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Memoria pellerossa del 25 Giugno 1876

Il giorno in cui, presso il fiume Litle Bighorn, le "Giacche Blu" del Generale Custer, furono sconfitte dai "musi rossi"
La premiazione del Premio Vincenzo Scarpellino 2024

Oggi è un buon giorno per morire” (Cavallo Pazzo, Capo della Tribù dei Sioux Oglala,1840-1877)

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“Si son presi il nostro cuore sotto una coperta scura / Sotto una luna morta piccola dormivamo senza paura /  Fu un generale di vent’anni /  Occhi turchini e giacca uguale /  Fu un generale di vent’anni / Figlio d’un temporale”//. . (Fabrizio De Andrè, “Fiume Sand CreeK”,1981).

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Quel 25 Giugno del 1876, una Domenica, fu un giorno glorioso per la Nazione Indiana (leggi i nativi americani), ma fu anche l’ultimo passato in libertà nelle praterie della loro terra, spesso definite sconfinate, perché dopo quel giorno, il giorno della Battaglia di Little Bighorn, i nativi americani (anche noti come pellerossa) vennero rinchiusi dai “visi pallidi” nelle Riserve (che è un altro modo di definire con una parola i campi d’internamento per i diversi ) e lì vissero fino al 1924, quando vennero autorizzati ad integrarsi con gli americani. Ma la libertà (che vuol dire riconoscimento formale dei diritti costituzionali e l) per loro arrivò solo quanta anni dopo con il Civil Rights Act, /1\964) firmato dal Presidente  Lyndon Johnson.

Dalle Riserve indiane ai Campi d’Internamento per i giapponesi e i nippo-americani

In conseguenza del proditorio attacco giapponese di Pearl Hrbour del 7 Dicembre 1941, e della successiva entrata in guerra contro Germania, Italia e Giappone, gli americani decisero l’internamento in appositi Campi di prigionia dei giapponesi presenti sul suolo americano, ma anche dei giapponesi di cittadinanza americana, applicando l’Ordine Esecutivo N.9066, firmato dal Presidente F.D. Roosevelt nel febbraio del 1942. L’internamento dei giapponesi con cittadinanza americana sollevò pesanti interrogativi sulla legalità dell’operazione e portò il Governo USA, nel 1988, a scusarsi uffialmente con il Governo giapponese. In totale vennero internati circa 120mila nippo-americani e tra i tanti Campi presenti sul territorio statunitense, quello Manzanar, in California nei pressi della città di Los Angeles ( Mnzanar in spagnolo significa  “Campo di Mele”)  toccò la massima popolazione nel Settembre del 1942, con 10.046 prigionieri. l’internamento riguardò anche i cittadini tedeschi e quelli italiani che si trovavano a risiedere negli USA, dopo la dichiarazione di guerra USA a Germania, Italia e Giappone..

Gli americani si erano indubbiamente “fatti le ossa”  in questo campo con la creazione delle Riserve Indiane nate dopo la battaglia di Little Bighorn, Riserve che erano dei veri e propri Campi di Internamento.

Quella che avete appena finito di leggere è una piccola Premessa alla storia che segue e che riguarda la battaglia che si svolse il 25 Giugno del 1876, nei pressi del torrente Little Bighorn (Black Hills) tra le “Giacche Blu” (come i pellerossa chiamavano in soldati americani) del Generale George Armstrong Custer e gli indiani Cheynne, Lakota Sioux  e Araphao di Toro Seduto e di Cavallo Pazzo.

Quella battaglia fu vinta dai pellerossa che venivano però da diverse situazioni in cui erano stati vigliaccamente attaccati e massacrati dai soldati della Cavalleria statunitense. Due esempi; il massacro presso il fiume Sand Creek (29 Novembre 1964) quando donne vecchi e bambini presenti in un  Campo indiano vennero fatti letteralmente a pezzi dai volontari del generale John Chivington o ancora il massacro del Fiume Washita, dove il  27 Novembre del 1868, proprio il 7° Cavalleria del Generale Custer caRICò, all’alba, fra le tende delle famiglie che dormivano; mentre i guerrieri erano lontani, a caccia di bisonti. Una carica per massacrare, guidata da Custer e dalla musica della Banda Regimentale che suonava ”Garry Owen”

