“Dal quartiere al palco” presenta Peter White

Abbiamo intervistato il cantautore romano in occasione dell'uscita del nuovo singolo "L'ora d'oro"

Protagonista del nostro spazio dedicato agli artisti emergenti romani è il cantautore Peter White.

Dopo il successo dei precedenti lavori “Primo appuntamento” e “Millisecondi”, che l’hanno consacrato come uno degli esponenti della nuova scena cantautorale romana, Peter torna con il nuovo singolo “L’ora d’oro”. 

Disponibile dal 28 giugno, il brano è un ulteriore passo del percorso da indipendente dell’artista che mette al centro l’importanza della musica libera per gli artisti e i fruitori.

Abbiamo parlato con Peter White di questo e molto altro. Buona lettura!

Scegli tre aggettivi per presentarti ai nostri lettori?

Difficile definirsi in soli tre aggettivi ma ci provo: sincero, romantico, sognatore.

Quando è arrivata la musica nella tua vita?

Quando ero piccolo, durante i viaggi in macchina con la mia famiglia. I miei genitori mettevano una raccolta di cd fatta da Ernesto Assante e Gino Castaldo per la Repubblica. Dentro c’erano alcune tra le più belle canzoni d’autore italiane e me ne sono innamorato.

Con il tempo ho iniziato a studiare chitarra. La mia altra passione è sempre stata la scrittura. Durante il liceo ho cominciato a unire questi due mondi e sono nate le prime canzoni.

Ricordi la prima volta che ti sei esibito? 

Sì, ricordo nitidamente che salire le tre scale del primo palco a Roma è stato come scalare le vette dell’Himalaya. Mi mancava un po’ il respiro e avevo le gambe che mi tremavano, poi è successo l’incredibile: mi sono accorto che alcune persone cantavano le mie canzoni.

Ancora oggi credo che sia il senso del mio mestiere. Cantare dal vivo ti fa capire che la tua musica, dopo aver viaggiato chissà dove, arriva veramente a qualcuno.

In quale quartiere sei cresciuto? Quello a cui sei piú legato?

Sono cresciuto a cavallo tra due quartieri attigui di Roma: Celio e San Giovanni. Il mio cuore è lì. Nel corso del tempo ho vissuto tanto il Centro Storico e Monteverde.

Ovviamente, solo per precisare, una parte del mio cuore è riservata a Torino (la città di mia madre in cui ho vari parenti).

Quanto conta per il tuo percorso artistico essere di Roma e vivere a Roma?

Tanto. Come diceva Alberto Sordi: “Roma è grande un museo, un salotto da attraversare in punta di piedi”.

Aggiungo una personale affermazione: è la città più bella del mondo, nonostante sia spesso caotica e fatiscente.

Credo che essere di Roma si rifletta significativamente nel mio percorso artistico, in quanto influenza il modo di agire quanto quello di pensare.

C’è un artista con quale sogni di collaborare?

Devo dire che sono in un periodo di sperimentazione dove non sento l’esigenza di collaborare con qualcuno (anche perché ho fatto un’importante serie di duetti nei miei tre album).

Sicuramente ci sono degli artisti molto validi: da Coez a Carl Brave, da Fulminacci a Giorgio Poi.

Se proprio devo sbilanciarmi e dire il mio vero sogno artistico, mi risulta facile fare un solo nome: Francesco De Gregori.

Progetti futuri?

A questa domanda rispondo un po’ da calciatore: lui direbbe ragiono partita per partita, io canzone per canzone.

Se c’è una cosa che ho capito, nella musica come nella vita, è che non bisogna costruire oggi tutto il futuro, ma un mattone alla volta. A volte può essere bello cambiare idea, contraddirsi, stufarsi e poi riprendere.

So che mi piace scrivere canzoni e che quando lo faccio sto bene, quindi mi va bene così! Ultimamente mi sono lasciato trascinare proprio dall’idea di scrivere canzoni senza troppi limiti. Mi sono accorto che, per sonorità, riprendono un po’ le prime canzoni d’autore delle quali mi sono innamorato da piccolo.

“L’ora d’oro” è il primo singolo che segna un ulteriore passo della mia indipendenza musicale e probabilmente farà parte di un EP, un formato che per il mio percorso è una novità. A luglio invece riprenderò i concerti, iniziati a gennaio con l’Auditorium.

Magari ci vediamo lì!


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