Memoria a stelle e strisce, un uomo che ha lasciato il segno
La musica di Woodrow Wilson Guthrie (detto Woody) e la sua "macchina ammazza fascisti" (tranquilli, era solo una chitarra)“Questa terra è la tua terra, questa terra è la mia terra, / dalla California fino all’isola di New York, / dalla foresta di sequoie fino alla corrente del golfo / questa terra è stata creata per te e per me” //. […]. / Che ho iniziato camminare / al suono di una vecchia canzone / dalla voce che è nel vento ho imparato le parole / di non perder la memoria, di non volere potere e gloria / ma solo il bene di questa terra che è per me e per te //
(Woody Guthrie, “Questa terra è la mia terra”)
“C’è gente che va in giro a derubarti con la pistola e gente che va giro a derubarti con la penna stilografica.”. E ancora “È dovere del cantante folk dare conforto a chi non sta bene e infastidire chi, invece, se la passa bene”..
Avete letto due pensieri di Woodrow Wilson Guthrie, (detto Woody) Classe 1912 (14 Luglio, Segno zodiacale Cancro) folk singer USA (il primo di una lunga serie) che ha lasciato un segno indelebile nella Storia della musica popolare USA, influenzando cantanti del calibro di Bob Dylan (al Secolo Robert Allen Zimmerman), Phil Ochs, Joan Baes, Bruce Springsteen, Joe Strummer e tanti altri ancora.
Il ragazzo di Okemah, in Oklahoma negli anni trenta del ‘900, ad un certo punto della sua ancora giovane esistenza, si lascia alle spalle una serie, quasi infinita, di disgrazie familiari e si mette per strada alla maniera degli hobos. E quella strada la percorre, come ha scritto e cantato, “dalla California a New York,” saltando di treno in treno, di vagone in vagone, armato solo della sua chitarra (che diventerà la famosa “macchina ammazza fascisti”).
Quel viaggio nella sua terra Guthrie lo racconterà in un libro autobiografico “This Land is my Land” (“Questa terra è la mia terra”, pubblicato in Italia nel 1977 per i tipi della Marcos y Marcos), libro che porta lo stesso titolo di una sua famosissima canzone, scritta nello stesso anno del libro. Di quel libro John Steinbeck dirà: “In questo romanzo c’è la forza prepotente della gente che si ribella all’oppressione. Un grande libro sullo spirito americano.” (*)
Perché ho pensato di raccontare la storia di Woody Guthrie in questa Nota? Perché la sua musica è una delle mie passioni (oltre al cinema, ma di questo leggerete tra qualche riga) e perché credo che conoscere la sua storia sia, in generale, un momento formativo utile, oltre che importante, soprattutto di questi tempi neri, nei quali stentiamo tutti (nevvero?) a trovare persone che siano per noi punti di riferimento credibili.
Come si diceva ai tempi della mia gioventù, non solo anagrafica, “traversando il mare, fidare sul pilota”. Allora, qualche “pilota” si poteva ancora reperire su piazza, oggi, il mare c’è ancora (ed è assai agitato) ma i bravi piloti sono diventati merce rarissima e bisogna cercarli con il lanternino (mi viene in mente la famosa frase del Filosofo greco Diogene di Sinope che girava quasi nudo, infilato in una botte, con in mano una lanterna e a chi gli domandava su cosa stesse facendo, rispondeva: “Cerco l’uomo”) e allora fare un salto nel passato non mi è sembrata cosa sbagliata. (**)
Dunque, il nostro Woody – cantore dei diseredati, dei poveri, dei precari, dei migranti, dei disoccupati, dei raccoglitori di frutta a giornata, cioè dei quasi schiavi – quei disperati li rappresentava con la sua musica, perché era uno di loro e li capiva. Sapeva cos’era la fame e la solidarietà, odiava i fascisti e cantava per Nick e Bart (Ferdinando Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti) i due anarchici italiani ingiustamente accusati di un omicidio, avvenuto durante una rapina, processati condannati e, il 23 Agosto del 1927, giustiziati. Woody Guthrie fu artista di strada più che intellettuale, scriverà. “Forse vi hanno insegnato a chiamarmi poeta ma io non sono più poeta di voi” precisò “La sola storia che ho cercato di scrivere siete voi”. Era vero.
