Categorie: Cronaca
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Guerriglia nei pressi dello stadio Olimpico. Assalto alle caserme di Polizia e Carabinieri.

La "caccia al poliziotto" è durata fino alle 23. In fiamme auto, motorini e cassonetti. Danni, anche, alla sede del Coni
1-2-3-4- Foto Mezzelani-Gmt Serviva solo un pretesto a scatenare la guerriglia degli Ultras di Roma e Lazio contro le forze dell’ordine. E il pretesto è arrivato, servito su un piatto d’argento, domenica 11 settembre, quando si è diffusa la notizia dell’uccisione del tifoso laziale, Gabriele Sandri. Verso le 18 è arrivata la conferma del rinvio della partita Roma-Cagliari. Poco dopo ha avuto inizio l’Inferno. La caserma che ospita il reparto Volanti della Polizia, in via Guido Reni, è stata presa di mira da un gruppo di circa 200 tifosi, alcuni con volto coperto, armati di sassi e bastoni. Per tentare l’irruzione nella sede hanno bruciato auto e messo a fuoco la zona circostante lo stadio Olimpico. I teppisti sono riusciti a superare le protezioni e ad infrangere i vetri della caserma. Per evitare il peggio la Polizia è dovuta intervenire con cariche e lacrimogeni. Un quarto d’ora di battaglia vera e propria. Ma gli arresti, nel corso dell’assalto alla caserma, non sono serviti a domare la battaglia. Nella serata, sono continuati gli attacchi: quello contro una caserma dei Carabinieri nella zona di Ponte Milvio, durante la quale è stata arrestata una terza persona, l’assalto al Coni, allo stadio Olimpico, e “la caccia al poliziotto”. La situazione è tornata sotto controllo solo verso le 23. A fine serata il bilancio dei feriti è stato notevole: solo gli agenti ricorsi alle cure mediche in ospedale sono stati 40, tra questi anche quattro funzionari. Il più grave, un dirigente di un commissariato, colpito al fegato da una spranga di ferro, durante gli incidenti alla caserma di via Guido Reni, con una prognosi di 20 giorni. Gli altri agenti feriti, per lo più, dal lancio di oggetti o nel corso delle cariche, hanno avuto prognosi che variano dai tre agli otto giorni. Senza considerare gli agenti soccorsi direttamente per la strada, nel corso della guerriglia, e gli Ultras che hanno evitato le cure mediche per paura di una denuncia. Da una prima stima: circa 100. 000 euro di danni subiti alla struttura del Coni, dove, oltre al danneggiamento, sono stati rubati i computer al piano terra. Tantissimi anche i motorini, i cassonetti e le auto incendiate. I fermati sono stati 4. I reati ipotizzati per loro sono quelli di devastazione, saccheggio, danneggiamento, lesioni e incendio doloso. Con l‘aggravante di aver agito per motivi di terrorismo, ipotizzata dalla Procura della Repubblica di Roma. Dure le parole del prefetto della capitale, Carlo Mosca: "Non possiamo accettare che Roma e le altre città italiane siano luoghi di scontro, né che ci possano essere pretesti per attaccare le istituzioni e le forze dell’ordine". Intanto, tra le polemiche innescate dal “si doveva fermare o no il campionato”, il prefetto di Roma invita a separare l’episodio di Arezzo da quanto, poi, avvenuto nella capitale. "Da un lato – ha precisato Mosca – c’è un evento drammatico in cui ha perso la vita un giovane, alla cui famiglia va tutta la nostra solidarietà. Dall’altro, però, è inconcepibile, solo, l’idea di attaccare le forze di Polizia che vivono la loro quotidianità al servizio dei cittadini" .

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