La Casa delle Poesie di Centocelle presenta Le Rime di Michelangelo
Sabato 16 aprile alle ore 18,30 presso "Il Geranio" in via dei Rododendri 15 con M. Teresa Pellegrini RahoSabato 16 aprile alle ore 18,30 presso “Il Geranio” in via dei Rododendri 15, a Roma la Casa delle Poesie di Centocelle presenta Le Rime di Michelangelo con M. Teresa Pellegrini Raho.
Michelangelo Buonarroti, oltre ad essere stato un eccezionale scultore e pittore, fu anche un poeta, anche se la sua opera risulta essere semisconosciuta ai più.
La poesia di Michelangelo, pur non raggiungendo le vette del capolavoro, è caratterizzata da una notevole forza ed originalità e riflette la personalità geniale e a volte tormentata dell’autore.
Le Rime di Michelangelo furono stampate postume nel 1623, per iniziativa di un nipote dell’artista (Michelangelo Buonarroti il Giovane).
Oggi sappiamo che l’autore compose i suoi primi versi sotto l’influenza delle sue letture dantesche, petrarchesche e dei poeti fiorentini di fine Quattrocento, soprattutto Lorenzo il Magnifico e Pulci.Tuttavia è nella maturità e ancor più nella vecchiaia di Michelangelo che si concentra la sua produzione poetica, tanto che solo nel 1564 l’autore fa riunire un certo numero di componimenti in vista di una pubblicazione poi mai realizzata almeno finché egli fu in vita.
Ed ecco i primi testi della raccolta
1
Molti anni fassi qual felice, in una
brevissima ora si lamenta e dole;
o per famosa o per antica prole
altri s’inlustra, e ‘n un momento imbruna.
Cosa mobil non è che sotto el sole
non vinca morte e cangi la fortuna.
2
Sol io ardendo all’ombra mi rimango,
quand’el sol de’ suo razzi el mondo spoglia:
ogni altro per piacere, e io per doglia,
prostrato in terra, mi lamento e piango.
3
Grato e felice, a’ tuo feroci mali
ostare e vincer mi fu già concesso;
or lasso, il petto vo bagnando spesso
contr’a mie voglia, e so quante tu vali.
E se i dannosi e preteriti strali
al segno del mie cor non fur ma’ presso,
or puoi a colpi vendicar te stesso
di que’ begli occhi, e fien tutti mortali.
Da quanti lacci ancor, da quante rete
vago uccelletto per maligna sorte
campa molt’anni per morir po’ peggio,
tal di me, donne, Amor, come vedete,
per darmi in questa età più crudel morte,
campato m’ha gran tempo, come veggio
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