

Il reato di guida dopo l'assunzione di sostanze stupefacenti presenta dubbi di legittimità costituzionale
Come noto, con la legge n. 177/2024 (tanto voluta dal Ministro delle Infrastrutture e Trasporti Salvini e varata dalla Camera dei Deputati con 163 voti favorevoli e 107 contrari) sono state introdotte numerose modifiche al Codice della strada (ovvero al Decreto legislativo n. 285 del 30/04/1992) entrate in vigore il 14 dicembre 2024.
In particolare, è stato modificato l’art. 187 che oggi, già dalla lettura dell’intestazione, fa capire una differenza particolare che si cela tra le parole. Dal precedente “Chiunque guida in stato di alterazione psico-fisica per uso di sostanze stupefacenti” si è passati a “Chiunque guida dopo l’assunzione di sostanze stupefacenti”.
Vediamo perché una singola parola crea un’enorme differenza.
Nella precedente versione del codice, si puniva la guida “in stato di alterazione” dovuta all’assunzione di sostanze stupefacenti, il che significava non solo dover verificare l’assunzione di sostanze prima della guida, ma soprattutto uno stato di evidente alterazione riconducibile all’assunzione di droghe.
Se il “quando” è cambiato, invece non sembra cambiato il “quanto“: anche la nuova norma non prevede un limite quantitativo oltre il quale il conducente può essere considerato positivo. Per essere accusati di aver infranto il codice, è sufficiente che, a seguito di accertamenti di secondo livello effettuati su campioni di liquidi biologici, vengano rinvenute molecole di sostanze stupefacenti.
Si tratta, come è evidente, di una scelta legislativa forte che, al netto del dibattito sulla legalizzazione delle droghe leggere, crea forti dubbi di costituzionalità della norma appena approvata.
Per comprendere meglio la peculiarità della nuova norma incriminatrice (ovvero di una norma che introduce una fattispecie di reato) occorre anzitutto comprendere in quale categoria generale essa sia inquadrabile.
Secondo la teoria generale del diritto penale esistono sostanzialmente due tipi di reato: i reati di danno, che sono quei reati dove la condotta del soggetto crea un danno al bene giuridico protetto dall’ordinamento; nei reati di pericolo, invece, il bene giuridico tutelato dalla legge non è leso del tutto, ma è solamente messo a rischio dalla condotta del soggetto.
A loro volta, i reati di pericolo si distinguono in reati di pericolo presunto (o astratto), in cui il pericolo è presunto dalla legge, e in reati di pericolo concreto, in cui il pericolo deve essere provato.
Facciamo qualche esempio per spiegare meglio: nel reato di pericolo concreto il “bene tutelato” viene effettivamente messo a rischio a causa del comportamento del soggetto: è questo il caso del reato di incendio, dove chi appicca l’incendio crea un rischio reale, concreto e verificato. Nel caso del reato di pericolo presunto, invece, non c’è bisogno della verifica dell’effettivo danno, ma la legge presume il pericolo a prescindere. Rientra in questi casi la non segnalazione alle autorità se si incontra un bambino piccolo non accompagnato da alcun adulto.
Ora, la concezione di reato di pericolo, si lega strettamente al principio di offensività, cioè una forma di discrezionalità del legislatore come forma di tutela anticipata, che in questo caso esisterebbe per il solo fatto di aver creato un potenziale pericolo per gli altri automobilisti (o pedoni).
In tale ipotesi, tuttavia, affinché il principio di offensività possa ritenersi rispettato, occorrerà “che la valutazione legislativa di pericolosità del fatto incriminato non risulti irrazionale e arbitraria, ma risponda a un criterio giuridico per cui si prende in considerazione “ciò che accade più spesso o ciò che accade di solito” per spiegare il nesso di causalità tra un evento e una condotta, sulla base del ragionevole grado di probabilità”. Per usare parole più semplici: si considera una situazione pericolosa perché, in generale o molto spesso, a seguito di un comportamento succede sempre una determinata cosa. Fumare una sigaretta e gettare la cicca in un bosco d’estate può realisticamente causare un incendio. Ostruire un’uscita di sicurezza con un veicolo può realisticamente causare un pericolo in caso di emergenza.
