

Chi era(no) il "Mostro di Firenze", ovvero storia di uomini (neri) che odiano le donne
«Viva il duce, il lavoro e la libertà. Risorgeremo. Prima o Dopo» (Mario Vanni, uno degli imputati al Processo per il “Mostro di Firenze”)
Questa è la storia di 16 omicidi e degli uomini che fsono stati imputati e processati per averli c ompiuti. Questa è la storia dei “Compagni di Merende” Vanni, Pacciani e Lotti, resi famosi da Social e Televisione. Questa è una storia, anzi una storiaccia nera, nella quale i conti non tornano.
Tra il 1968 e il 1985 otto duplici omicidi avvenuti nei dintorni di Firenze sconvolgono l’Italia. I crimini ripetevano quasi tutti lo stesso rituale: coppie di amanti sorprese nell’intimità in luoghi isolati, uccise a colpi di pistola, poi l’assassino infieriva sul corpo della donna colpendolo con un coltello e mutilandolo.
Molte le ipotesi avanzate: riti satanici, omicidi su commissione di natura esoterica, un gruppo di maniaci assassini, un serial killer mosso da delirio religioso. L’inchiesta della Procura di Firenze ha portato alla condanna nel 1994 del maggiore indiziato Pietro Pacciani e nel 1998 dei suoi «compagni di merende» Mario Vanni e Giancarlo Lotti. L’arma utilizzata in tutti i delitti, una Beretta calibro 22, non è mai stata ritrovata.
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La storia di cui sopra è forse nota a molti di voi, ma la lettura che intendo darne qui (non mia, s’intende, ma che condivido) è forse inconsueta, ma non difficile da intuire dato che la frase di Mario Vanni, che avete letto all’inizio, avrebbe già dovuto darvi la chiave della mia lettura di questa storiaccia.
No? Bene (anzi male). Allora vi vengo in soccorso con un paio di varianti sulla nota espressione “Compagni di Merende” e con una storia (anzi una storiaccia) che ci riporta agli anni dell’occupazione nazifascista del nostro Paese. Le varianti: sono: “Camerati di Merende” e “Legionari di Merende”. La storiaccia la potete leggere sotto.
24 Agosto 1944 – Vinca, Fivizzano (Alpi Apuane). Storia di una strage nazifascista
Battaglioni delle SS e Brigate Nere rastrellano e massacrano civili: muoiono in 173, altri 1.600 vengono deportati in Germania. I dettagli sono da film dell’orrore: feti strappati dal ventre delle madri uccise, decapitazioni, umiliazioni di ogni genere. Impalamenti. Un fatto unico nella storia delle atrocità nazifasciste dell’ultima parte della Seconda guerra mondiale, quasi una firma dei fascisti toscani, sostengono gli Storici.
Di quella strage così canteranno gli Stormy Six – Gruppo musicale degli anni ’70 del ‘900, nel loro pezzo intitolato “Nuvole a Vinca”: “Sui castagni passano / Nembi, cirri, cumuli / Nubi bianche, nubi nere / Qualche vecchio sa vedere / Quale porta rondini /Quale porta grandine / quale porta tuoni e lampi / Quale acqua per i campi / […] / Fanno il tiro a segno cani macellai / Ma che bella mira non la sbaglian mai /” (qui ilo video della canzone: https://www.youtube.com/watch?v=Esj6b-0R_cA .
E’ noto come – ce lo hanno ricordato, per immagini, anche i Fratelli Taviani con il loro bellissimo “La Notte di San Lorenzo” (1982) – nei 20 mesi della Resistenza al nazifascismo durissimo fosse, in Toscana, lo scontro tra i repubblichini (la Toscana era la terra di origine di Alessandro Pavolini, Segretario del PFR di Salò e fondatore delle Brigate Nere) e gli antifascisti e i partigiani.
Quello scontro violento ha lasciato strascichi sanguinosi per un lungo periodo nel dopoguerra e la storiaccia che va sotto il nome di “Delitti del Mostro di Firenze” potrebbe essere uno di quegli strascichi, almeno a stare a quanto ha documentato Roberto Taddeo, ex Avvocato, fotografo e autore di importanti reportage, nei tre Volumi del suo lavoro su quel fatto di cronaca nera (in tutti i sensi) che studia da diversi anni: “MDF, la Storia del Mostro di Firenze”, edito nel 2023 da Mimesis
Questa storiaccia si dipana in molti rivoli ed è assai sfilacciata. Cerchiamo, allora, di dargli un senso compiuto.
