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Via Vitellia
Via Vitellia, secondo la toponomastica urbana, è stata istituita nel 1902 dal Comune di Roma e congiunge Piazza San Pancrazio a Via della Nocetta.
Prende il nome dall’imperatore Aulo Vitellio (Germanico Augusto), vissuto nel I secolo d.C, tra il 15 e il 69 d.C.. Di origine campana, dell’attuale città di Nocera, Vitellio visse a Roma, e fu console nel 48, sacerdote degli Arvali nel 57 e proconsole in Africa nel 60. Successivamente. mandato in Germania dall’imperatore Galbia, per sedare le divergenze tra la Germania Superiore, che non riconosceva l’imperatore, e quella Inferiore, priva di un generale, Vitellio suddivise il proprio esercito in tre parti. Al comando del proprio, il nostro si diresse verso la Germania Superiore rafforzato dal secondo esercito del comandante Cecina Alieno; il terzo, invece, comandato dal generale Fabio Valente, fu inviato in direzione della Germania Inferiore nell’intento di soggiogare anche le Gallie. Sottomessa tutta la Germania, acquisì l’appellativo di Germanico, e successivamente, insidiato un colpo di Stato militare portato a termine a Colonia dai suoi due sopracitati comandanti, si appropriò del titolo di Augusto, cioè del primo imperatore romano, ad aprile del 68, per tenerlo fino a dicembre. Rientrando a Roma per legittimare la nomina, si trovò però, a dover fronteggiare il generale Vespasiano che nel frattempo aveva vinto la guerra in Egitto e si era conquistato la fiducia dei popoli orientali, intento anch’egli a detenere il titolo di imperatore. La battaglia, che si svolse a Cremona tra i due eserciti, si concluse con la disfatta di Vitellio che fu costretto ad abdicare a favore di Vespasiano, il quale lo fece poi uccidere per timore di una vendetta.

Aulo Vitellio
Dalla “Vita di Vitellio” di Svetonio, sappiamo che ebbe due matrimoni e tre figli, tra cui una figlia, nota convenzionalmente come Vitellia. Inoltre, sappiamo che egli era pigro e bonario, amante del bere e del mangiare, tanto che è rinomata una sua ricetta culinaria, riportata da Apicio, a base di fave. Definita “Crema di fave”, in realtà era un menù comprensivo di “garum” e fave. Il “garum” era un preparato piccante a base di interiora di pesce che fungeva da salsa liquida per accompagnare qualsiasi pietanza, abbinato, secondo questa ricetta vitelliana, ad una specie di purea di fave, bollite con porro, coriandolo, fiori di malva, finocchio, sedano, pepe e vino, fino a diventare appunto, una “crema di fave”. Ancora oggi, in occasione di eventi particolari, presso alcune associazioni archeologiche o guide turistiche che propongono all’interno del loro programma, una presentazione e degustazione delle ricette romane, si può assaggiare sicuramente il “garum” o le altre pietanze, che potrebbero apparire di un sapore insolito al nostro palato, dopo millenni di contaminazione delle varie culture culinarie.