“Il Giardino di Garry” e due Garibaldini italiani

La famosissima marcetta che accompagna l’incedere e la carica del 7° Cavalleria guidato dal “Generale” Custer è così famosa che anche chi non ne conosce neppure il titolo, certamente ne conosce la melodia.
Eppure la storia di questa marcia è particolare e antica, assolutamente indipendente – almeno in origine – dalle scelte di Custer. Garry Owen (il giardino di Garry), conosciuta anche come Garryowen, Garyowen, Garyone e Gary Owens, è il titolo di una antica melodia irlandese che accompagnava una danza quickstep. (https://www.youtube.com/watch?v=_vSF_svUvlo).

Suggerita a Custer da un suo Capitano, Garry Owen fu approvata e quindi suonata per la prima volta dal Direttore della Banda Musicale, Felix Vinatieri, italiano, garibaldino, veterano delle guerre risorgimentali e uno dei sopravvissuti di Little Bighorn.
Un altro sopravvissuto sarà John Martin ovvero ancora un italiano, Giovanni Martini, il Trombettiere del /&° Cavalleggeri, anche lui garibaldino

Questi ed altri episodi simili hanno configurato il vero e proprio genocidio compiuto con le “Guerre Indiane” dagli americani nei confronti dei nativi e che – complice il cinema  hollywoodiano – è stato spacciato,  da noi in Italia, come un’epopea pionieristica  di uomini rudi (ma rigorosamente bianchi) di quelle che “non devono chiedere mai”, di cui andare fieri e su cui costruire un sentimento nazionale (meglio nazionalista). Interpretazione che da noi ha prontamente attecchito a livello popolare, come prova, anche se a livello parodistico, il breve monologo del grande Alberto Sordi che trovate di seguito.

Un Americano a Roma. ovvero come ti stermino gli Apaches

In piedi in riva alla marana Nando Meniconi, detto l’”americano”, recita il seguente breve monologo: “Ok Generale Custer, abbiamo occupato le Colline, appuntamento a mezzogiorno di fuoco, stermineremo gli apaches!” (Dal Film “Un Giorno in Pretura”, 1954, regia di Steno, al Secolo Stefano Vanzina)

Certo da quel lontano 1954 molta acqua  è passata sotto i ponti, anche nella mecca del Cinema a Stelle e Strisce e sono arrivati anche da noi Film come Soldato Blu”, 1970, regia di Ralph Nelson  o “L’Uomo chiamato cavallo”, sempre 1070, regia di Elliot Silverstein. Ciò nonostante, quell’epopea di celluloide è dura a morire e nessuno ha ricordato, il 25 Giugno scorso, il 148° Anniversario quell’ultima vittoria dei nativi americani che costò la vita al Generale biondo, in giacca blu, che i pellerossa  chiamavano “Lunghi Capelli”. Lo faccio allora io qui, anche se con qualche giorno di ritardo.

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Dunque, il Little Bighorn è un fiume, affluente del più copioso Bighorn ed entrambi devono il loro nome ad una razza di pecora che vive sulle Montagne Rocciose. Nessuno, credo, si sarebbe ricordato di quel fiumiciattolo (“little River) se proprio nei suoi pressi non si fosse svolta, il 25 Giugno del 1867, la Battaglia tra i nativi americani e le “Giacche Blu” del Generale “!Lunghi Capelli”. E Nessuno forse se ne ricorderebbe oggi se quel luogo- che si trova a circa 8 chilometri a sud di Crow Agency, sulla sponda orientale del fiume – non fosse diventato un’area protetta denominata “Monumento Nazionale della Battaglia del Little Bighorn”

Ma entriamo dentro la storia di questa battaglia. Quello che segue è uno dei raccolti di quella Battaglia trovato in Rete.

 “OGGI E’ UN BUON GIORNO PER MORIRE” (25 giugno 1876 a Little Bighorn)

https://bresciaanticapitalista.com/2016/11/02/oggi-e-un-buon-giorno-per-morire-a-standing-rock-si-lotta-per-la-salvezza-della-terra-di-claudio-taccioli/


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