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Monte Mario in fiamme, di nuovo: è polemica sui controlli

Lega, FdI, Azione si scagliano contro l'amministrazione Gualtieri

Un déjà-vu che odora di bruciato e di rabbia. È tornato a bruciare Monte Mario, polmone verde della Capitale, già colpito da un devastante incendio nel luglio 2024.

Le fiamme del 5 giugno hanno riacceso non solo i boschi ma anche la polemica politica, con accuse incrociate che investono il Campidoglio e il sindaco Gualtieri.

Secondo i primi rilievi dei vigili del fuoco, il rogo si sarebbe sviluppato da una tendopoli, nello stesso punto da cui era partito l’incendio dello scorso anno. Uno scenario che ha scatenato l’indignazione dell’opposizione.

Fratelli d’Italia, Lega e Azione hanno puntato il dito contro “l’assenza di controlli” e la gestione “superficiale” dell’area, dove baraccopoli e insediamenti abusivi continuano a crescere nonostante gli sgomberi.

«È inaccettabile che ogni anno si ripeta lo stesso disastro» denuncia Federico Guidi (FdI), parlando di “profanazione” di un bene pubblico. Duro anche Fabrizio Santori (Lega): «L’incendio è figlio dell’inerzia. Le bonifiche sono inutili se poi tutto torna come prima». Più istituzionale il tono della Regione Lazio, con l’assessore Righini che invita Roma Capitale a intensificare i controlli, offrendo piena collaborazione.

Dal canto suo, Azione parla di “disastro annunciato” e denuncia l’assenza di un piano credibile contro gli insediamenti abusivi e i roghi di materiali tossici, come il rame.

Intanto, Monte Mario resta ferita. Ancora una volta. E tra il fumo e le ceneri, a mancare è solo una vera soluzione.


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