

Quasi duemila cittadini si sono mobilitati per chiedere maggiori garanzie su un progetto che promette efficienza, ma rischia di consumare fiducia
Il futuro della cittadella giudiziaria di Piazzale Clodio si scontra con un presente fatto di dubbi, proteste e richieste inevase.
È una vicenda che intreccia cemento e verde, giustizia e partecipazione, quella che da giorni anima il quadrante nord-ovest di Roma, dove quasi duemila cittadini si sono mobilitati per chiedere maggiori garanzie su un progetto che promette efficienza, ma rischia di consumare fiducia.
Al centro della contesa c’è il decreto regionale firmato dal presidente Francesco Rocca, che dà il via libera all’ampliamento della cittadella.
Una sola nuova struttura, alta non oltre 24 metri, da costruire sull’area attualmente occupata da un parcheggio e una stazione di servizio: “superfici già compromesse”, si legge nell’atto, in nome della tutela del suolo e del paesaggio.
Eppure, la tutela è proprio ciò che molti residenti sentono mancare. Perché il provvedimento, illustrato con enfasi durante una conferenza stampa con il sindaco Gualtieri, il ministro Nordio e il sottosegretario Ferrante, lascia irrisolta una questione chiave: la destinazione dell’area verde nota come “Pratone di via Teulada”, porta naturale alla Riserva di Monte Mario. Un fazzoletto di terra amato dai cittadini, oggi formalmente ancora in mano al Demanio statale e non, come richiesto, al Comune di Roma.
“Nel decreto non si fa alcuna menzione del passaggio di proprietà necessario per trasformare quell’area in un vero parco pubblico” sottolinea Luisa Sodano, presidente dell’associazione Insieme 17 Aps, tra i promotori della raccolta firme. “Senza questo passaggio, tutto il discorso sulla valorizzazione verde rischia di restare sulla carta”.
Il documento approvato prevede il “ripristino vegetazionale” delle zone distrutte dagli incendi dell’estate 2024, la tutela della visuale da Piazzale Clodio verso Monte Mario e l’integrazione tra il nuovo edificio e la futura “Porta del Parco”, da realizzarsi in parallelo. Ma senza certezze sulla titolarità dell’area, quella porta rischia di restare chiusa.
È proprio da qui che nasce la petizione, firmata da cittadini e da almeno nove realtà territoriali: una richiesta formale affinché l’intera area del Pratone, con esclusione della sola porzione edificabile, venga trasferita subito dal Demanio al Campidoglio. Solo così, sottolineano i promotori, si potrà realizzare un parco urbano sotto la responsabilità del Comune, unico ente competente.
C’è poi una questione di metodo. “Nel decreto ci sono 23 prescrizioni, ma nessuna menziona il coinvolgimento diretto dei cittadini”, si legge nel testo della petizione.
E allora ecco la seconda richiesta: che il futuro bando per la progettazione dell’ampliamento giudiziario preveda forme obbligatorie di consultazione e partecipazione civica. Dopo anni di battaglie per salvaguardare il Pratone, chi lo ha difeso chiede ora di poter dire la sua.
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