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Termovalorizzatore: Ignazio Marino attacca Gualtieri e svela le contraddizioni ambientali

Nel frattempo proseguono le proteste dei comitati

Oggi tutti riconoscono i danni provocati dalle emissioni di CO2. Dalla storica conferenza di Parigi nel 2015 al Summit del Futuro all’Onu del settembre 2024, è chiaro che c’è un’urgenza di eliminare le emissioni. Tutti, tranne il Campidoglio.”

Con queste parole, l’europarlamentare di Avs (Alleanza Verdi Sinistra) e ex sindaco di Roma, Ignazio Marino, ha lanciato un nuovo attacco contro il sindaco Roberto Gualtieri, in occasione della presentazione del progetto finale per il termovalorizzatore.

Fin dall’inizio, Marino si è opposto fermamente all’impianto progettato per bruciare 600.000 tonnellate di rifiuti della Capitale, rimanendo, di fatto, l’unica voce del partito ambientalista a esprimere un dissenso aperto.

Non è un caso che, proprio mentre Marino criticava Gualtieri, quest’ultimo nominava Massimiliano Smeriglio, un esponente di spicco di Avs, come nuovo assessore alla Cultura, un movimento che sembra isolare ulteriormente il chirurgo ligure.

Marino ha sottolineato che “si tratta di nozioni di chimica elementari: se incenerisci 600.000 tonnellate di qualsiasi materiale, produci 600.000 tonnellate di CO2”. Ha anche evidenziato come, “secondo la direttiva dell’Unione Europea 2023/959, a partire dal 2026, gli impianti di incenerimento dei rifiuti urbani dovranno pagare per le emissioni di CO2 generate”. In risposta, Gualtieri ha paragonato l’impianto a una discarica, sostenendo che quest’ultima genererebbe emissioni fino a 80 volte superiori.

Marino ha nuovamente sollevato il tema della carbon tax, un’imposta che potrebbe colpire anche gli inceneritori. “È certo che, se non dal 2026, a partire dal 2028, questi impianti dovranno affrontare una tassa che potrebbe variare tra 50 e 100 euro a tonnellata.

Questo significa che Roma potrebbe pagare 60 milioni di euro all’anno per le emissioni dell’inceneritore, il quale, secondo Gualtieri, inizierà a operare nel 2028, proprio all’inizio dell’applicazione della nuova tassa.”

Non solo questioni finanziarie, ma anche preoccupazioni di lungo termine emergono: “Se sommiamo il 2028, anno di avvio dell’inceneritore, ai 33 anni di durata contrattuale con il privato, arriviamo al 2061. Questo è 11 anni oltre il 2050, l’anno indicato per raggiungere le emissioni zero.”

Le proteste non si fermano. Comitati e associazioni, in particolare la rete Tutela Roma Sud, continuano la loro battaglia contro il termovalorizzatore, denunciando il Comune di Roma e Gualtieri all’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato.

In un comunicato, si afferma che non sono state valutate adeguatamente le alternative all’inceneritore, insinuando che ci sia stata un’intenzione di favorire Acea, alterando la concorrenza con soluzioni più vantaggiose sia economicamente che ambientalmente.

Abbiamo prove che le proposte alternative presentate durante la Valutazione Ambientale Strategica sono state censurate o rifiutate senza alcun approfondimento”, afferma Marco Alteri, portavoce delle associazioni.

La clausola di esclusiva, che assicura 600.000 tonnellate di rifiuti da bruciare per 33 anni, limita le possibilità di soluzioni innovative fino al 2060, sottraendo materie prime a potenziali concorrenti e ostacolando ogni progresso in termini di riduzione, riuso e riciclo.

In un clima di crescente tensione, appare evidente che la scelta di tecnologie alternative non sia stata gradita, poiché contrasta con la narrativa ufficiale che presenta il termovalorizzatore come “l’unica soluzione possibile”.

Tuttavia, la normativa sulla concorrenza è vincolante e non può essere elusa, neppure con i poteri speciali del Commissario straordinario del governo per il Giubileo.

La questione rimane aperta, e le conseguenze di queste decisioni potrebbero influenzare non solo il futuro dei rifiuti a Roma, ma anche il dibattito più ampio sulle politiche ambientali nel nostro paese.


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