VianDante 6: “Lassate ognie speranza voi che intrate”
Negli articoli precedenti ci siamo fatti guidare dalle terzine dantesche alla scoperta di luoghi, mete e personaggi del Lazio citati nella Divina Commedia.
Giunti a metà del nostro percorso letterario-turistico oggi parleremo di due luoghi dove il viaggio di purificazione e rinascita del sommo poeta era patrimonio del “popolo” e l’insegnamento e la didattica avvenivano in maniera singolare attraverso pitture e affreschi. La “Divina Commedia” patrimonio di tutti … un po’ come succedeva fino a pochi anni fa; quando le terzine dantesche erano tramandate oralmente, a memoria (anche da persone semicolte o analfabete) tanto da divenire di uso comune. Attualmente, la “canoscenza” in tal senso si è un po’ perduta.
“Per me si va ne la città dolente,
per me si va ne l’etterno dolore,
per me si va tra la perduta gente.
Giustizia mosse il mio alto fattore;
fecemi la divina podestate,
la somma sapienza e ‘l primo amore.
Dinanzi a me non fuor cose create
se non etterne, e io etterno duro.
lasciate ogni speranza, voi ch’intrate”
(Inferno, canto III, vv. 1-9).
È di soltanto qualche mese la scoperta di un Dante “inedito” all’interno della chiesa medievale di Sant’Arcangelo Michele a Formello (comune della città metropolitana di Roma Capitale). Un famosissimo verso della Divina Commedia, databile al 1400, “Lassate ogni speranza voi ch’intrate” unitamente ad una scena infernale di demoni che varcano la soglia dell’inferno è stata per svariati secoli coperta da strati e strati di intonaci. Il lavoro di scoperta e di restauro è stato voluto e finanziato dall’Archeoclub d’Italia. Le ricerche stanno ancora proseguendo e da una prima indagine pare che l’opera appartenga alla scuola di Antoniazzo Romano, il grande artista che lavorò moltissimo, nella seconda metà del ’400, a Roma e nel territorio circostante. Verosimilmente un suo seguace potrebbe aver messo mano a questo ciclo pittorico.
Più nel dettaglio si può dire che si tratta di una scoperta più unica che rara. L’italiano, il “volgare” che irrompe in una chiesa come “mezzo” per comunicare ed insegnare in modo ecumenico ed efficace al grande pubblico dei fedeli attestando, inoltre, come l’opera dantesca fosse conosciuta all’epoca anche tra il popolo.
“Pofi, parlo di te: il Ciel secondo
Sortisti con stupor d’arte, e natura,
Se Opra di Numi sei, e non del Mondo.
Cibel ti diè proporzionata altura,
Giove fecondità, nido giocondo.
Saturno fu ch’edificò tue mura”
Così Giambattista Marino, illustre poeta napoletano seicentesco, canta Pofi (comune in provincia di Frosinone) dove – durante la sua fuga, per aver commesso gravi reati, da Napoli verso Roma – soggiornò per un breve periodo. Rimase incantato dalla bellezza del paese vulcanico, dalla fecondità delle sue terre e dalle bellezze naturali di questo angolo della Ciociaria.
Un paese così piccolo e fuori dalle rotte turistiche maggiori, tuttavia, conserva una rara e bella testimonianza della Divina Commedia. La chiesa di Sant’Antonio Martire è un’antica chiesa romanica (costruita tra l’XI e il XII secolo) che sorge, secondo una leggenda, nel luogo in cui Sant’Antonino di Pamiers avrebbe fatto sgorgare una fonte per dissetare i numerosi viandanti diretti a Roma.
Molto interessante è l’interno della chiesa, ad una sola navata, affrescato (presumibilmente intorno al 1433 di scuola umbro-laziale) con scene dell’Inferno, del Purgatorio, del Paradiso chiaramente ispirate alla “Divina Commedia”. Queste pitture murali, rese attraverso un linguaggio popolare, ma con nessi teologici ben definiti, del giudizio universale costituiscono un “unicum” nel panorama ciociaro storico-architettonico.
Non è un caso che queste scene dall’alto potere didascalico ed evocativo e dunque destinate ad un pubblico prevalentemente di analfabeti si trovino nella controfacciata della chiesa: avevano il compito di ricordare a chi usciva dal tempio di seguire i comandamenti del Signore per aspirare alla vita eterna. Un insegnamento “democratico” adatto a tutti e pensato per tutti, senza distinzione di sesso, età, classe sociale o altre differenze sovrastrutturali.
Curiosità
Altri affreschi (più recenti e avente carattere privato) rappresentanti scene dantesche li ritroviamo in una delle sale al pianterreno del Casino Massimo Lancellotti al Laterano a Roma effettuati da quel gruppo di pittori tedeschi che, agli inizi del XIX secolo, convertiti al cattolicesimo si trasferirono nella capitale della cristianità per far rivivere il messaggio e i valori cristiani attraverso la pittura. Crearono una confraternita artistica e vennero chiamati “Nazareni”. Si dedicarono prevalentemente alla tecnica dell’affresco (quasi del tutto caduto in disuso) ispirandosi ai grandi artisti del passato. Tra i massimi esponenti del movimento possiamo ricordare: Johann Friedrich Overbeck, Philipp Veit e Joseph von Führich.
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