Gualtieri e il Prg (Piano regolatore generale). Parole magiche

Non vorremmo che a rigenerarsi fosse, ancora una volta, la rendita speculativa invece che la città pubblica

Il neosindaco Gualtieri l’altro giorno ha detto la sua sul vigente Prg. Non sui milioni di metri cubi che esso ancora prevede e che fanno a cazzotti con lo slogan tanto abusato del “consumo di suolo zero” sbandierato dal centrosinistra post veltroniano; non sul fatto che esso fu redatto sotto l’evidente influenza di un neoliberismo ancora vivo e vegeto nonostante la crisi del 2008, non sul fallimento delle centralità urbane metropolitane come asse strategico e policentrico del disegno urbanistico; non sul dominio reale della rendita sotto la cui egida esso fu redatto e con la quale ci fu un gentlemen’s agreement fra potere pubblico e interessi privati fatta di compensazioni e accordi di programma, ma sulla sua mancata “flessibilità nei cambi di destinazione d’uso e nel recepimento della legge regionale sulla rigenerazione urbana”.

L’occasione di questa esternazione è stato l’incontro di ieri alla sala della Protomoteca del Campidoglio “14 anni del Prg ’08 del Comune di Roma – Pnrr, strategie di sviluppo e di rigenerazione per un nuovo welfare urbano”, organizzato dal Dipartimento di Pianificazione, Design e Tecnologia dell’Architettura dell’Università La Sapienza di Roma, dalla Fondazione Roma Sapienza e dal Laboratorio Progetto Roma. Presenti all’evento, tra gli altri, Eugenio Gaudio, presidente della Fondazione Roma Sapienza, Paolo Desideri, professore ordinario di Composizione architettonica e urbana all’Università Roma Tre, Massimiliano Fuksas, architetto e cofondatore dello Studio Fuksas, e ancora Giampiero Massolo, presidente del Comitato promotore di Expo 2030, Roberto Morassut, oggi vicepresidente del gruppo Pd alla Camera e che, nelle vesti di assessore all’Urbanistica, fu protagonista nella redazione e approvazione del Prg del 2008, e poi il presidente dell’Acer, Nicolò Rebecchini e il presidente della Camera di Commercio di Roma, Lorenzo Tagliavanti.

L’opinione di Gualtieri sul Prg del 2008 è benevola. “Riconosciamo e apprezziamo – ha detto – alcuni elementi di modernità importanti che ancora oggi lo rendono attuale in alcuni suoi pilastri strategici, come la dimensione metropolitana e il modello policentrico di città, che noi ci siamo dati il compito non semplice di rafforzare, la centralità del sistema ambientale in una rete ecologica e il concetto di trasformazione al posto dell’espansione, e quindi riuso, riciclo, rigenerazione urbana”. “Ma – aggiunge – non possiamo non interrogarci sui limiti interni del piano, ed è da questo angolo che per noi è necessaria una riflessione anche critica che deve a mio giudizio concentrarsi sulle norme tecniche e sul concetto di una maggiore flessibilità necessaria a questo piano”.

Anche perché a 14 anni dalla sua entrata in vigore occorre prendere atto, dice sempre Gualtieri, della sua mancata attuazione.

Come ovviare a cotanta disgrazia? Riconoscendo finalmente, dice il sindaco, che “La semplificazione è assolutamente necessaria proprio per poter realizzare al meglio quei principi generali del piano in cui ci riconosciamo pienamente”.

Ecco la soluzione, la parolina magica che può farci uscire dall’impasse di una politica urbanistica scellerata: semplificazione. Altro che drastica revisione  dei pesi urbanistici fatti di decine di milioni di metri cubi di cemento; altro che eliminazione dei “diritti edificatori” confusi con le previsioni edificatorie; altro che revisione generale del Prg in senso ambientalista in piena fase di transizione ecologica; altro che taglio delle mani della rendita speculativa ecc.. E ben altro da quell’impegno “Revisioneremo il Piano Regolatore generale”, assunto all’atto della formazione della coalizione di centrosinistra e poi persosi per strada già nel programma di Gualtieri durante la campagna elettorale.

Come rendere attraente la sostanziale riproposizione del Prg condizionato dai “Re di Roma”, come titolò e documentò un celebre servizio di Report nel 2008?  Visto il tramonto inglorioso della precedente “consumo di suolo zero”, con un’altra parola magica: rigenerazione urbana. Gualtieri, infatti, promette che la sua amministrazione ha come obiettivo “il concetto di trasformazione al posto dell’espansione, e quindi riuso, riciclo, rigenerazione urbana”.

Solo che non vorremmo che a rigenerarsi fosse, ancora una volta, la rendita speculativa invece che la città pubblica.


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