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Intervista ad Andrea Vianello

Da quest’anno la trasmissione tv Mi manda Rai 3 è ancora più vicina al cittadino, un po’ come l’informazione locale
Per il quarto anno consecutivo il popolare conduttore romano conduce, sulla nostra terza rete pubblica, una trasmissione storica, l’unica in tutto il panorama televisivo che accoglie le lamentele, le proteste e la voglia di giustizia dei cittadini. Una missione rispettata fin dal suo inizio, nel lontano 1990 quando si chiamava Mi manda Lubrano, dal nome del buon Antonio che la conduceva e l’aveva ideata, e portata avanti poi da Piero Marrazzo, l’attuale Presidente della nostra regione, quando fu introdotto nel titolo il nome della rete sostituendo Lubrano
Nelle ultime due stagioni, e soprattutto quest’anno, Andrea Vianello ci rivela che Mi manda Rai 3 sta cercando di diventare un programma non solo a tutela dei consumatori, ma anche dei diritti del cittadino. In una società dinamica cambiano anche i diritti. Ed ecco che arrivano le difese per coloro che hanno subito un’ingiustizia nel mondo del lavoro. Proprio per questo Mi manda Rai 3 rappresenta il format che più degli altri è vicino alla gente. 
Per il resto, Andrea, il mondo della televisione sembra lontano. «Questo – risponde – penso che sia un orientamento generale, anche della carta stampata. La stessa politica mi sembra che non sia molto vicina ai problemi della gente. C’è un distacco con tutto quello che ruota intorno al palazzo: tv, radio e giornali. Credo che il mondo dell’informazione dovrebbe interpretare maggiormente gli umori veri del paese, le reali esigenze dell’opinione pubblica. Io non so quanto interessi il battibecco tra Mastella e Di Pietro rispetto al fatto di non arrivare alla fine del mese perché la pensione è troppo bassa. A volte la nostra tendenza, di noi media, è enfatizzare di più una mezza frase detta da un ministro o un deputato rispetto ad una tematica sociale». 
Un riavvicinamento può essere attuato dall’informazione locale? «Assolutamente si. Lo stavo per dire, ma hai fatto bene a dirlo tu. Il ruolo dell’informazione locale è estremamente più vicino al cittadino. In essa c’è veramente il racconto del territorio. Esci dalle macro-cose e parli delle micro-cose, quelle di tutti i giorni. Penso che la linfa vitale dei quotidiani locali e di tutta l’informazione locale sia insomma sangue fresco che continua a scorrere nelle vene del nostro paese». 
Tu hai iniziato in radio nel Gr1 e nel Giornale Radio Rai, al fianco del tuo grande maestro Livio Zanetti. Come cambia la conduzione tra radio e tv? «C’è una differenza tecnica. Il conduttore radiofonico è abituato a un grande ritmo, deve avere una parlata continua perché non si possono lasciare spazi vuoti. Un secondo in radio è una voragine che sembra incolmabile. Un bravo conduttore radiofonico impara a gestire qualunque emergenza. Quando arrivi in televisione devi fare un lavoro diverso. Oltre ad imparare la gestualità e come ti devi muovere davanti alle telecamere, devi tecnicamente scarnificare il tuo linguaggio, cioè devi imparare meglio le pause. La gestione delle pause credo che sia il problema più complesso per chi viene dalla radio. Bisogna capire che in tv anche cinque secondi di silenzio, se riempiti con un primo piano o un’inquadratura sul volto di un ospite, possono essere significativi. Quindi, togliere parole rispetto alle tante che usi in radio. La marcia in più di chi viene dalla radio è che chi ha superato la scuola radiofonica non perde mai la calma, anche se scoppia l’undici settembre in diretta. Invece, chi è nato in tv e non è stato abituato all’improvvisazione può avere qualche problema». 
Leggi molti libri: che genere e qual è il tuo autore preferito? «Sono un lettore onnivoro, comunque leggo più che altro romanzi e saggi. Per l’autore preferito è come scegliere il figlio a cui vuoi più bene; te ne dico due-tre. Da giovane sono stato folgorato dalla letteratura sudamericana, quindi Gabriel Garçia Màrquez: Cent’anni di solitudine è uno dei libri che ha fondato molti della mia generazione. Poi Mario Vargas Llosa, che da troppi anni aspetta un Nobel che non arriva. Che meritasse un tale riconoscimento è una delle cose che condividevo con Livio: stiamo aspettando. Fortuna che Vargas è ancora giovane. E infine Guerra e pace di Tolstoj: leggendo questo affresco storico della letteratura russa si possono avere le emozioni più forti. Guardando il film un po’ meno». 
Vianello e il calcio. «Sono un patito. È una delle mie grandi passioni. Sono milanista perché da piccolo, quando avevo 6-7 anni, ho fatto questa scelta a cui sono rimasto fedele. Era il Milan di Rivera e Prati, Schnellinger. Sai, i miei migliori amici erano uno della Roma e l’altro della Lazio. Quindi io, per distinguermi, ho scelto di essere milanista e quando scegli da ragazzino poi te la porti dietro. Vedo Milan-channel, però quando mi è capitato di parlare di calcio in alcuni programmi mi tolgo la casacca rosso-nera e cerco di essere più obiettivo possibile. Adoro il calcio, penso che sia lo sport più bello del mondo». 
Il tuo rapporto con Roma. «Guarda, mi spiace essere del Milan solo per il fatto che amo molto Roma. Quindi c’è un po’ una contraddizione, ma le due cose penso che possano convivere. È una città sicuramente complessa, ma si fa perdonare questo grazie al fatto di essere stata baciata dal destino che gli ha donato tanta bellezza e una posizione climatica eccezionale. Roma è stata per molto tempo una città statica, ma negli ultimi anni, dal Giubileo in poi, è cambiata, sono state fatte molte cose. Chiaramente la vorrei con meno traffico, ma anche sotto questo aspetto è una città complicata. Non abbiamo un adeguato sistema di metropolitane. La metropolitana credo che sia il vero problema, perché con un simile mezzo la città si vive molto bene. Sto pensando a Londra e New York. Io la macchina non la userei mai. Roma ha una conformazione particolare, probabilmente non sono state fatte le scelte giuste qualche decennio fa». 
Quali sono i tuoi quartieri? «Sono nato alla Balduina, a piazza della Balduina, e ci sono cresciuto. Sono molto affezionato anche a Prati perché, a parte che adesso ci lavoro, è il quartiere dove mio padre ha avuto sempre le sue attività commerciali. Adesso vivo vicino piazza Euclide. Il mio habitat naturale è Roma nord tra la Balduina, Prati e Parioli».

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