Quella strage nazifascista a Vinca e Fivizzano aveva un segno. E quel segno lo ritroviamo trent’anni dopo, esattamente il 14 Settembre del 1974, un Sabato, a Fontanine di Rabatta, Frazione di Borgo San Lorenzo in provincia di Firenze, dove vengono uccisi Pasquale Gentilcore, 19 anni, e Stefania Pettini, di un anno più giovane. Lui a colpi di pistola. Lei, oltre ai proiettili, riceve anche decine di coltellate e infine viene impalata con un tralcio di vite. Stefania era comunista, figlia di un partigiano noto della zona del Mugello.
Questo fatto delittuoso, accade tre giorni dopo il trentesimo anniversario della liberazione di Barberino di Mugello e dei comuni limitrofi, tra cui Borgo San Lorenzo) da qui l’ipotesi che l’uccisione della figlia Maria (con annessa infame violenza) sia stata niente altro che una “punizione” a scoppio assai ritardato del Partigiano (e del partigianato di) Andre Petrini; così come avevano fatto, trent’anni prima ,i nazifascisti con le vite di quei civili massacrati anche se innocenti di ogni e qualsiasi colpa. Nel suo monumentale lavoro,
Taddeo, fa anche un nome a sostegno di questa ipotesi, ovvero quello di Giampiero Vigilanti, un ex legionario di Prato ormai ultranovantenne che è entrato diverse volte nelle indagini per i delitti del “Mostro di Firenze” uscendone sempre senza essere destinatario di nessun Provvedimento della Procura della Repubblica di Firenze. Va a questo punto ricordato – come fa Taddeo nel suo Lavoro in tre Volumi – l’attivismo dei fascisti toscani nel 1974: il 4 Agosto, del resto, a San Benedetto Val di Sambro si consuma la strage dell’Italicus (12 morti e 48 feriti) e siamo sempre lì, a due passi dal Mugello.
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Come in tutte le storie, e soprattutto quelle relative ai segreti italiani – lo scrittore Carlo Lucarelli sconsiglia di parlare di «misteri», perché quelli riguardano la fede – l’intreccio è molto più complicato, e la vicenda del mostro di Firenze si caratterizza soprattutto per la sua indeterminatezza, per l’abnorme numero di fili sparsi e quasi impossibili da riannodare.; cosa che non è riuscita agli Inquirenti in anni di indagini e nemmeno all’FBI che si è occupata di questa storiaccia, collezionando tutta una serie di brutte figure. Certo, indagare non è stato facile, perché il tempo passa e con lui passano anche le vittime, gli indagati, le persone informate dei fatti. E altri segreti si aggiungono e altre teorie prendono piede. C’è proprio un ramo del sapere dedicato all’argomento,
La verità giudiziaria parla di due condannati in via definitiva come esecutori materiali di quegli otto duplici omicidi (Mario Vanni e il reo confesso Giancarlo Lotti) e Pietro Pacciani, condannato in primo grado, assolto in Appello e morto prima della Sentenza di Cassazione. Si tratta però di un’indagine “moca” che ha portato a risultanze processuali altrettanto “monche”, perché manca tutto il secondo livello, i mandanti, o gli altri mostri che pure di certo sono esistiti: l’indagine si è dunque4 arenata su un binario morto.
Dunque, quella citata sopra parrebbe essere – come in effetti è – la conclusione giudiziaria di questa storiaccia. Ma – come scriveva Mario De Vito, a conclusione di un suo pezzo sul “Mostro di Firenze”, scritto per il Quotidiano Il Manifesto e pubblicato il 23 Agosto del 2023 – “E però, nel litigiosissimo universo che ancora si occupa dei delitti delle campagne toscane, dove tutti hanno troppa voglia di discutere e una malsana tendenza a querelare, la verità c’è ma non si può scrivere. Le prove esistono, ma le sentenze, anche quelle definitive, non dicono abbastanza. Il mostro c’è. Ma non si vede.”.
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