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E dopo il Brexit è già Bregret

Non per vantarmi, ma un po’ me l’aspettavo. C’è sempre rammarico dopo un delitto e stavolta il delitto l’hanno commesso le istituzioni inglesi permettendo il referendum popolare su un tema difficile e complicato anche per gli addetti ai lavori. L’uscita della Gran Bretagna dalla Comunità Europea, si sta già rivelando un ginepraio dove troppi aspetti di carattere economico e burocratico stanno rappresentando il rompicapo per governanti e parlamentari che avrebbero fatto volentieri a meno di trovarsi con l’acqua alla gola, a seguito di una decisione popolare sottovalutata, come se il popolo pensasse ed agisse con la saggezza illuminata – si fa per dire – degli eletti a tutelarne gli interessi.

“Perché hai ucciso i tuoi genitori?”

“Davvero non lo so!” dice con rammarico il protagonista del lavoro a misfatto compiuto.

Sembra una tragedia shakespeariana. Di chi è la colpa?

L’ho già detto in passato e lo ripeto: non si devono permettere referendum popolari su tematiche ad alta specializzazione tecnico-finaziar-politica. Per decisioni in materia esistono già degli esperti – si fa ancora per dire – democraticamente eletti, pronti a sciogliere qualsiasi nodo ingarbugliato a ostacolare la soluzione di perplessità in ambito governativo. Ma che ne sa la vecchietta che vive a Swansea, sulle coste gallesi affacciate sul Mar Celtico; che ne sa il pastore scozzese col suo branco di pecore da lana; cosa ne so io stesso delle conseguenze derivanti dall’exit della GB dall’Europa? Per questo il referendum sulla questione era da evitare. Invece, nei governanti inglesi è esistita la convinzione che no, che tanto avrebbe vinto il remain, così come quello che, giocando a scacchi coi neri è allettato nel mangiare la regina bianca, non calcolando bene che con una mossa successiva l’avversario gli avrebbe dato scacco matto. Oppure, l’esito del referendum può essere esemplificato con quello che, primo di mano a tressette, con una napoletana nona, inizia la partita gettando sul tavolo la carta spuria, esclamando:

“Beh, fatevi questa che poi son tutte nostre!”

Per completare le similitudini, evito di tirare in ballo il marito che se lo tagliò per fare un dispetto alla moglie.

regret-675Ecco allora, a meno di una settimana dal voto, che l’exit si trasforma in regret, un lamento che sembra serpeggiare ormai tre le alte sfere della politica inglese, con il dissenso scozzese e dell’Irlanda del Nord, per niente contenti della maggioranza rurale che ha decretato col proprio consenso l’uscita della Gran Bretagna dall’Europa. Si balbetta circa la ripetizione del referendum stesso. Si vocifera su una richiesta dei dissidenti per uscire dal Regno Unito. Da parte dei rappresentanti inglesi presso la Comunità Europea si cerca con affanno di procrastinare la procedura di uscita. Con molto senso strategico e lungimiranza, De Gaulle si espresse contro l’ingresso della gran Bretagna nell’Europa Unita. Disse senza mezzi termini: Se li accogliamo, prima o poi sfasceranno l’Unione.

Io, che non sono un politico, né un esperto per valutare l’opportunità di una dilazione o meno, mi schiero a pelle, come hanno fatto loro nel pronunciarsi a favore dell’uscita, dalla parte di quei politici europei che, con lo strillare: fuori subito! assomigliano ai fedeli allorché manifestano a favore di un beniamino della Chiesa nel volerlo immediatamente santo. E fuori anche in fretta, come deve fare una squadra di calcio, in vantaggio per 1–0, allorché ha il dovere di attaccare subito per mettere quanto prima in ginocchio l’avversario, dopo averlo trafitto, scosso e frastornato per la rete inaspettatamente subita. Non si deve dare tempo all’Inghilterra di riorganizzare le fila.


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