Bianco, Rosso e Verdicchio

I grandi vini italiani trionfano in tutto il mondo, siamo andati in una regione estremamente vocata: le Marche!
 Henos Palmisano - 8 Maggio 2023

Il recente Vinitaly ha ampiamente documentato la leadership (verrò multato?) dell’Italia nel settore enologico (e, ovviamente, anche in quello gastronomico), prova ne è l’aumentata esportazione, soprattutto dell’alta qualità.

Così, Vinitaly, si conferma la più prestigiosa vetrina di vini sia italiani che stranieri; l’Italia è l’unica nazione al mondo dove si coltiva uva in tutte le regioni.

La redazione di Abitare a Roma, settore enogastronomia, ultimamente si è occupata della regione Marche e, in modo particolare, di quella zona che va sotto il nome di Castelli di Iesi: cioè di quelle dolci colline famose per la produzione del Verdicchio.

Il Verdicchio (deve il suo nome al colore dell’acino) è strettamente imparentato con il Trebbiano di Soave, da qui l’ipotesi che, a introdurre il vitigno a fine Quattrocento, siano stati proprio i Veneti, giunti per ripopolare le Marche, dopo l’epidemia di peste; oggi, comunque, lo possiamo annoverare come cultivar autoctona.

Sebbene sia stato trapiantato in molte province italiane, il Verdicchio con le più spiccate (e migliori) caratteristiche è senz’altro quello coltivato nei territori di Ancona e Macerata.

Siamo andati a degustare due tipologie di Verdicchio: quello in purezza di Federico Castellucci a Montecarotto e il blend Tabano dell’azienda Montecappone della famiglia Mirizzi.

Federico Castellucci ha ricoperto importanti cariche istituzionali nel mondo del vino: “…ho viaggiato molto e ho avuto la possibilità di degustare i migliori vini dei cinque continenti, quindi, pieno di esperienza, sono tornato nelle mie terre d’origine a riprendere la meticolosa opera di nonna Firmina e di mio padre Corrado…”.

Il dottor Castellucci sprizza entusiasmo come le bollicine del suo spumante (ovviamente su base di Verdicchio): qual gentiluomo di campagna ama ingioiellare il suo “caro” colle con vigneti, disciplinati e allegri, affacciati sull’azzurro mare Adriatico (quando non è “verde come i pascoli dei monti”, vedi D’Annunzio).

Dar Ciriola

Ci accomodiamo (mi accompagna per la sua notevole competenza il segretario della UILT Lazio, Giuseppe Lagrasta) in una tipica casa marchigiana, che dovrebbe essere tutelata e protetta, per quanto è bella; degustiamo le varie annate e tipologie del prezioso nettare, cosicché, grazie alla viticoltura sostenibile, al terroir (1) e all’opera umana prende vita, come per magia, il Verdicchio Classico: di grande eleganza e struttura con profumi floreali e mandorla; al palato armonioso, persistente, equilibrato, dotato di grande longevità (talmente resistente da far invidia a molti rossi); il matrimonio è ovviamente con i piatti di pesce, ma potete sbizzarrirvi con qualsiasi abbinamento.

A malincuore lasciamo la casa (e soprattutto la cantina Castellucci); la tavolozza di Madre Natura è molto ricca e si impegna a colorare con mille sfumature queste dolci colline: ci aspettano a Ostra per l’annuale convegno teatrale di “Tracce”.

La società agrivitivinicola Montecappone fu fondata a Jesi alla fine degli anni sessanta, dal 1997 è di proprietà della famiglia Mirizzi: 47 ettari di vigneto (verdicchio, sauvignon, montepulciano, sangiovese) e 17 ettari di oliveto. Numerose le etichette: rossi, bianchi, rosati, spumanti e anche vini dolci.

Veniamo accolti con grande simpatia da Gianluca Mirizzi e dalla madre Rossana: la cantina con annesso il punto vendita sono eleganti ed accoglienti, la degustazione abbinata con i prodotti locali di salumeria e formaggi.

I vini di Montecappone sono ottenuti da una selezione in vigna a bassa produzione: da quelli freschi a pronta beva a quelli di grande eleganza, adatti all’invecchiamento.

Tra le tante proposte, tutte molto interessanti, abbiamo scelto il Tabano (prende il nome della località), un blend a base di Verdicchio, Moscato e Sauvignon blanc: colore giallo paglierino, profumi di fiori e ananas, al sapore di frutta fresca, vellutato, armonioso; l’abbinamento con i prodotti del mare è fin troppo facile, l’abbinamento con la pasta di Campofilone e pesce vi trasporterà in una dimensione onirica. Ma per chi non potesse andare nelle Marche, i prodotti della cantina li può trovare al negozio Bomprezzi in via Tuscolana 904, a Roma dove ad accogliervi, con grande competenza e cordialità, c’è Alessandro Mirizzi.

Ma veramente il consumo di vino rimpicciolisce il cervello?

Ne era a conoscenza il grande poeta pugliese (Venosa solo ora è in Lucania) Quinto Orazio Flacco?                                                                       Orazio era un grande conoscitore di vini e li usava come antidepressivi; in uno dei suoi carmina esorta l’amico Varo (tranquilli non è quello della disfatta di Teotoburgo) a piantare prima di tutto la sacra vite:

“…siccis omnia nam dura deus proposuit neque mordaces aliter diffugiunt sollecitudines” – “giacché il dio (Bacco) agli astemi rende tutto difficile, né con altri mezzi, se non con il vino, scompaiono le preoccupazioni che ci tormentano” (Liber I, Carmina 18)

Molti personaggi nel passato, di indubbio ingegno, hanno “osato” bere il buon vino e tra questi un enologo e agronomo del rinascimento che affermò: “et però credo che molta felicità sia agli uomini che nascono dove si trovano i vini buoni” e, avendo fatto molti studi di medicina, già consigliava: “…E’l vin sia temperato, poco e spesso. Non fuor di pasto, né a stomaco vuoto” (Codice Atlantico, foglio 213 verso); suo è l’aforisma: “…il vino è bono perciò in tavola l’acqua avanza” (Codice di Francia, foglio 122 verso). Naturalmente sto citando quel grande genio dal “piccolo cervello” di: Leonardo da Vinci

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(1) In enologia, il rapporto che lega un vitigno al microclima e alle caratteristiche minerali del suolo in cui è coltivato; determina il carattere e l’unicità del vino che viene prodotto

 

 Henos Palmisano


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  1. Bravissimo. Un articolo interessante e istruttivo sull’Italia vinicola e poi… chi dice che l’intelligenza si misura dalla dimensione del cervello??

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