 1986, e ospitata in due stanze della mia piccola abitazione a Pietralata
Nel 1993 la Piero Gribaudi Editore fu venduta e la sede fu spostata a Milano. La casa editrice mantiene il nome del fondatore pur non essendo più di proprietà della famiglia Gribaudi. E oltre ai libri religiosi, allarga il campo ad altri settori tra cui il business. Si è qualificata come grande editore dal 1998 al 2006 pubblicando oltre 50 titoli l’anno. Nel 2009 Piero Gribaudi ha redatto (“Conoscendo a fondo la pesante inefficienza e insufficienza in Italia in campo bibliografico”) il catalogo storico della casa editrice negli anni da lui diretta (1966-1993) con l’aggiunta di aneddoti editoriali.
«Luigi, il tuo amico è un poeta»
Mi piace chiudere questo capitolo dedicato al mio primo editore, raccontando un tranello che gli ordii con Luigi Apricena, un fidato collaboratore di Gribaudi e mio compaesano che chiese un parere sul manoscritto (anonimo) de Il paese e Torino nel settembre del 1984 (il libro fu poi pubblicato a Roma nel 1985 con presentazione di Diego Novelli).
Ed ecco il lucidissimo giudizio, con preziosi consigli vergato da Piero Gribaudi.
“Caro Luigi (1)
puoi dire al tuo Amico che è un poeta; piccolo o piccolissimo, non so; certamente però lo è. Soprattutto nella sezione “Si va come alla guerra”, che mi è particolarmente piaciuta.
Decisamente inferiori invece mi sono sembrate le poesie dell’ultima parte, delle quali ho segnato le migliori (le altre, a mio avviso, soprattutto se volesse presentarle a un editore per la pubblicazione, dovrebbe avere il coraggio di scartarle). Parlo del negativo (mancanza di ritmo interiore nella terza parte) perché, quanto al resto, nulla da dire. Quale più quale meno, ogni altra composizione è poesia o ha poesia.
Bisognerebbe che il tuo Amico non temesse, quando se lo sentisse, le composizioni lunghe: “La Portella” è un ottimo esempio in proposito.
Questo perché la lirica breve pare più facile ma in realtà è di un’estrema difficoltà. Ogni termine, pausa, suono devono avere un senso: e ciò richiede, tra l’altro, una grande esperienza ed una conoscenza linguistica raffinata.
Nella lirica breve, cioè, non si può sbagliare nemmeno di un millimetro; la poesia deve pervadere tutto, sino agli interstizi più profondi.
Nella composizione di più ampio respiro, invece, si può dare sfogo maggiore e all’immagine e al dirla.
Né temerei, se fossi il tuo Amico, di usare l’ottica interiore (e relativo linguaggio) paesana, decisamente aspra, ma per questo decisamente genuina (vedasi “Meglio il sole e il paese”, apparentemente “normale”, ma fortissima nel risentimento e nell’ironia di quel “travagliate” e nell’asimmetria ritmica dei primi 5 versi, opportunamente ripetuti; versi “rozzi” stilisticamente, ma colmi di vita poetica).
Capisco che sia forte la tentazione tra la politezza della miglior lingua italiana, che il tuo Amico conosce perfettamente, e certe risonanze, echi o moduli dialettali; io, se avessi la terra così nel sangue, non esiterei per la seconda soluzione, che dà singolare forza a certe immagini e pensieri e che oltretutto potrebbe essere una novità, se utilizzata con accortezza.
Insomma, ad essere se stessi sino in fondo non si sbaglia mai, nemmeno – anzi! – in poesia.
Grazie, comunque, per il buon profumo – aspro e languido, tenero e forte, umano – che mi hai voluto dare.
Piero Gribaudi
(1) Luigi Apricena era un collaboratore dell’editore torinese Gribaudi cui fu chiesto un parere sul manoscritto (anonimo) de Il paese e Torino nel settembre del 1984. Luigi Apricena curò, con successo, grazie alla sua grande abilità ed esperienza la distribuzione, del libro “Il paese e Torino”.