A spasso per Roma (12). Le scarpe su misura della storica calzoleria Petrocchi

Per quanto possa essere di per sé affascinante passeggiare tra i palazzi, i monumenti, le fontane di questa nostra città, per lo più immersi nei propri pensieri, per quanto possa andar bene così, a noi non basta. Perciò oggi, da piazza della Pigna, partiamo per un lunghissimo viaggio. Ce ne andiamo, zaino in spalla, alla fine del 1400, quando qui, oltre alla antichissima chiesa di S. Giovanni della Pigna, c’era ancora il complesso delle case dei Porcari, antica famiglia romana che si vantava di discendere da Marco Porcio Catone e che fino ad allora aveva dato il proprio nome a questa piazza. Uno di loro, politico e umanista, morì per aver tentato di far fuori Papa Niccolò V. Si chiamava Stefano, fu grande ammiratore di Cicerone e voleva a tutti i costi che Roma fosse una Repubblica. Così arringò i suoi concittadini e organizzò l’insurrezione per occupare Castel Sant’Angelo e autonominarsi tribuno, sì, avete capito bene, proprio come Cola di Rienzo. Il piano fallì e Stefano fu impiccato. Il suo corpo tuttavia non fu mai trovato, forse finì nel Tevere, forse a Santa Maria in Traspontina, va a capire. La sua casa si trova tra via della Pigna e vicolo delle Ceste e nel vicolo c’è proprio l’antico ingresso su cui troneggia lo stemma di famiglia. Circa quattro secoli dopo, un po’ più avanti, in questa via che era una volta un magazzino dei cestari, al numero 29, troviamo la calzoleria Petrocchi, …ma questa è un’altra storia.

Tutto iniziò nel 1946 quando Tito Petrocchi decise di creare scarpe artigianali su misura. In piena “Dolce vita” finì col realizzare i calzari per Kirk Douglas e Silvana Mangano per il film “Ulisse”. E poi Marlene Dietrich, Omar Sharif, Totò, Audrey Hepburn, Anita Ekberg, Marcello Mastroianni, Antony Queen, e molti altri personaggi famosi furono suoi clienti.
Nel ’72 passò il testimone a suo nipote Bruno Ridolfi, che dall’età di 14 anni gironzolava nella bottega dello zio e imparava il mestiere. Bruno servì le Sorelle Fontana, le Fendi, Valentino, Capucci, Johnny Dorelli e nel 1984 realizzò le calzature per Robert De Niro per il film “C’era una volta in America” di Sergio Leone, anch’egli storico cliente della calzoleria.
Adesso a portare avanti questa tradizione artigiana è la figlia, Daniela Ridolfi, alla quale abbiamo chiesto chi sono oggi i clienti della bottega.

Ogni tanto qualche cliente famoso c’è – risponde Daniela – ma è cambiato l’approccio. All’epoca c’era una tradizione culturale legata alle scarpe su misura, così come l’abito, oggi invece, con i grandi brand, l’interesse degli attori è cambiato. Si sentono star più irraggiungibili, raramente scendono nelle botteghe. Trovano tutto praticamente pronto e questi grandi marchi li fidelizzano diversamente rispetto agli artigiani, sono anche in grado di fare cose personalizzate, certo però non fatte a mano come facciamo noi…  Oggi, a meno che non ci siano esigenze particolari legate ad una produzione cinematografica o legate al piede, per cui c’è proprio bisogno di una scarpa artigianale costruita attorno al piede, le star entrano più raramente in bottega. Anche se qualcuno più “attento” all’artigianalità fortunatamente c’è sempre..

I vostri clienti attuali sono quindi i romani?

I nostri clienti vengono da tutto il mondo. Gli stranieri apprezzano molto la scarpa fatta a mano su misura secondo la tradizione artigianale della calzoleria romana. Soprattutto americani, canadesi, australiani, i clienti provenienti da questi paesi, prima di venire in Italia per un viaggio o per un soggiorno, ci contattano, e quando arrivano prendiamo la misura, magari durante il soggiorno facciamo anche una prova in fodera e poi spediamo le scarpe finite.

Sono cambiati nel tempo i materiali che utilizzate?

No, le materie prime sono sempre le stesse, noi siamo orgogliosi di dire che le scarpe vengono fatte con la stessa procedura di un tempo, tutte in cuoio sia nei puntali che nei contrafforti, ed i pellami sono italiani o francesi, perché sono i migliori per tecniche della concia. Non usiamo fodere o pellami provenienti da altre parti del mondo perché molto spesso per la concia vengono utilizzati dei prodotti, non dico tossici, ma abbastanza vicini alla tossicità… da qui infatti tutte queste allergie che sono uscite fuori. In conclusione noi usiamo gli stessi materiali di un tempo.

Fate sempre e solo scarpe su misura?

Oggi abbiamo anche una piccola produzione su numeri standard, in questo caso vengono utilizzate forme standard e modelli cartacei già pronti, e su questo prodotto il prezzo è più basso ma il materiale usato, il montaggio, la finitura è sempre la stessa.

La pandemia vi ha messo molto in difficoltà, adesso va meglio?

C’è un po’ di ripresa, malgrado la guerra, sia per la clientela italiana che straniera. Devo dire che aprire la pagina Facebook e Instagram, fare un po’ di messaggi sponsorizzati sui social, a lungo andare, dopo diversi anni, comincia a dare i suoi frutti, non tanto per la sponsorizzazione in sé ma per il ritorno che c’è in indicizzazione del nostro sito in internet e questo è un richiamo importante.

Quindi i social aiutano?

I social aiutano non tanto per le singole sponsorizzate a meno che non si investano cifre importanti, ma non è il nostro caso, anche perché noi non puntiamo ad una vendita immediata, all’e-commerce, in quanto per noi è un’arma a doppio taglio, è difficile capire la misura del cliente, in tutto il mondo abbiamo piedi e misure differenti, quindi è un rischio. Per noi i social sono un veicolo pubblicitario, il cliente ci trova e ci contatta per poi venire in negozio dove prendiamo la misura per realizzare il prodotto.

Richieste originali?

Una volta una ragazza per un evento ci ha chiesto un tacco 16 con tutto un platform sagomato e leggero e per realizzarlo abbiamo dovuto rivolgerci ad un artigiano falegname, oggi sempre più difficile da trovare…

In che senso?

Nel senso che le botteghe artigiane stentano a sopravvivere. La Calzoleria Petrocchi è collegata ad un’associazione, FaròArte Made in Rome, che dal 2011 riunisce varie eccellenze artigiane di Roma con l’intento di sensibilizzare l’opinione pubblica e le Istituzioni sulle tematiche riguardanti la salvaguardia e la tutela dell’artigianato artistico romano e quindi la trasmissione dello stesso nel tempo. Evidentemente stiamo perdendo un patrimonio culturale importantissimo che ci riconosce tutto il mondo. Questa perdita riguarda tutti noi, sia come artigiani sia come fruitori. E ovviamente intendo in primis le Istituzioni ma anche noi artigiani che siamo protagonisti di questo processo.  Un aspetto importante è pertanto proprio il tramandare il mestiere della calzoleria, ma tutti i mestieri artigianali, cosa che non avviene semplicemente frequentando scuole o corsi di formazione… ma “passando” attraverso le botteghe artigiane…

 

“Vedete, ho l’altra scarpetta!”. Monocolao, felice, gliela infila: le sta benissimo! Ora la matrigna non potrà certo impedire a Cenerentola di sposare il principe.

Walt Disney – Cenerentola.

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