

Un documento approvato dal Consiglio municipale che punta su eventi culturali, progetti giovanili, riattivazione degli spazi pubblici e una nuova mappatura del territorio
Di giorno i rumori dei motorini, la vita che scorre nelle piazze. Di notte, l’eco delle sirene e il silenzio carico di tensione. I quartieri del Municipio VII – da Don Bosco a Romanina, passando per Cinecittà Est – conoscono bene questa doppia anima.
Ma ora qualcosa potrebbe cambiare. Non con più polizia, o almeno non solo. Il Municipio ha deciso di provarci con una strategia diversa, fatta di cultura, inclusione e socialità.
Il punto di partenza? Non le sirene, ma i sogni. Quelli di ragazzi che non vogliono più sentirsi condannati a vivere tra palazzoni grigi, spacciatori all’angolo e scuole che chiudono troppo presto. Il presidente Francesco Laddaga lo ha detto chiaro e tondo all’indomani del corteo del 9 maggio – una marcia spontanea tra piazza Cavalieri del Lavoro e piazza Quinto Curzio: “Serve un presidio sociale. Dobbiamo agire prima che il crimine attecchisca”.
Così è nato il piano. Un documento approvato dal Consiglio municipale che punta su eventi culturali, progetti giovanili, riattivazione degli spazi pubblici e una nuova mappatura del territorio. L’obiettivo? Prendere quei vuoti urbani dimenticati e trasformarli in piazze vive, teatri a cielo aperto, palestre di comunità.
“C’è una percezione diffusa di insicurezza – spiega Rosa Ferraro, consigliera del PD e prima firmataria dell’atto – ma alla polizia dobbiamo affiancare welfare, aggregazione e nuove opportunità. Abbiamo già avviato progetti d’inclusione e dobbiamo fare di più”. Parla con concretezza, consapevole che il disagio sociale non si risolve solo con le pattuglie.
Piazza Ragusa e la stazione Tuscolana sono tra le prime “zone rosse” istituite a Roma. Ma la risposta, stavolta, non è emergenziale: è progettuale.
L’assessore alla legalità Fabrizio Grant è netto: “Alla retorica securitaria dobbiamo contrapporre un sistema di opportunità. L’insicurezza nasce anche dalla mancanza di lavoro, di casa, di servizi. Riempire i quartieri di vita è la nostra vera arma”.
Il piano prevede anche la creazione di un tavolo municipale per la sicurezza sociale e l’individuazione partecipata degli spazi pubblici inutilizzati. Laddaga sogna scuole aperte anche il pomeriggio, attività culturali nei lotti, centri giovanili attivi fino a sera. “Sono questi gli anticorpi contro la criminalità” ha detto.
E i residenti, forse, iniziano a crederci. Non è la prima volta che sentono promesse. Ma questa volta non si parla solo di repressione. Si parla di presenza civica, di rete, di quartieri che si riprendono la loro dignità. A piccoli passi, tra mille difficoltà. Ma forse, per la prima volta, in una direzione diversa.
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