Categorie: Libri e letteratura
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Si può fare l’elogio dell'”ignoranza consapevole” e dell'”errore”?

Si può. E Gianrico Carofiglio la fa nel suo ultimo Libro

Gli errori sono necessari, utili come il pane e spesso anche belli: per esempio la Torre di Pisa” (Gianni Rodari, “Il Libro degli errori”, 1964)

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Quella che il bruco chiama fine del mondo il resto del mondo chiama farfalla” (Lao Tzu, “Tao Te Ching, Il Libro della Via e della Virtù”, VI Secolo a.C.)

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È possibile trasformare una sconfitta in una vittoria? Si può. Si può vivere meglio, una volta scoperta l’”ignoranza consapevole? Si può. La risposta positiva a queste domande ce la dà Gianrico Carofiglio (Bari, 1961), ex Magistrato, ex Senatore della Repubblica, Giallista (ha inventato il fortunato personaggio dell’Avvocato Guido Guerrieri, l’Avvocato degli sfigati) e Saggista di vaglia che torna in Libreria con il suo ultimo Saggio, “Elogio dell’Ignoranza e dell’errore”, per i tipi della Einaudi.

Essere “consapevolmente ignoranti” è cosa buona e soprattutto giusta

Mentre è assai conosciuta la frase dell’ateniese Socrate, Filosofo dell’antica Grecia: “Scio me nihil scire”. ovvero “So di non sapere”, lo è meno il concetto espresso dal Fisico scozzese James Clerk Maxwell (1831-1879) per il quale il progresso nasce da una “consapevole ignoranza”.

Maxwell non era un Filosofo, ma, come ho scritto, un Fisico ed è generalmente considerato il padre dell’Elettromagnetismo, ovvero colui che ha compreso la vera natura della luce ed ha conferito formalizzazione matematica all’unitarietà dei fenomeni elettrici e magnetici, offrendo ad Albert Einstein (1879-1955) solide fondamenta per la sua “teoria della Relatività” e a quelli venuti dopo di lui, le basi per lo sviluppo delle telecomunicazioni.

Devo confessare che da fan di Gianrico Carofiglio, ormai da molti anni, attendo sempre con impazienza l’uscita di un suo libro perché – anche se si tratta di un Romanzo (ma non è questo il caso) – la lettura delle sue pagine è sempre fonte di impegno e riflessione e quando arrivi all’ultima riga, ti resta comunque molto su cui continuare a riflettere ed elaborare e magari – per restare in tema – anche un po’ meno ignoranza delle cose.

In questa sua recente fatica letteraria Carofiglio- come fa spesso – partendo da fatti personali, ovvero dalle esperienze della sua vita, ma anche da esempi concreti arrivatici da esperienze di altre persone, a noi più o meno note, ci parla dell’”ignoranza consapevole”.

Di che si tratta? Potrebbe sembrare un difetto e invece, per Carofiglio, è una qualità, una qualità nascosta che ognuno di noi possiede e che generalmente si scopre quando si è davanti ad una scelta.

Meglio – come spiega lo stesso Carofiglio, in una recente intervista – quando sbatti il muso contro il muro della sconfitta e pensi che sia finita e che per te non ci sia più nessuna possibilità di dare uno sbocco positivo alla tua vita e, invece, scopri che la scelta a cui la sconfitta ti costringe non è un “ripiego” (come pensavi) ma è qualcosa che cambia radicalmente (e in meglio) la tua esistenza in vita, un quid per il quale hai trasformato un difetto in una qualità.

Evidentemente però questa possibilità di trasformazione non va generalizzata perché non è la regola, e Carofiglio lo scrive nel suo Saggio (che non è un Manuale di auto-aiuto). A volte, ci ricorda, ci sono degli errori che sono solo degli errori e bisogna accettarli per quello che sono.

Certo, essere consapevoli della propria ignoranza è una condizione difficile da raggiungere perché, generalmente, l’ignoranza si nasconde e cammina a braccetto con l’errore che, sempre generalmente, si nega, ovvero non si riconosce praticamente mai di avere sbagliato. Il percorso attraverso il quale si “rivolta la frittata”, ovvero si smette di nascondere e negare l’ignoranza e l’errore, è lungo e difficile, ma quando ci riesce di compierlo fino in fondo, il Mondo che ci si apre davanti è qualcosa che vale la pena di esplorare perché ci può cambiare la vita, istillandoci saggezza in dosi massicce. Insomma, per Gianrico Carofiglio il messaggio è forte e chiaro e dice che: è nella capacità di abbracciare l’imperfezione che si trova la vera saggezza.

Due parole: “errore” e “ignoranza”

Fin da bambini ci raccontano che se sbagli prendi un brutto voto; se sbagli non vieni promosso e non fai carriera, in certi casi addirittura perdi il lavoro; se sbagli perdi la stima degli altri e anche la tua. Sbagliare è violare le regole, sbagliare è fallire.