Inoltre, è imprescindibile che vi sia un rapporto di congruità tra la sanzione e la gravità dell’illecito sanzionato: la pena (o la sanzione) cioè non può essere irragionevole e sproporzionata.
Quindi, fatte queste premesse, la domanda è: la nuova riforma è rispettosa dei parametri generali dell’ordinamento e soprattutto dei principi dettati dalla Costituzione?
Intanto, sul principio di offensività, va detto che la Corte Costituzionale si è pronunciata più volte, definendo illegittima una norma che incrimina un soggetto non per quello che ha fatto, ma per un comportamento pregresso o per un suo “modo di essere”.
Inoltre, secondo le norme che disciplinano il consumo di droghe, non viene ritenuto penalmente rilevante il consumo di sostanze stupefacenti (o almeno di quelle leggere).
Torniamo però al problema affrontato ad inizio articolo: l’utilizzo della parola “dopo”.
La parola dopo, infatti, è di per sé estremamente generica, soprattutto in questo campo: infatti i tempi di permanenza delle sostanze stupefacenti nell’organismo umano sono variabili in ragione di molteplici fattori: da sostanza a sostanza, in base alla frequenza d’uso, alla quantità assunta, alla massa corporea, alla tolleranza individuale.
In base a questi fattori il c.d. tempo di smaltimento può essere maggiore o minore. Così come può variare in ragione al tipo di accertamento compiuto, ovvero se mediante analisi delle urine (maggiore) o della saliva (minore).
Questa considerazione medico-legale fa si che non sia possibile determinare in modo certo il contenuto della condotta (ovvero il lasso temporale dall’assunzione della sostanza rispetto al momento della circolazione stradale) ed in assenza di una effettiva alterazione psico-fisica del conducente (come previsto nella precedente formulazione normativa), la nuova norma potrebbe ritenersi in contrasto con il principio di legalità e/o di riserva di legge.
Tra l’altro, come detto, la norma non prevede un limite minimo di assunzione della quantità di sostanza stupefacente o psicotropa (come è invece previsto per la fattispecie della guida in stato di ebbrezza di cui all’art. 186 C.d.S.), dunque, è sufficiente che, in seguito agli accertamenti effettuati su campioni biologici del conducente, siano rilevate molecole di queste sostanze.
E proprio per il rispetto del principio di legalità e di riserva di legge è previsto che sia l’illecito che la relativa sanzione debbano essere previsti necessariamente dalla legge, e non da un’eventuale norma ministeriale secondaria, che in tal modo sarebbe considerata illegittima e, quindi, non applicabile da parte del giudice.
Un ultimo aspetto critico è quello che attiene alle modalità di accertamento oggi previste per la contestazione degli illeciti previsti dall’art. 187 C.d.S.
Le modalità di accertamento del reato sono disciplinate dai nuovi commi 2, 2-bis, 3, 4 e 5 e consistono, sostanzialmente, in accertamenti di primo livello (mediante i c.d. test salivari) ed analitici di secondo livello su liquidi biologici (esami delle urine o del sangue), da eseguire presso determinate strutture sanitarie.
L’esecuzione degli accertamenti analitici di secondo livello (che sono considerati accertamenti urgenti sulla persona ai sensi dell’art. 354 c.p.p.) presuppone la sussistenza di almeno uno dei seguenti requisiti indicati dalla norma:
Pertanto, il conducente può essere sottoposto al prelievo di liquidi biologici anche laddove sussista uno solo dei predetti presupposti.
In definitiva, gli agenti di polizia stradale possono effettuare controlli preliminari sui conducenti, utilizzando apparecchiature portatili (i cosiddetti precursori) che consentono di rilevare rapidamente la presenza di sostanze stupefacenti nell’organismo. Per effettuare questo test preliminare non è necessario alcun motivo specifico, in quanto si tratta di un controllo speditivo e non invasivo.
Proprio questa è una delle modifiche più significative rispetto al vecchio codice. Secondo la precedente norma, infatti, gli organi di polizia stradale potevano sottoporre i guidatori ad accertamenti per rilevare l’uso di stupefacenti, ma solo a condizione di un evidente stato di alterazione psicofisica del guidatore.
