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Dove vai? Porto pesci

“Dove vai? Porto pesci.” Questa espressione è un vecchio motto con cui si vuole indicare la voglia di menare il can per l’aia senza rispondere a domande precise. A sinistra il detto divenne famoso e più volte ripreso nella polemica politica, a proposito e anche a sproposito, dopo che Palmiro Togliatti lo usò come titolo in un suo articolo su “l’Unità” nel gennaio 1947.

Sentendo odor di estromissione dal governo, lo usò per polemizzare con De Gasperi e la DC che, secondo lui, cercavano di rappresentare i comunisti come “squilibrati, menzogneri, seminatori di discordie, sognatori di camere a gas, assassini, cannibali etc. etc.”. S’avanzava il ferreo tempo della guerra fredda e nella polemica politica non si andava per il sottile. Anche se, poi, si faceva insieme la Costituzione.

Il motto mi è tornato in mente a proposito delle tasse. Il capo del governo Renzi, infatti, per rispondere agli attacchi della sinistra interna ed esterna sull’eliminazione della Tasi sulla prima casa anche sugli immobili dei benestanti o l’elargizione dei 500 euro agli studenti diciottenni, tutti i diciottenni anche a quelli non particolarmente bisognosi appartenenti a famiglie facoltose, ha risposto: “che c’è di male ad abbassare le tasse?”.

Similmente, qualche giorno fa, alla segretaria della Cgil, Camusso che riproponeva la patrimoniale sulle grandi ricchezze per trovare risorse da investire per il lavoro, il ministro Poletti ha risposto che il governo non aveva intenzione di “alzare le tasse”.
Cioè, in altre parole, a chi avanzava un’esigenza di equità sociale, più o meno condivisibile nel merito dell’efficacia delle misure proposte, si rispondeva con un “porto pesci” che la dice lunga sulla filosofia sociale che presiede le politiche economiche del governo.

Come è noto applicare un uguale misura – fiscale sociale o di altra natura – a persone socialmente ed economicamente diseguali, è una somma ingiustizia. Ed è sempre stata la filosofia che ha sorretto una politica non di sinistra, nelle sue varie gradazioni di applicazione: moderata o conservatrice. Escludendosi ovviamente quella reazionaria che, di solito, partorisce misure diseguali perché favorisce apertamente i ceti privilegiati e già di per sé ricchi.

Non per caso la nostra Costituzione, provvisoriamente vigente, afferma che la fiscalità è progressiva. Progressività che, infatti, è sempre stata la bestia nera della destra e che nel nostro Paese è stata praticamente aggirata con l’evasione e l’elusione fiscale.

Ma al di là della primaria questione della giustizia sociale, oggi dovrebbe essere chiaro che queste politiche, per così dire, di conio neoliberista, nelle loro varie gradazioni, non funzionano neanche più, semmai hanno funzionato, dal punto di vista economico. Bisognerebbe prenderne atto e “cambiare verso”, come disse Renzi ai suoi esordi.

Mentre, stando alle anticipazioni sulla nuova legge di stabilità, il “porto pesci”, di cui si diceva all’inizio, pare si stia trasformando nella moltiplicazione dei suddetti. I pani seguiranno.


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