Ciao, Maestro!

Il 29 luglio 2013 all'uiversità di Roma La Sapienza si sono svolti i funerali del professor Giuseppe Gaetano Castorina

Il 29 luglio 2013 alle ore 11 presso la Cappella dell’università di Roma La Sapienza si sono svolti i funerali del professor Giuseppe Gaetano Castorina. Nonostante il periodo feriale, molti i convenuti  di ogni età, giovani studenti universitari, ex allievi, docenti che si sono stretti ai familiari (la moglie Manuela, i figli Silvia, Bruno e il piccolo Andrea) per condividerne il grande dolore.

Un dolore che, nel corso della cerimonia, tuttavia si è colorato di serenità, di fiduciosa speranza, quella stessa che il prof. Castorina sapeva infondere in chiunque fosse in relazione con lui, dai parenti, agli amici, agli studenti, ai colleghi e che è stata testimoniata da tutti coloro che si sono alternati sull’altare per ricordarlo.

A partire dal celebrante che è stato protagonista di uno straordinario dialogo con il piccolo Andrea, vivacissimo e partecipe della cerimonia che ha saputo trasfondere un sorriso in tutti i convenuti, che ne sono rimasti contagiati. Il concelebrante, allievo molti anni fa del prof. Castorina all’università di Cosenza, ha detto che egli è come una stella che ci guiderà dall’alto e che in qualità di giusto sarà prezioso agli occhi del Signore.

Il prof. Eugenio Gaudio, Vice-Preside della Facoltà di Medicina e Chirurgia, Università di Roma “La Sapienza” e delegato del Rettore dell’università, ha ripercorso le tappe della carriera accademica di Castorina, dichiarandosi fiero di aver potuto godere del patrimonio del suo magistero. Ne ha esaltato le doti di semplicità, sapienza, umiltà e impegno profuso nei suoi molteplici incarichi accademici non solo a Roma ma anche presso le università di L’Aquila e a Cosenza, e nell’internazionalizzazione della sua università, creando un legame, un ponte con tutte le lingue del mondo. Ha sottolineato il contatto particolare con i suoi studenti e collaboratori nei quali ha lasciato i semi del suo sapere, tramandandoli, come ogni buon maestro sa e deve fare.

Bruno Castorina, inguaribile giocatore di parole come il defunto fratello, è partito dal cognome del professore che l’aveva preceduto, Gaudio (cioè gioia), per ricordare come egli fosse un dispensatore di gioia e di serenità per quanti gli gravitavano intorno. Ha poi sottolineato il patrimonio del suo insegnamento, lasciato a chi gli succederà con la generosità di un uomo rinascimentale, ed ha attirato l’attenzione su quello che è il lascito più prezioso che consiste nella concezione delle lingue considerate come un formidabile ponte per unire più che per dividere i popoli.

L’ex preside della facoltà di Scienze politiche prof. Fulco Lanchester ha affermato che l’Università deve molto del suo prestigio al valore di personalità come quella del prof. Castorina.

fotocastorinaEmozionante è stato l’intervento della nipote Daniela che ha ringraziato lo “zio professore” del suo grande amore per l’Africa e dell’apertura mentale che ha saputo creare nell’ambito universitario organizzando con passione dal 2002 il Festival che promuoveva incontri internazionali. Ha poi rivelato oltre al suo grande amore per la poesia, quello per il mare (“ha voluto morire, con il sottofondo del rumore del mare”) e quello per il canto. E sorprendemente ha concluso intonando, fino a commuoversi e commuovendo gli astanti la canzone ciuri di tuttu l’annu l’amuri ca mi dasti ti lu tornu…

Mi sia consentito infine di esternare un mio particolare ricordo. Le ultime volte che ho potuto conversare con lui è stato per avere i suoi originalissimi giudizi sui finalisti del Premio Ischitella-Pietro Giannone. Giurato meticoloso e attento nei confronti di quel supremo gioco di parole costituito dalla poesia e da quella nei dialetti di tutta Italia, ha svolto il suo ruolo con impegno, fino in fondo. Ci siamo sentiti spesso nei suoi ultimi giorni e il suo spirito, la sua forza d’animo, resistente ad ogni avversità, mi ha sempre colpito, come del resto quello della sua giovane moglie Manuela. Erano innamorati ed entrambi impegnati in una sorta di campionato per meglio proteggere il frutto del loro grande amore, il piccolo “grande” Andrea. Mi aveva profondamente colpito questa singolare coppia, sempre disponibile, sempre sorridente. Fin dal 2004, quando ci incontrammo le prime volte all’Università e poi nella nostra amata Ischitella, dove erano soliti soggiornare e dove – mi aveva detto, appena pochi giorni fa – si stava preparando per ritornare. Ai funerali ero vicino di banco dei prof. Rocco Guerra e Valentino Di Stolfo, venuti da Ischitella per un ultimo omaggio al loro professore, loro ospite nel Gargano, quasi uno di famiglia.


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