Anche la sua autobiografia, se si toglie qualche ricordo d’infanzia e poco altro, è una storia collettiva. Queste le prime righe: “Vedevo uomini di tutte le razze sballottati nel vagone merci. Stavamo in piedi, sdraiati, buttati qui e là, uno accanto l’altro, uno sopra l’altro. Sentivo l’odore acre del sudore che inzuppava i miei vestiti … Avevo la bocca impastata di una specie di polvere grigiastra, quella stessa che copriva il pavimento, spessa un centimetro. Sembravamo una processione di cadaveri.”
Inizia su un vagone la sua autobiografia e lì finisce con Woody che canta “Questo non è un treno di lingue biforcute / o di gente da quattro soldi. / Questo treno marcia verso la gloria”. Ma fu “un gran duro viaggiare” nell’epoca della crisi, poi della guerra, infine del maccartismo. Ma veniamo alla mia seconda passione, il Cinema, restando però sempre nella terra di Woody Guthrie. Dalla sua autobiografia, il regista, montatore e produttore cinematografico statunitense Hal Ashby – suoi Oltre il giardino (1979), con un grande Peter Sellers, L’ultima corvè (1973) e il surreale Harold e Maude (1971) – ha tratto, nel 1976, il film “Questa terra è la mia terra” (titolo originale “Bound for glory”).
Se volete iniziare la conoscenza del nostro folk singer è un Film da vedere, qui: https://markx7.blogspot.com/2023/09/questa-terra-e-la-mia-terra-bound-for.html
Certo, lo spazio che ho a disposizione per non farla troppo lunga è poco per condensarci una vita come quella di Woodrow Guthrie, (1912-1967) ma come ogni tanto scrivo, prendendo la frase in prestito dalla saggezza orientale: “Anche un lungo viaggio, inizia on un piccolo passo”. Dunque, avanti, fatelo questo piccolo passo e certamente non ne resterete delusi.
(*) Gli hobos sono stati, in America, niente altro che il risultato, della catastrofe che ha colpito centinaia di milioni di esseri umani, durante la crisi mondiale del 1929, anche nota come “la grande depressione”. Oggi li chiameremmo i “senza fissa dimora” (homelss, senza tetto) ma questa definizione non darebbe ragione alla grande disperazione che colse importanti masse di uomini in quell’anno disgraziato per quella grande crisi economica della quale quegli uomini non avevano, naturalmente, alcuna colpa, ma di cui pagarono il prezzo più salato. Forse il termine che meglio rende quella condizione è “houseless”, ”senza casa”. Per farsi un’idea di cosa fossero (e sono, perché ci sono ancora oggi) gli hobos, vedere il film di Chloè Zhao, regista nata in Cina, ma cittadina americana, “Nomadland” (2021), vincitore di tre Premi Oscar nell’anno di uscita del Film.
(**) Non deve sembrare fuori luogo in queste righe il riferimento al Filosofo greco Diogene di Sinope. Egli era, infatti, uno strenuo difensore della libertà di parola e del rifiuto di un certo modo di condurre la politica, per cui lo si potrebbe, senz’altro, definire un anarchico ante litteram. Per difendere le sue convinzioni Diogene di Sinope non esitava a mostrarsi in atteggiamenti stravaganti e provocatori, come appunto quello di girare per la città quasi nudo e infilato in una botte, alla ricerca disperata dell’ “uomo”, assolutamente non inteso come il solo al comando, tutt’altro.
Ugo Fanti, Presidente della Sezione Anpi di Roma Aurelio-Cavalleggeri “Galliano Tabarini”