Un mondo senza passaporti
Vogliamo fare un gioco? Facciamo finta, come nei giochi dei bambini, facciamo che vivevamo in un mondo diverso e vediamo cosa succede.
Immaginiamo di vivere in Italia, nella Comunità Europea, nel nostro tempo. Immaginiamo che per venire in Italia, o per uscirne, non ci sia bisogno di visti, passaporti, permessi di soggiorno, quote di ingresso. Immaginiamo per un po’ che questo sia vero per tutta l’Europa e per tutto il mondo. Gli stati esistono e ci sono gli uffici alla dogana, che però si occupano solo di registrare chi entra e di accogliere la dichiarazione se vengono come turisti, come ospiti di passaggio, oppure per rimanervi come cittadini, e di verificare se chi esce lo fa per poi ritornare o si sta trasferendo, in modo che ogni stato conosca il numero effettivo dei propri abitanti. Facciamo finta. Cosa potrebbe succedere? Ci vogliamo provare?
Per alcuni forse sarebbe il caos. Saremmo invasi da persone di cultura diversa, e questo non va bene. Non so perché non vada bene, perché a studiare la storia si vede che le civiltà più avanzate sono quelle che hanno avuto maggiori incontri con popoli diversi. Il Mediterraneo è stata la culla di una civiltà importante per il miscuglio di popolazioni che ha vissuto. È comprensibile che ad alcuni possa fare paura, però.
Saremmo invasi da altre religioni, e questo è pericoloso. Quando si identificano tra loro cultura e religione, certo ci si sente attaccati nella propria identità. Il cristianesimo però, se ben vissuto, non avrebbe nulla da temere, visto che si è ben radicato in nazioni molto diverse, con tradizioni religiose molto lontane.
Saremmo invasi da gente nullafacente, poveri che dovremmo nutrire e sostenere, dicono alcuni: questo no davvero, perché se ora arrivano in stato di indigenza dipende anche dal modo in cui sono stati costretti ad arrivare.
Ci sarebbe di certo la necessità di corsi di italiano, di percorsi di cittadinanza: questo è vero, ma è già indispensabile che vi siano, e siano efficienti. Dovremmo certamente anche rafforzare il nostro servizio sanitario: magari! per il bene di tutti.
E visto che stiamo giocando, quali vantaggi porterebbe la liberalizzazione degli ingressi? Se non esistesse il reato di immigrazione clandestina in tutta Europa, cosa ne guadagneremmo?
Prima di tutto, conosceremmo la realtà del nostro paese. Finché le persone continuano ad arrivare come clandestine, non sapremo mai davvero quante siano, e soprattutto chi esse siano. Inoltre le forze di polizia, i carabinieri, i finanzieri, le guardie costiere, le questure, gli uffici statali e territoriali potrebbero dedicarsi ad altri reati e noi manterremmo meno persone in prigione a far nulla.
Le rotte di ingresso sarebbero tutte legali e le persone arriverebbero comodamente in auto, treno, nave o aereo, pagando regolare biglietto, senza bisogno di scafisti, ONG, centri di smistamento, lager libici, centri per il rimpatrio. Non ci sarebbero morti per terra e per mare. Non sentiremmo la falsa costernazione dei nostri politici, pronti ad usare la morte delle persone per fini elettorali gli uni contro gli altri.
Chi viene nel nostro paese non avrebbe bisogno di vendere tutto per pagare il biglietto, tagliandosi così la possibilità di ritornare in patria. Non arriverebbero qui da indigenti, spogliati di tutto: soldi, documenti e dignità. Arriverebbero da persone libere, libere di provarci, di fallire, di tornare sui loro passi o di rimanere da cittadini a pieno titolo. Non verrebbero qui sotto ricatto, costretti ad adattarsi ad ogni sfruttamento: lavoro in nero e sottopagato, e caporalato, a fare concorrenza al lavoro degli italiani. Immaginiamo per un attimo che i migranti abbiano i loro documenti e doveri e diritti uguali agli europei: lavoreremmo tutti con la stessa paga e avrebbe il lavoro non chi si lascia sfruttare di più, ma chi lavora meglio. Se poi in un luogo i nuovi arrivati trovassero poco lavoro disponibile, con un’Europa aperta andrebbero spontaneamente dove c’è maggiore bisogno di manodopera, senza bisogno di quote di ingresso e litigi tra stati. E se non trovassero lavoro, non avendo venduto tutto in patria, sarebbe più facile per loro tornarsene a casa.
Meno possibilità di essere ricattati significa meno reati, meno manodopera per le organizzazioni criminali nostrane, più lavoratori là dove serve, più tasse pagate dal loro onesto lavoro, meno bisogno di servizi sociali, Caritas o cooperative. Avremmo meno uomini soli – lontani da moglie e figli, traumatizzati dal viaggio, dalle condizioni di vita e dallo sfruttamento lavorativo – e più famiglie – e avere una famiglia ti porta a cercare stabilità e inserimento sociale. Meno ghetti e migliore distribuzione sul territorio potrebbero essere il risultato.
Adesso abbiamo giocato abbastanza. Smettiamola di sognare. Per realizzare tutto questo ci vorrebbero troppe cose: ci vorrebbe l’abolizione del reato di immigrazione clandestina in tutta l’Europa; ci vorrebbe l’abbattimento di muri e un’effettiva libera circolazione delle persone all’interno della Comunità europea; ci vorrebbero aziende, ditte e datori di lavoro che siano disposti a rinunciare a una manodopera di schiavi; ci vorrebbero persone che riconoscano la stessa dignità, la stessa stima alle persone straniere, senza richiedere per sé privilegi, ma per tutti doveri e diritti uguali. Ci vorrebbero tante cose, ma prima di tutto ci vorrebbe l’innocenza dei bambini che, quando sognano, sognano che un giorno quanto hanno sognato possa diventare realtà.
Voglio fare il bambino per una volta: così sia!