Una Proposta di Legge Regionale che potrà condurre alla mattanza di gran parte delle Api Regine del Lazio
L’A.L.P.A., Associazione Laziale Produttori Apistici che conduce il 35% della totalità degli alveari regionali, segnala la recente proposta di legge regionale n. 119 del 22/02/2019 a disciplina dell’apicoltura laziale quale foriera di una vera e propria rivoluzione inversa nella selezione della popolazione apiaria locale.
Il testo che cita “la salvaguardia e la valorizzazione del patrimonio apistico regionale e la tutela della sua biodiversità” nonché “la tutela e lo sviluppo degli allevamenti apistici e delle relative produzioni”, all’articolo 11 disciplina infatti “la tutela dell’Apis mellifera sottospecie ligustica”.
Tale proposta di legge, sostenendo l’intenzione di arginare l’erosione genetica dell’autoctona Apis mellifera ligustica, comporterebbe l’implicito abbattimento indiscriminato di circa il 70% delle api regine presenti sul territorio laziale esclusivamente poiché non appartenenti a tale sottospecie e quindi non corrispondenti a specifici requisiti di purezza, fattore già di per sé eticamente ed ambientalmente incomprensibile. Da fonti accreditate, infatti, la presenza dell’Apis mellifera ligustica sul territorio regionale è stimabile in circa il 30% del totale della popolazione apiaria.
La proposta regionale fonda le proprie disposizioni su caratteristiche di maggior rispetto ed adattabilità territoriali di tale sottospecie senza che siano state prodotte evidenze scientifiche che tale unicità possa apportare un contributo in termini di rispetto della biodiversità e maggior resistenza ai patogeni, questo, quando in realtà, natura insegnerebbe che l’ibridazione delle razze potrebbe mostrare l’inverso.
Quindi senza descrivere come l’adozione e l’imposizione ex lege di una unica sottospecie possa salvaguardare e valorizzare la biodiversità territoriale – concetto che già di per sé parrebbe una contraddizione in termini – il provvedimento, dopo essere stato licenziato dalla Commissione Agricoltura Regionale potrebbe a breve vedere applicazione.
Anche volendo prescindere dall’evidenza che, ad ogni livello, la promozione e l’imposizione di una razza unica autoctona non sia mai stata foriera dei migliori auspici, ci si interroga se il legislatore abbia contemplato le implicazioni che tale provvedimento produrrebbe sul piano non solo etico di condurre ad una indiscriminata eliminazione di api regine responsabili esclusivamente di non corrispondere a dei requisiti di razza e di appartenere a quella che la natura le ha assegnato ma, altresì, su quello organizzativo, economico e commerciale che ne conseguirebbe e che verosimilmente ridurrebbe in ginocchio un numero ancora non quantificabile di aziende e professionisti di settore che si vedrebbe costretto, per legge e contra naturam, ad abbattere circa i 2/3 delle proprie regine per rimpiazzarle con regine ligustiche da riacquistare da specifici rivenditori.
Vi è inoltre una ulteriore considerazione, non difficilmente immaginabile, a cui l’applicazione della norma regionale potrebbe condurre oltre quella di innescare una crisi, talora irreversibile, di gran parte delle aziende apistiche produttive composte da centinaia di piccole e medie attività che operano legalmente selezionando per caratteristiche di produttività e resistenza, che sarebbe quella di lasciare spazio a piccolissimi apicoltori hobbisti ed al proliferare di attività produttive non registrate che continuerebbero a svolgere allevamento e produzione clandestinamente con la possibilità, assai verosimile, che la popolazione apiaria non registrata possa ibridare quella disposta per legge esponendo gli apicoltori legali al rischio di sanzioni e nuovi, continui e non prevedibili investimenti.
In Europa, ed anche in Italia, come mostra il progetto di tutela dell’Ape Mellifera Ligustica finanziato dal MIPAAF e gestito da AISSA (Associazione italiana per la selezione e la salvaguardia di Apis mellifera) sull’Isola di Ponza, le riserve di debita salvaguardia vengono costituite in territori di confinamento morfologicamente idonei a tale scopo come isole o vallate alpine, che consentono risultati certi e sostenibili sia ambientalmente che economicamente, del tutto differentemente da quello che potrebbe configurarsi nella Regione Lazio e che potrebbe trovare successiva attuazione anche in diverse realtà regionali con esiti verosimilmente inutili e perniciosi.
Quanto detto forse dovrebbe indurre a nuove riflessioni e tavoli di concertazione, poiché la dovuta tutela e salvaguardia necessitano di esperienza, saggezza, professionalità e riferimento a modelli virtuosi e non di normative isolate, generalizzate ed indiscriminate.
L’A.L.P.A., consapevole che normare l’apicoltura significhi incidere profondamente sull’intero ecosistema, ha presentato concrete, chiare, sperimentate e non equivocabili proposte chiedendo l’abrogazione del comma 1 dell’articolo 11 nel quale viene fatto praticamente divieto di riproduzione e allevamento di razze diverse dall’apis mellifera ligustica nel territorio laziale e di costituire invece aree di riserva e salvaguardia in territori confinati solo naturalmente. Proposte che si basano su scienza e coscienza che l’articolo 11 del Testo, salvo diversa, comprovata dottrina contraria, risulterebbe avvilente ed incompatibile con i principi e l’efficacia di esperienze di salvaguardia appropriate e rispettose della biodiversità e non di quella che diversamente potrebbe configurarsi e grottescamente mutarsi in biounicità laziale.
Per quanto detto, molti apicoltori professionisti e di solida esperienza, in mancanza di ulteriore ascolto, hanno chiesto di indire una petizione digitale al fine di porre domande ed approfondimenti pubblici riferiti a tale provvedimento e, da ultimo, se indifferibile, a registrare la detta mattanza di circa il 70% delle api regine non ligustiche presenti nei propri apiari portandone testimonianza alla sensibilità comune, evento inconcepibile che auspichiamo la Regione Lazio intenderà scongiurare con ogni opportuno intervento di coscienza, cautela, responsabilità e buonsenso.
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Non fatevi infinocchiare. Chi utilizza ibridi e sottospecie (e non razze) non autoctone, ovvero gli estensori di questa petizione, nel passato ha ucciso le regine dei propri alveari e vi ha messo una ibrida solo ed unicamente per fini economici (dell’ambiente se ne fregano). Quindi hanno fatto loro la mattanza e ora gridano allo scandalo. Inoltre, quello che non dicono è che siccome le regine si accoppiano in volo, chi usa ibridi e razze non autoctone per mantenere lo standard produttivo, ogni due anni deve ucciderle e sostituirle con altre che possano mantenere le performance. Altro che mattanza! Chi usa api locali, invece, può far autosostituire le proprie regine perché si accoppiano con fuchi (maschi) della stessa sottospecie e quindi non perderanno le loro performance.
E questi sarebbero gli apicoltori ecologisti!