Per l’ignoranza, se possibile, i contorni sono ancora più netti: l’ignoranza relega alla marginalità. E quando si passa dalla definizione della condizione (ignoranza) all’espressione che indica il soggetto in quella condizione (ignorante), il lessico acquista il connotato dell’offesa. In realtà, l’errore è una parte inevitabile dei processi di apprendimento e di crescita (un tempo si diceva: “sbagliando s’impara”), e ammetterlo è un passaggio fondamentale per lo sviluppo di menti aperte e personalità equilibrate. Così come osservare con simpatia la nostra sconfinata, enciclopedica ignoranza è spesso la premessa per non smettere di stupirsi e di gioire per le meraviglie della scienza, dell’arte, della natura.

Dunque, un Saggio breve ma interessante sul quale personalmente non mi dilungo oltre, lasciando la parola al suo Autore; parola che trovate sotto nell’intervista che, il 15 Luglio scorso, a Carofiglio ha fatto il giornalista Diego Vincenti, per la pagina Cultura e Spettacoli del Quotidiano milanese Il Giorno.

Dunque, grazie per l’attenzione. e buna lettura dell’articolo e del libro.

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Gianrico Carofiglio e l’elogio dell’errore: “Essere consapevoli della nostra ignoranza ci fa vivere meglio”

Al Castello la lezione (in forma di recital): “Un viaggio da Socrate e Confucio a Roger Federer e Mike Tyson. Allargare la conoscenza ci mette in contatto con ciò che non sappiamo”

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“[…]

Carofiglio, cos’è dunque questa ignoranza consapevole?

“Un concetto che nasce osservando come le persone competenti di un settore, i professionisti, spesso non sono minimamente consapevoli dei limiti della loro conoscenza e questo determina conseguenze catastrofiche. C’è insomma al di là del nostro sapere, un territorio sconfinato in cui siamo ignoranti e che dovremmo affrontare con circospezione, cercando di essere il meno sprovveduti possibile”.

Ma cosa comporta questa consapevolezza?

“Una linea di azione composta da prudenze, piccole scommesse, piani di fuga, in modo da non ritrovarsi paralizzati in progetti ampi, in cui non prendiamo in considerazione lo sbaglio. Il bagaglio delle conoscenze è limitato di fronte alla vastità della nostra ignoranza. Di solito uso un’immagine per spiegarlo”.

Prego.

“La nostra conoscenza è un’isola, circondata di mare e di scogli, con un perimetro preciso. Allargandosi gli scogli divengono terraferma, il perimetro si ampia. Ma questo vuol dire solo che aumenta la nostra zona di contatto con l’ignoranza, con quello che non sappiamo”.

Un po’ il vecchio “so di non sapere“?

“Sì, certo, Socrate. Ma anche Confucio, che sottolineava bene la dimensione gigantesca di questo non sapere”.

L’ignoranza consapevole permette di vivere meglio?

“Permette di capire come l’errore sia parte strutturale del nostro stare al mondo. Per altro la maggior parte del tempo che viviamo lo passiamo avendo torto. C’è una storia legata a Roger Federer che credo sia molto istruttiva. Un giorno, durante il discorso per la consegna di un dottorato honoris causa, spiegò come nella sua carriera avesse vinto l’88% delle partite disputate ma solo il 54% degli scambi. Aveva insomma sbagliato nel 46% delle occasioni”.

Nel lavoro unisce spunti lontani.

“Sì, questo di cui parliamo è il tema teorico. Poi indago i vari tipi di errore, i danni che si possono fare se si pensa a campi delicati come la giustizia o la politica. Ma c’è anche una riflessione sui limiti delle grandi progettualità”.

Tema in cui cita addirittura Mike Tyson.

“Prima di un incontro gli dissero che il suo avversario aveva pensato a tutto un piano articolato per sconfiggerlo. Lui fece presente che abbiamo tutti un piano prima che ci arrivi all’improvviso un pugno sul viso. Mi è sembrata una sintesi interessante”.

Lei che rapporto ha con l’errore?

“Lo considero organico alla vita, accetto l’idea che possa accadere. E da quando lo accetto vedo errori da tutte le parti. Ma bene così, piuttosto che cadere nella dissonanza cognitiva, di divorziare dalla realtà. Viene in mente Hegel quando sottolineava che se la teoria non si adattava ai fatti, tanto peggio per i fatti. C’è chi vive l’errore in questo modo”.

Come viene vissuta la riflessione nei settori che ha frequentato?

“In generale trovo che manchi un po’ di educazione pratica. Se ad esempio penso alla giustizia, la pratica del dubbio permetterebbe di riconoscere sbagli che possono avere conseguenze molto gravi. Ma in realtà l’unico settore in cui non ho mai davvero trovato nessuno disposto ad ammettere un errore è la politica. Un test sconfortante, dove per altro c’è la tendenza a interloquire di qualsiasi cosa”.

Sarebbe meglio tacere in alcuni casi?

“Decisamente. All’università mi è capitato di provare a rispondere a domande di cui sapevo poco. Ma credo sia naturale. In politica invece nessuno ammette di non sapere decidendo di non rispondere. Peccato perché la sincerità è qualcosa che poi le persone e gli elettori ti riconoscono”.

(Fonte: https://www.ilgiorno.it/milano/cultura/gianrico-carofiglio-09de1ea1?liv&live)


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