Nuove tecnologie per salvare e migliorare la vita dei cardiopatici
Presentati nuovi dispositivi mini-invasivi nel XVI International Symposium on Progress in Clinical PacingSalvare e migliorare la vita dei pazienti cardiopatici attraverso le innovazioni tecnologiche. Sono questi i temi trattati nel XVI International Symposium Progress in Clinical Pacing, che si svolge in questi giorni a Roma, dal 2 al 5 dicembre.
Presenti al convegno 400 esperti internazionali che trattano i principali temi dell’aritmologia, dall’approccio clinico, alle innovazioni tecnologiche, alle più recenti tecniche diagnostiche e terapeutiche e all’economia sanitaria.
Nell’ultimo decennio lo scompenso cardiaco si è rivelato una delle principali cause di morte. In Italia circa 1,5 milioni di pazienti sono affetti da questa patologia. Ogni anno ci sono circa 170.000 nuovi casi e il 20% dei pazienti affetti muore. Si registra una popolazione che determina 500 ricoveri per scompenso al giorno. Con questo ritmo si ipotizza che i malati di scompenso cardiaco possano raddoppiare entro i prossimi 15 anni.
“Nell’ambito dell’aritmologia e della cardiostimolazione l’innovazione gioca un ruolo fondamentale – commenta Gianluca Botto, presidente dell’Associazione Italiana di Aritmologia e Cardiostimolazione e direttore dell’Unità Operativa di Elettrofisiologia presso l’Ospedale Sant’Anna di Como – I progressi tecnologici hanno portato allo sviluppo di dispositivi medicali sempre più all’avanguardia che consentono un elevato livello diagnostico e terapeutico”.
In questi ultimi anni si osserva un continuo aumento dei disturbi del ritmo cardiaco. Nel nostro Paese circa un milione le persone sono affette da aritmie cardiache e nel 2013 sono stati impiantati più di 64.000 i pacemaker.
“I nuovi dispositivi mini-invasivi – osserva Massimo Santini, presidente del XVI International Symposium on Progress in Clinical Pacing e della World Society of Arrhythmias – riducono sensibilmente il rischio di complicanze legate all’impianto di un pacemaker tradizionale e alla rottura dei cateteri”.
“La possibilità di curare le aritmie, anche in maniera definitiva, – prosegue Santini – è l’obiettivo principale della comunità scientifica per migliorare la vita dei pazienti riducendo nel tempo i ricoveri in termini numerici e di durata di degenza. Le nuove tecnologie possono contribuire a raggiungere questo obiettivo; devono essere pertanto accessibili da un punto di vista economico e rimborsate dal Servizio Sanitario quando la loro efficacia è dimostrata. Nel medio e lungo termine il trattamento definitivo delle aritmie è un risparmio per l’intero sistema sanitario”.
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