

L'episodio scatenante la data del recupero della partita dello scorso campionato dei giallorossi contro l'Udinese
Doveva essere solo un malore, una partita sospesa e poi ripresa. Ma la gara tra Udinese e Roma, interrotta lo scorso aprile per il crollo in campo del difensore Evan N’Dicka, si è trasformata in un caso giudiziario.
A finire nel mirino non è stato un arbitro o un dirigente di club, ma Lorenzo Casini, presidente della Lega Serie A, travolto da una marea di insulti e minacce social, tanto da dover chiudere i commenti sui propri profili Instagram e Facebook.
A scatenare l’ira dei tifosi è stata la decisione di recuperare il match il 25 aprile, a pochi giorni dalla semifinale di Europa League contro il Bayer Leverkusen.
Una scelta vista come penalizzante dalla Roma e vissuta come un affronto dai suoi sostenitori.
Tra questi, otto giovani tra i 22 e i 28 anni, identificati dalla Polizia Postale e dalla Digos per i contenuti violenti dei loro messaggi online.
Commenti espliciti e agghiaccianti come “Te devi sveglia freddo”, “lurido verme, poi ti vengo a prendere a casa”, o ancora “fai vomitare”. Frasi cariche d’odio, che adesso costeranno care: i ragazzi andranno a processo il 13 novembre con l’accusa di minacce aggravate.
Due di loro sono difesi dagli avvocati Gian Maria Nicotera e Lorenzo Contucci, nomi noti nella galassia legale legata al tifo organizzato.
Ma questa volta, più che il tifo, a preoccupare è il linguaggio dell’odio e il confine ormai sempre più labile tra protesta e violenza, tra frustrazione sportiva e aggressione personale.
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