Memoria di guerra: chiusi in un bunker, “per vedere l’effetto che fa”

Ugo Fanti, Presidente della Sezione Anpi di Roma Aurelio-Cavalleggeri “Galliano Tabarini” - 10 Marzo 2023

Il grande Enzo Jannacci (1935-2013), milanese doc e giullare amatissimo dal pubblico oltre che eccellente cardiochirurgo, cantava, nella sua “Vengo anch’io, no tu no” (1968): “Si potrebbe andare tutti quanti allo zoo comunale /  Vengo anch’io? No, tu no / Per vedere come stanno le bestie feroci / E gridare: “Aiuto, aiuto è scappato il leone!” / E vedere di nascosto l’effetto che fa. //.

Certo, quando Stefano Massini, drammaturgo di vaglia e acuto osservatore della realtà sociale, ha deciso di presentare la sua ultima produzione teatrale, “Bunker Kiev” a Firenze, nel rifugio antiaereo accora esistente sotto il Teatro “La Pergola”, residuato della Seconda guerra mondiale, non voleva vedere “l’effetto che fa”, Innanzitutto – come ha dichiarato – quella era la location perfetta, “per un’azione drammatica, un mosaico tra storie vere e testimonianze dai social. Un atto politico chiaro, un’azione di protesta contro la guerra.”. Il modo perfetto, insomma, per mettere i suoi spettatori in una condizione particolare, dando loro modo di capire – e sentire – meglio, sulla propria pelle, (anche se solo per il tempo dello spettacolo teatrale) il dramma quotidiano vissuto dagli ucraini ormai costretti da tempo a vivere – rintanati come topi – in cantine, rifugi antiaerei, Stazioni della Metropolitana e buche, per sfuggire ai missili russi.

Quando ho letto di questo espediente non solo scenico escogitato da Massini mi è, tornata in mente un’esperienza quasi simile, fatta con Annalisa Zanuttini (di certo lei se ne ricorderà) alla Stazione Tiburtina dove – un 27 Gennaio di ormai molti anni fa – entrammo in un carro merci, fermo sul Binario 1 della Stazione (quello da cui partivano i treni per i Campi di sterminio), per immedesimarci meglio nello stato d’animo dei deportati e così poter capire di più quella tragedia. Confesso che quando il portellone del carro merci è stato chiuso (solo per qualche minuto, si capisce) e mentre osservavamo i vari pannelli di una Mostra sulla deportazione appesi alle pareti di quel vagone, ho provato un’angoscia e una paura che non credo di avere provato mai più e quell’esperienza, ancora oggi, ogni tanto riaffiora. Quando siamo scesi dal carro merci, per ascoltare le parole della persona che ci raccontava quel pezzo di Storia, credo di avere capito assolutamente meglio quello che quella persona diceva e credo di poter dire che mi sarà assai difficile dimenticare. (*)

Per tornare alla performance di Massini, l’esperienza non solo uditiva, è riservata a 30 spettatori alla volta i quali vengono condotti all’interno del Rifugio sotterraneo, fino ad uno spazio ristretto “simile” – spiega ancora Massini  – “ai 4.984 bunker di Kiev dove gli ucraini si rifugiano dai missili russi.”. Un’esperienza, quella di Bunker Kiev, che inizia con il suono di una sirena (da Piazza della Signoria) suono lacerante e continuo che annuncia il fatto che – come ancora ha raccontato Massini – l’esperienza teatrale ha inizio e ci si deve preparare a stare “ore o minuti chiusi con sconosciuti, spesso senza servizi igienici”. “Mi aspetto terrore – ha dichiarato l’Autore, “perché il suono dei bombardamenti nei sotterranei fa veramente effetto, e dopo la paura mi aspetto che nella gente arrivi la consapevolezza.”.

https://www.rainews.it/tgr/toscana/video/2023/03/stefano-massini-bunker-kiev-teatro-pergola-firenze-c13379d1-5297-41ae-97bb-8f0a0ebccbb7.html