Non solo. L’accertamento di tipo analitico, può essere eseguito su:
In merito alla prima modalità di raccolta dei campioni di fluido del cavo orale, la norma prevede l’adozione di una direttiva interministeriale per la definizione delle modalità di prelievo. Direttiva che però ad oggi non è ancora stata adottata.
La nuova norma attribuisce per la prima volta anche alla polizia stradale la facoltà di procedere al prelievo di campioni di saliva. Tale possibilità è prevista non solo in occasione del rilevamento degli incidenti stradali, ma anche nelle ordinarie attività di controllo.
Eppure, come constatato in molteplici occasioni, i test salivari possono dare risultati non attendibili, potendo risultare condizionati dall’assunzione di farmaci da banco, di particolari alimenti, ovvero dalla sottoposizione del soggetto a particolari terapie farmacologiche.
Pertanto, un automobilista potrebbe risultare coinvolto, suo malgrado, in un indebito accertamento di tipo invasivo (quali appunto gli accertamenti di secondo livello mediante esame delle urine o del sangue) come tale derivante dai risultati “falsi positivi” nei test rapidi.
Ciò, con tutta evidenza, mette a rischio individui che non hanno mai assunto sostanze stupefacenti in senso stretto, dando origine a un numero enorme di processi insensati, con significativi costi a carico tanto del privato cittadino, tanto della collettività.
Tutte queste osservazioni impongono quindi una considerazione conclusiva sul nuovo assetto normativo che deriva dal nuovo Codice della Strada.
Qualunque scelta del legislatore, infatti, dovrebbe essere condotta nel rispetto del principio di proporzionalità, richiamando la disciplina dell’art. 97 della Costituzione.
Il principio di proporzionalità dell’azione amministrativa impone alla P.A. di adottare provvedimenti che non eccedono quanto è opportuno e necessario per conseguire lo scopo prefissato. In questo caso, quindi, la scelta di reprimere l’uso di sostanze stupefacenti o psicotrope, con specifico riferimento all’interesse generale della sicurezza nella circolazione stradale, non è di per sé una scelta errata. Ma non può diventare una azione generalizzata di controllo della popolazione che, indipendentemente dalla verifica di un pericolo concreto da parte del guidatore, decida di punire i soggetti per alcuni comportamenti non legati alla capacità psico-fisica di mettersi al volante.
L’utilizzo di sostanze stupefacenti (e lo stesso vale infatti per l’alcool) non determinano un pericolo astratto ma un pericolo concreto, con la conseguenza che la condotta che dovrebbe essere punita non è l’utilizzo generico di sostanze stupefacenti ma l’utilizzo che concretamente può rappresentare un pericolo per la circolazione stradale. Per paradosso, infatti, si potrebbe affermare che la possibilità di utilizzare veicoli con elevate cilindrate e potenza possono senza dubbio accrescere il pericolo per la sicurezza stradale, ma questo non impedisce l’immissione sul mercato automobilistico di tali veicoli.
Allo stesso modo, nessuna legge potrebbe impedire a un soggetto di mettersi alla guida se stanco e assonnato, ma ciononostante anche questa è una delle cause che statisticamente incidono maggiormente sulla mortalità stradale.
A mio parere, la riforma varata dal Governo, pure apprezzabile in termini generali, dovrebbe essere modificata dal legislatore per individuare in modo più certo e proporzionale la selezione dei comportamenti antigiuridici (quantità minima assunta; parametro temporale tra assunzione e circolazione, etc.). In caso contrario, bisogna sperare che tale correzione venga effettuata dagli organi giurisdizionali di controllo delle leggi, nel rispetto dei principi generali del nostro ordinamento.
Avvocato Stefano Bertuzzi
(specializzato in diritto amministrativo)
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Bisognerebbe specificare che per assunzione di farmaci inerenti a terapie dichiarate da certificato medico come necessarie per il paziente e non influenti sullo stato vigile dello stesso questo sia sufficiente ad attestare la capacità alla guida di auto. Grazie!