Il bullismo uccide. È ora di dire basta!
“Io non perdo mai. Se non vinco, imparo” (Nelson Mandela)Di bullismo si muore. L’ho sparata grossa? Non credo. E per esserne consapevoli basta dare un’occhiata – spero non fugace – a questo dato, diffuso dall’ISTAT: in Italia ogni anno si verificano 4mila suicidi. Il 5%, ovvero 200, riguardano i giovani sotto i 24 anni e bullismo e cyberbullismo sono tra le cause maggiori di queste morti. A questi dati si aggiungono quelli diffusi dal Ministero della Salute sullo spaccato sociale più spesso vittima di bullismo e cyber- bullismo. Eccoli: “second i dati della Sorveglianza Health Behaviour in School-aged Children – HBSC Italia 2022, gli atti di bullismo subìti a scuola sono più frequenti nei più piccoli (11 – 13 anni) e nelle ragazze; per il bullismo le proporzioni sono simili a quelle del 2017/18. Il fenomeno del cyberbullismo è in crescita nelle ragazze e nei ragazzi di 11 e 13 anni. I due fenomeni decrescono al crescere dell’età. Gli 11enni vittime di bullismo sono il 18,9 % dei ragazzi e il 19,8% delle ragazze; nella fascia di età di 13 anni sono il 14,6% dei maschi e il 17,3% delle femmine; gli adolescenti (15 anni) sono il 9,9% dei ragazzi e il 9,2% delle ragazze.”Il numero dei casi di bullismo e cyberbullismo registrati in Italia è di circa 20mila e molti di questi, purtroppo, portano alla morte, per suicidio, del soggetto bullizzato.
Come spiega UNICEF Italia sul proprio Sito web, in una pagina dedicata a questo fenomeno nefasto “Il bullismo può essere definito come un comportamento intenzionale e aggressivo che si verifica ripetutamente contro una o più vittime con le quali vi è un reale o percepito squilibrio di potere. Normalmente le vittime si sentono totalmente vulnerabili ed incapaci di difendersi autonomamente. L’aggressione può essere fisica nei confronti di persone o beni di proprietà, oppure verbale, sia diretta che indiretta: tra le forme di aggressione verbale diretta ci sono gli insulti e le minacce, tra quelle indirette c’è la diffusione di voci finalizzate al danneggiamento della reputazione altrui e l’esclusione da un gruppo. Il bullismo di solito si manifesta senza provocazione e costituisce una forma di violenza tra pari, una dinamica dove i bulli spesso agiscono per frustrazione, rabbia o per raggiungere uno status sociale dominante.”
Il bullismo è qualcosa di estremamente pericoloso, non solo per la salute psicofisica, ma addirittura per la vita dei nostri ragazzi, non se ne parla a sufficienza e non si ragiona abbastanza sulla sua pericolosità, soprattutto e non si spiega adeguatamente, ai nostri ragazzi cosa sia il bullismo, come nasce come sia possibile, per le vittime, difendersi e uscirne. Dunque ho pensato di mettere in fila qualche riga di parole per raccontare due storie – una negativa e una positiva – per provare a guardare le due facce di questa realtà che costa molto ai nostri ragazzi che – come spesso scrivo – sono il futuro del Paese, la forza e la crescita e – quando ci lasciano – è una grave perdita per tutti noi.
Cominciamo, dunque, con la storia negativa, che potremmo definire “la faccia scura della luna”. Quella che leggerete è la storia di Michele, il 17enne torinese che, nel 2018, si è suicidato, gettandosi dal Ponte di Alpignano (Torino). La madre, Maria Raso – che continua a chiedere giustizia per il figlio – ha detto in un’intervista del Febbraio scorso: “i bulli lo chiamavano deforme. Anche da morto è stato deriso. Michele fu istigato al suicidio.”. Perché chiedere giustizia? Perché l’istigazione al suicidio, in Italia, è un reato, ma la morte di Michele non è stata ritenuta degna di molta attenzione e dopo cinque anni il suo caso è stato archiviato. Dunque, per gli Inquirenti e i Magistrati, si è trattato solo di un semplice suicidio. Ma Mamma Maria non si arrende e continua a chiedere giustizia. Punta il dito contro i bulli che hanno preso di mira suo figlio, per il suo aspetto fisico; gira l’Italia perché Michele non sia dimenticato e ha fondato un’Associazione, “Miky Boys Odv”, per combattere il bullismo e il cyberbullismo che – sostiene con forza – “sono peggio delle lame di un coltello”. “L’unica arma” – dice ancora – “è l’ascolto”. Certo ascoltare, cogliere i segnali di disagio, spingere la vittima di bullismo a “vuotare il sacco”. Questo deve essere, con questi ragazzi, il compito della famiglia e della Scuola, cellula sociale importante all’interno della quale i ragazzi passano molte ore al giorno. Ascoltare però non è sempre facile. Bisogna saperlo fare e avere gli strumenti per intervenire nel modo giusto. Dunque, occorre formare gli e le Insegnanti ed è importante anche l’ausilio di Psicologi, Psicoterapeuti e Assistenti Sociali che devono entrare a Scuola e stabilirvi un punto d’ascolto per queste situazioni. Questo perché uscire dal girone infernale del bullismo si può. Lo dimostra la storia di Davide Fabbri, il ragazzo 17enne che è stato nominato, alcuni mesi fa, dal Capo dello Stato “Alfiere della Repubblica italiana”: un riconoscimento importante, che premia il suo impegno nel contrasto al bullismo, fenomeno di cui è stato vittima negli anni della scuola primaria e media inferiore. David ha raccontato la sua storia nel Cortometraggio “L’idea”, realizzato insieme ad amici e familiari, e nell’omonimo libro, entrambi usciti nel 2018. La sua vittoria contro il bullismo David la racconta in un breve video che potete vedere a questo URL: https://youtu.be/9wbSL_ybauM
Dunque, la partita contro il bullismo ed il cyberbullimo si può vincere e spesso anche lo sport può essere l’arma vincente. Lo sport è, infatti, confronto, non solo con il proprio avversario, ma anche con i propri limiti; è impegno costante; è rispetto delle regole; è consapevolezza delle proprie forze e capacità e nello sport anche le sconfitte possono essere momenti positivi da cui ripartire, dato che – come ci ricorda Nelson Mandela, campione sudafricano della lotta per la libertà e i diritti umani – “Io non perdo mai. Se non vinco, imparo”.
Diritto (di critica)
Dunque, ci sono voluti cinque anni ai Magistrati della Procura della Repubblica di Roma, per affermare che la critica è un diritto costituzionale. Nel 2018 lo scrittore Roberto Saviano aveva dichiarato che l’ascesa in Rai dell’allora Direttore del TG2 (oggi Ministro della Cultura del Governo Meloni) Gennaro Sangiuliano era dovuta al suo essere “un galoppino del Sottosegretario (del Governo Berlusconi ) Cosentino”, poi condannato in via definitiva per la sua contiguità organica con la camorra. Sangiuliano, aveva citato in Tribunale Saviano per diffamazione e aveva chiesto un risarcimento danni. Bene, dopo 60 mesi Saviano ha vinto la causa contro Sangiuliano. I Giudici romani hanno, infatti, sentenziato che le affermazioni dello scrittore rientravano nel legittimo diritto di critica, costituzionalmente garantito. Ah, dimenticavo: il diritto di critica, così come il diritto di cronaca, è disciplinato dall’Articolo 21 della Costituzione il quale, nel primo comma, recita: “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.”
Ugo Fanti, Presidente della Sezione Anpi di Roma Aurelio-Cavalleggeri “Galliano Tabarini”