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Stipsi

Una trattazione scientironica

So che l’argomento è tragicomico, ma non per questo mi sento esonerato dal trascurarne la trattazione scientironica che merita.

Dunque, ieri abbiamo parlato di stipsi con i discepoli che mi aspettano ogni giovedì sui gradini della Chiesa della Gran Madre di Dio nella piazza di Ponte Milvio, per la consueta lezione di scienze chimico- fisiche- biologiche, con risvolti fisioastronomici, a seconda delle tematiche che gli stessi mi chiedono di dibattere.

“A professò, l’hai vista ‘a pubblicità delle nuove supposte a gasse?” mi ha domandato Romoletto, er barcarolo, guardiano al Circolo Canottieri Senza Voglia.

“L’ho veduta di sfuggita e comunque mi risulta che la Littizzetto ci abbia già ricamato su abbastanza. Per cui oggi non ho niente in contrario nel trattare l’argomento, però da un punto di vista tecnico scientifico, con parole volgari – nel senso di terra, terra, sia chiaro – onde permettervi di fecalizzare, pardon: focalizzare, l’argomento nella sua esplicita funzionalità. Occhei? ”

“Occhei!!” fu la risposta unanime dei miei pupilli.

“Allora partiamo dal fecaloma e se qualche termine o concetto non vi è chiaro, interrompetemi pure.” Mi guardavano perplessi. Quel termine già li preoccupava un po’. Ma proseguii. “Il fecaloma è il responsabile della stitichezza. Si forma per un ristagno ipersolidificato delle feci nel tratto terminale dell’intestino.”

“Er tappo!” chiosò gridando il barbiere di Via dei Colli della Farnesina, fino a quel momento tra i più attenti.

“Il tappo, sì! Per disgregarlo esisteva un metodo fondato sul facilitarne lo scorrimento ad opera di un lubrificante: la glicerina. La ricerca ha oggi messo a punto un sistema combinato che abbina lo scorrimento ad una spinta gassosa, prodotta dalla formazione di anidride carbonica in loco.”

“E non bastava quella der metulo?” chiese Ubaldone, il bancarellaro della piazza, forse il più erudito tra i miei allievi, orgoglioso di aver coniato il termine met-ulo per distinguere il met-ano contenuto nelle emissioni biodigeste, dalle impurezze solforate e ammoniacali che ne vanno ad inquinare la composizione. Acuta puntualizzazione, la sua, nel differenziare un’emissione gassosa che, pur prorompendo dal medesimo pertugio anale, si diversifica per la composizione quali-quantitativa delle impurezze che accompagnano il componente principale.

“Vedi Ubaldone, talvolta anche la spinta di ciò che definisci – correttamente, intendiamoci – metulo può non bastare. Ecco che allora le nuove supposte, mettendo in gioco la CO2, favoriscono non solo la spinta ma anche la disgregazione del fecaloma o tappo, se preferisci – come lo ha esemplificato senza mezzi termini il barbiere Rolando pocanzi – frantumato dalle bollicine gassose che si fanno forzosamente spazio.”

“ ‘An vedi la ricerca!…” è stata l’esclamazione di Tullio, quello di donne è arrivato l’arrotino. “E allora, Professò, vecchie supposte alla gricelina, o non sarebbe meglio passare a quelle ar frizzo?”

“Sono un empirista, ragazzi. Non vi resta che provare. C’è qualche stitico abituale tra voi?”

Lazzaro, er tornitore a Tor di Quinto, alzò la mano.

“A regà, ce provo io!” si offrì spontaneamente come cavia. “ E doppo ve dirò, tranquillamente se: liscia, gassata o Ferarelle?”

La lezione si è conclusa con la certezza che in materia di scienza, alla fin, fine, è la sperimentazione a confortare anche la più brillante e innovativa delle intuizioni.


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