Si tratta indubbiamente – come ha riconosciuto lo stesso Autore – di un testo “forte e terribile”, ma – ha continuato l’Autore – “non avrei messo in scena se non mi fossi ricordato di questo vecchio rifugio antiaereo.”. Bunker Kiev è però una performance teatrale in divenire, perché Massini ha spiegato ancora che all’inizio ci sarà lui, per poi lasciare la sua piece nelle mani di attori famosi, ma anche di gente comune di chiunque, insomma, voglia farsi coinvolgere come è successo a Piero Pelù che, dopo avere visto la prima prova della rappresentazione, si è fatto appunto coinvolgere come persona e come musicista e ci ha messo la sua musica. Massini si augura che la rappresentazione coinvolga molti giovani, magari richiamati dal suono della sirena. “Sono considerato un autore impegnato” – ha detto in un’intervista – “anche se la definizione non mi piace”. “Mi sono chiesto più volte come fare per scuotere le coscienze. Si continua a pensare che la guerra sia lontana e che ci riguardi solo quando cresce il costo della benzina La volevo scomoda questa performance, perché solo così aveva senso.”.

Io mi auguro solo che Massini decida di portare in giro per l’Italia questo suo ultimo prodotto teatrale e che arrivi anche a Roma dove, certo, troverà un rifugio antiaereo ancora agibile (penso a San Lorenzo, ma non solo) nel quale trasportare il bunker immaginario di Kiev. Sarebbe una cosa buona (e giusta), certamente qualcosa in grado di “prenderci alla gola”, di darci una scossa perché solo così, forse, è possibile capire davvero quanto sia orrenda, oltre che assassina (nel senso più profondo del termine) la guerra. (**)

Adotta Abitare A

(*) “La Memoria in un Carro” di Giancarlo Scolari

NAPOLI – Era il 27 gennaio del 1945 quando l’Armata Rossa entrò nel campo di concentramento di Auschwitz, in Polonia, e fece conoscere al mondo gli orrori del nazismo. Da qualche anno in questa data si celebra la Giornata internazionale della Memoria, per non dimenticare la folle tragedia della Shoah.
Molte le iniziative in Italia e nel mondo. A Napoli la “Memoria in un carro”, un carro F in legno a due assi per il trasporto di bestiame, come quelli utilizzati dai nazisti per deportare gli italiani verso i campi di concentramento, è esposto in Piazza Plebiscito insieme a una mostra fotografica, “L’impossibile e l’oblio”, allestita nelle vicinanze con foto di Michael Kenna dai campi di sterminio nazisti. Tra il 1943 e il 1945 oltre seimila italiani, non solo ebrei ma anche omosessuali, zingari e testimoni di Geova sono stati trasportati da Roma Tiburtina e Milano Centrale (sul tristemente noto binario 21 dove è stata apposta una targa commemorativa) ad Auschwitz, Birkenau o Mauthausen.

I deportati affrontavano un viaggio, lungo, difficile, schiacciati l’uno contro l’altro, con i cadaveri di chi non riusciva a sopravvivere. A disposizione una damigiana d’acqua, un po’ di paglia e un recipiente per i bisogni corporali, senza la possibilità di poter scendere se non quando giunti a destinazione, spesso anche una settimana dopo. Il vagone esposto fino a lunedì 30 gennaio in Piazza Plebiscito a Napoli, è di proprietà di Trenitalia ed è stato restaurato da un gruppo di privati che ne ha curato anche il trasporto. “Coltivare la memoria è fondamentale perché non si cada nella tentazione di adagiarsi sull’idea che certe tragedie non possano ripetersi”, ha spiegato il sindaco di Napoli Luigi De Magistris, che ha ricordato l’importanza “di queste iniziative a difesa di valori universali che esistono se noi continuiamo giorno per giorno a farli vivere”.

(Fonte: https://www.ferrovie.it/portale/articoli/2852).

(**) “La guerra in Ucraina non è un fatto di cronaca, è una ferita aperta nel cuore dell’Europa. Ci riguarda da vicino: potevamo esserci noi, e potremmo esserci noi, un domani. Bunker Kiev ci conduce tra le macerie e le tenebre, dove riconoscere il coraggio e la paura, la sofferenza e la speranza. Là dove anche il silenzio dei pensieri è rotto dal rumore delle esplosioni. Bunker Kiev è un progetto speciale del Teatro della Toscana per sostenere gli ospedali pediatrici di Kiev e di Mariupol, il cui Teatro Drama è stato squarciato dai bombardamenti durante la prima grande battaglia della guerra in Ucraina, nonostante nel cortile fosse stata dipinta la scritta “bambini”.”. (https://portalegiovani.comune.fi.it/urlnews/webzine/44726.html).


Dicci cosa ne pensi per primo.

Commenti