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Preferirei di no. Partiti in Vacca

Il dibattito sul referendum costituzionale riserva ogni giorno sempre nuove sorprese. Dopo la chiamata in correo del PCI nelle nobili figure di Ingrao, Berlinguer e Iotti – Togliatti per ora è stato solo evocato da Cassese come “veto incrociato” con De Gasperi – è la volta, per le sorprese, di Giuseppe Vacca direttore dell’Istituto Gramsci. Beppe, intervistato l’altro giorno da l’Unità, ha tenuto a chiarire che si è reso disponibile, privatamente e non per la carica che ricopre, a fare il Presidente del comitato del sì nel Lazio.
Nel corso dell’intervista sulla controriforma costituzionale ha argutamente ironizzato con i riesumatori di leader comunisti trapassati e fatti levare dalle tombe, come nell’inno di Garibaldi, a mo’ di anticipatori della riforma nazarenica renzoberlusconiana.
Gramsci_1922A proposito del vezzo di interrogarsi su come avrebbero votato i grandi del passato sui problemi più spinosi del presente, ha rivelato: “L’ultima volta, in un’intervista radiofonica, mi hanno chiesto cosa avrebbe votato Gramsci sulle unioni civili”. Risposta: “È molto che non lo sento. Ma ho il suo numero di telefono e sono autorizzato a darlo, così potete chiederlo direttamente a lui”.

Nel prosieguo dell’intervista a sostegno del sì al referendum il giornalista chiede a Vacca: “Un’altra critica riguarda il ‘combinato disposto’ tra riforma costituzionale e legge elettorale. Cosa ne pensa”?
Giuseppe-VaccaRisposta: “Penso che di tutte le leggi elettorali che si sono succedute dalla fine della Prima Repubblica in avanti l’Italicum sia quella che più favorisce la ricostruzione di una impalcatura del sistema politico centrata sui partiti”. “Si riferisce al premio di maggioranza assegnato al partito anziché alla lista?”. Risposta: “Sì”. Aggiungendo poi “la necessità di contrappesi e correttivi” tra cui quello di “accelerare la riforma per regolare secondo il dettato costituzionale la vita dei partiti”.

Confesso che questa dell’Italicum che favorirebbe, tramite il corposo premio di maggioranza, la ricostruzione dei partiti mi mancava. Io ero rimasto alla lezione gramsciana dei Quaderni espressa nelle “Note sul Machiavelli, sulla politica e sullo stato moderno” ben nota al direttore dell’Istituto Gramsci, nutrita di una riflessione assai complessa sui partiti, per così dire strutturale e sovrastrutturale. Ma a parte questo discorso che ci porterebbe lontano, quel che colpisce è continuare a pensare che, come dice Vacca, si “favorisce la ricostruzione di una impalcatura del sistema politico centrata sui partiti” con leggi elettorali sempre più maggioritarie. Si è pensato agli inizi degli anni ’90 che fosse il proporzionale a impedire una sana alternanza al governo del Paese e con essa una ricostruzione anche morale del sistema politico con l’eliminazione del frazionamento portatore di ogni “Ghino di Tacco” da parte dei piccoli partiti. Col maggioritario uninominale “mattarellum” si è visto quel che è successo. Frazionamenti e ricatti sono aumentati. Poi è arrivato il “porcellum”, e sul piano della consistenza dei partiti e della loro moralità politica è andata assai peggio. Oggi, dice Vacca, a rimediare sarà l’Italicum. Cosa tutta da dimostrare perché la struttura di potere monarchico-feudale dei partiti si presta benissimo in sede elettorale, anche con l’Italicum, alla formazione di listoni che riprodurranno, dentro all’unico contenitore partitico, quello che prima avveniva dentro le coalizioni. I partiti, nell’ansia di dover vincere a tutti i costi, saranno spinti a imbarcare tutto e il contrario di tutto, come del resto sta già avvenendo nel PD, ma non solo in esso, al centro e nelle periferie di comuni, province e regioni.

Bisognerebbe prendere onestamente atto, sulla base dell’esperienza quasi venticinquennale, che non c’è legge elettorale che tenga di fronte al male oscuro del trasformismo politico che è il vero cancro della democrazia italiana e dei partiti. E il trasformismo, dentro e fra i partiti, basti pensare alle crescenti transumanze di questi ultimi anni, lo si combatte costruendo formazioni politiche solide dal punto di vista sociale e culturale, trovando nella società civile, nelle sue contraddizioni economiche e sociali, le radici di una costruzione idealmente, moralmente e politicamente solida fondata se non su una compiuta “concezione del mondo”, come la intendeva Gramsci, almeno su una visione critica del reale. Che è poi il lascito ancora attuale della lezione gramsciana. Almeno per una sinistra che voglia ricostruirsi.

Continuare a pensare che questo compito assai duro e complesso possa esplicarsi, o anche essere solo favorito allo stato attuale, con leggi elettorali sempre più drogate da premi maggioritari e da nomine di deputati calate dall’alto e non eletti è, innanzitutto, pericolosamente autoritario e poi anche inutile, come l’acchiappar farfalle sotto l’Arco di Tito.


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