Le mille e una Roma (2): “Cercà Maria pe’ Roma”

Alla ricerca dell’origine di questa espressione popolare nata e tramandata tra i vicoli e i meandri della vecchia città

È uno dei detti più conosciuti della capitale tuttavia, la moltitudine della gente, lo associa al modo di dire italiano: “Cercare un ago nel pagliaio”. Se ciò in parte è vero cerchiamo di risalire all’origine di questa espressione popolare nata e tramandata tra i vicoli e i meandri della vecchia Roma.

Iniziamo la nostra “caccia al tesoro” partendo dal “Passetto del Biscione”: un passaggio coperto e seminascosto che collega via di Grotta Pinta con Piazza del Biscione, a pochi metri dalla chiassosa e popolare piazza di Campo de’ Fiori. Sembra che tale passaggio debba il suo nome all’anguilla raffigurata sullo stemma della nobile famiglia romana Orsini, che costruì il proprio palazzo di “rappresentanza” proprio in questa parte della città.

Oltre duemila anni di storia sono custoditi da questo camminamento così singolare e particolare: nella Roma antica in quest’area si trovava il “Teatro di Pompeo” (dal condottiero e console, Gneo Pompeo Magno) che possiamo considerare come una vera e propria opera “abusiva” ante-litteram in quanto le leggi vigenti dell’epoca vietavano la costruzione di teatri stabili. Per gli amanti delle curiosità storiche possiamo ricordare che proprio qui (“Curia Pompeii) – il 15 marzo del 44 a.C. – venne assassinato Giulio Cesare, le cui ultime parole raccontate da Svetonio sono passate alla storia: “Tu quoque, Brute, fili mi”.

Durante il medioevo l’area divenne una cava a cielo aperto dove rifornirsi di materiale edilizio e, successivamente, sulle sue fondamenta furono costruiti altri edifici. Tra questi ricordiamo il su citato palazzo della nobile famiglia Orsini, che in pegno “donarono” alla città due luoghi di culto: la chiesa di Santa Barbara dei Librai (nella cui piazza omonima c’è il famoso “Dar Filettaro a Santa Barbara”) e la chiesa di San Salvatore in Arco (attualmente Santa Maria di Grottapinta). Quest’ultima chiesa venne annessa al palazzo e vi si poteva accedere direttamente dallo stesso, contribuendo – così – alla segretezza e alla “privacy” dei numerosi ospiti degli Orsini tra cui, ricordiamo, anche la famosa Lucrezia Borgia.

Come per tante altre storie e leggende, il sacro e il profano a Roma “se strigneno sempre le mano”: infatti, il 9 luglio 1796 gli occhi di un’icona rappresentante la Madonna iniziarono a muoversi, aprendo e chiudendo le palpebre quasi a voler seguire con lo sguardo l’iniziale folla che si era riunita al veloce passa parola del fatto miracoloso. L’icona raffigurante la “Madonna della Divina Provvidenza”, ossia la Vergine avvolta da un insolito abito rosso fuoco che sorregge il Bambino Gesù (opera di Scipione Pulzone da Gaeta) fu spostata dalla chiesa e fu realizzata un’edicola in un incavo del muro laterale che si appoggiava proprio alla galleria del passetto. Inoltre, si decise di sbarrare uno degli ingressi che conduceva al camminamento per preservare la dignità della rappresentazione della Madre di Dio rendendola ancora più nascosta e introvabile, da parte dei devoti e dei curiosi.

Quindi, il detto è direttamente collegato all’affresco mariano poiché per andarla a venerare si doveva intraprendere una complicata ricerca (e, all’epoca, certo non si aveva il navigatore …) tra le stradine e i meandri del centro storico romano per individuarne l’esatta ubicazione.

Il nostro giro, però, non finisce qui … il quadro originale della “Maria pe’ Roma” fu trasferito nella vicina chiesa di San Carlo ai Catinari anche perché, per alterne vicende, la chiesa di Santa Maria in Grottapinta venne sconsacrata.

Questa è la Roma insolita, nascosta, segreta che può ancora sorprendere e suscitare emozioni al pari della Roma monumentale; testimonianza silenziosa della saggezza popolare stratificata nei secoli tra i vicoli, le botteghe, i mercati frutto della schiettezza e della fervida fantasia del volgo che ci racconta molto della città, dei vizi e delle virtù del tempo che fu.

Le mille e una Roma


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